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Maledetti i fantasmi creano la Morte di un commesso viaggiatore al Teatro Quirino

Maledetti i fantasmi creano la Morte di un Commesso Viaggiatore al Teatro Quirino
Fermata Spettacolo

Un trionfo della recitazione teatrale è in scena sul palco del Teatro Quirino dopo una seconda pausa dovuta all’epidemia pandemica del COVID. Willy Loman, interpretato magistralmente da Michele Placido subentrato in pochissimo tempo ad Alessandro Haber suo malgrado, rientra in casa: non ce la faceva a guidare ed esclama “Maledetti i fantasmi…”. La scena ad apertura sipario è un frammento di casa o una casa diroccata immersa nel verde, a secondo della lettura drammaturgica o registica che si vuole dare alle vicende di uno dei personaggi teatrali più tragici del ventesimo secolo. Stessa duttilità fa scopa con le pareti veramente volubili ai capricci che l’appartamento, culla di una famiglia sentimentalmente molto unita vuole rappresentare, al pubblico scarno ma per fortuna in sala.

Una famiglia unita si, ma che non si parla: ogni entità vive una realtà a se, che non si unisce a quella degli altri membri. In scena viviamo sogno e realtà, due spettacoli in uno, talora un’allucinazione, talora un quadretto estatico. Entrambi molto ipnotici ma paralleli e in tale caratteristica non coincidono ma affascinano spettatori e protagonisti. Il padre rientra in casa e chiede dei figli alla moglie,  il personaggio più carismatico delle pièce, tutti ruotano intorno a Linda, la grande attrice Alvia Reale, ma ognuno le offre più di una menzogna, a lei disillusamente fedele nel suo ruolo di moglie e madre,  fiduciosa con cuore sereno a qualunque cosa le venga detto.

I figli sono a casa e il padre, questo Commesso viaggiatore si meraviglia di come Biff o Fabio Mascagni, di interpretazione fisica e caratteriale a dir poco perfetta, il tema della storia, sia in casa, con le sue caratteristiche ed abiltà, negli occhi di padre dovrebbe scalare il mondo. Il ruolo di Biff, non è facile! In effetti i due figli discutono e rammentano la loro  infanzia o gioventù di là in stanza e mentre Michele Venitucci, nei panni di Happy, è un operatore di commercio, donnaiolo, ma promette alla madre che si sposerà presto, l’unico veramente realizzato nei personaggi della storia, il fratello non ha lavoro, bocciato in matematica, per mancato reale interessamento del padre, non ha mai recuperato un titolo scolastico e  non riesce a rendersi credibile in nessun lavoro ed anzi è dedito al furto che più di una volta lo ha portato in giudizio.

Ecco i fantasmi i ragazzi bravi che giocano nel prato circostante,  o il fratello Ben che propone proprio a lui un futuro in Alaska,  ma il nostro protagonista ha molto fiducia in se, e ancorato ai suoi sogni, è felice di essere un commesso viaggiatore che non guadagna una lira pur essendo sempre in viaggio e ben vestito. Egli nella sue attività divise tra New York, e Boston ha anche una storiella con una avvenente donnina, ma si mostra fedele marito al cui cospetto Linda nemmeno ha sospetto: ha votato a lui la sua esistenza. Un fallimento quello di Willy in preda al sogno americano e nulla può il suo migliore amico Charley,  il sublime Duccio Camerini, nell’incessante impegno e amore che profonde nei suo riguardi per convincerlo a lavorare con lui e meritare un compenso reale e dignitoso.  Nulla: amicizia vera: un altro grandissimo valore che emerge dalla storia, e lo finanzia.

Il testo di Arthur Miller porta in teatro un uomo che sogna un futuro che non è in grado di raggiungere, inseguendo dei miti ineguagliabili, dei quali non segue i moniti, fallisce e non se lo perdona, e anziché provare a risalire la china trascina in se il fallimento, un senso di vergogna e di inadeguatezza, che riversa nel figlio  Biff e lo trasforma in un futuro che si rivela esattamente sua copia. Un altalena tra realtà e sogno: si arriva alla morte del commesso viaggiatore,  proprio quando dalle parole di Linda si evince “Proprio ora che avevamo finito di pagare le rate del mutuo, e quando la casa è finalmente tua, non c’è più nessuno che ci vive.”

Tristezza infinita, ma il grande Charley, in pieno funerale, ancora una volta protegge l‘amico e chiosa “Era un commesso viaggiatore tutto scarpe lucide e sogni, si nutriva di sorrisi e non appena questi non ci sono più stati, è arrivata la morte”. Grandi applausi e lo spettacolo finisce con il triste pensiero di Michele Placido che il teatro è come un rifugio, visto il periodo, nel quale ancora si riesce a ridere, pensare, e/…o a sognare: questo il ringraziamento al pubblico presente, nonostante il sacrificio delle mascherine e delle restrizioni.

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