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R.R. La storia di Rolandina Roncaglia al Roma Fringe Festival

R.R. La storia di Rolandina Roncaglia al Roma Fringe Festival
Fermata Spettacolo

Dopo due anni d’attesa si riapre il sipario live del Fringe Festival a Roma al Teatro Vascello. Ancora sparuti spettatori e platee poco generose, ma questo è un prezzo che nonostante tutto, seppur ingiustamente, paga il teatro off, almeno nella capitale e da tempi ben precedenti la pandemia. Ad ogni modo dall’11 al 26 luglio sono in gara a Roma 21 spettacoli del panorama teatrale contemporaneo, molti provenienti già contesti di attorialità e drammaturgia consumate, è il caso di R.R., una produzione di Framacia Zooè, di Mestre, per la regia e drammaturgia di Gianmarco Bussetto, che tenta il bis a distanza dopo Rukeli, la bellissima e pluripremiata storia del pugile sinti che sei anni fa conquistò il podio del Roma Fringe Festival.

Ancora una volta una storia “sommersa”, quella di Rolando Roncaglia, o più accuratamente “Rolandina”, transgender/ermafrodita nella Venezia del ‘300, bruciata sul rogo su sentenza del celeberrimo doge Dandolo, che nell’interpretazione di Busetto riveste i panni segretissimi di uno degli amanti di Rolandina. Un racconto interessantissimo, sicuramente coinvolgente, ma forse in qualche modo cedevole dal punto di vista empatico. Forse la scelta della telecamera in scena, tradisce una sorta di fragile metateatro non del tutto efficace nella sua spinta evocativa. Manca qualcosa a questo pur meritevole testo. Peccato perchè Marco Duse ha regalato una splendida interpretazione al pubblico e alcune scelte registiche come la metafora della rosa hanno pienamente centrato il segno.

Cosa manca allora? Manca forse il teatro. C’è più racconto che rappresentazione, proprio quello che invece aveva creato la sintesi perfetta per Rukeli. Ciononostante la parabola discendente di Rolandina, da venditrice di uova al mercato della Serenissima a prostituta “particolare”, è una fra le proposte più interessanti di questa edizione del Festival. Maschile e Femminile tracciano un confine sbiadito, che Rolandina attraversa con incredibile audacia in un tempo così lontano, eppure così vicino in fatto di discriminazioni. La particolarità di questa umanità “ibrida” ci spaventa, mina le certezze democristiane e le ottuse resistenze a tutto ciò che sfugge ai tanto amati canoni narrativi aristotelici, che forse Busetto tenta proprio di “tradire” con questa forma di linguaggio a metà fra la lettura a voce alta di un testo e la sua “visione” dentro l’occhio meccanico della camera.

Un prodotto di qualità, senza dubbio, rimane solo un po’ d’amaro in bocca, come per un atleta di calibro che però non offre il meglio di sè stesso, anche per quella battuta finale così inutile e banale, laddove l’immagine della rosa deturpata su quelle note indimenticabili, avevano già detto tutto. Il talento e la preparazione di questo gruppo in ogni caso guadagnano con merito gli applausi e per chi volesse saperne di più, lo spettacolo ha attinto dal testo di Marco Salvador “Processo a Rolandina”, morta per non aver nominato i suoi amanti, colpevoli secondo la morale del tempo di sodomia. Un silenzio nient’affatto ostile, ma pieno di quell’umanità rimasta sconosciuta ai suoi carnefici.

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