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Piazza degli Eroi di Bernhard, il passato che racconta il presente

Piazza Degli Eroi di Bernhard, il passato che racconta il presente
Fermata Spettacolo

Non è facile oggi, 27 febbraio 2022, recensire uno spettacolo come Piazza degli Eroi di Bernhard che condanna la guerra e ne mostra gli orrori e gli strascichi che per decenni si porta inevitabilmente dietro, uno spettacolo che parla con terrore della possibilità che quella guerra ricominci con più ferocia della precedente, non è facile perché oggi tutto il mondo è incollato inerme davanti alla tv guardando le immagini dell’assedio di Kyiv mentre il pensiero non fa che tornare all’invasione della Polonia del settembre 1939 e a tutto quello che da quell’atto folle e sconsiderato è scaturito.

Non è facile, ma ci proverò lo stesso perché Piazza degli Eroi è uno spettacolo potente, lungo, sofferto che merita ben più di questa recensione.

Quando nel 1988 Thomas Bernhard, drammaturgo e scrittore austriaco, lo porta in scena nella sua amata/odiata Vienna, il pubblico si indigna davanti all’accusa furiosa del permanere in Austria di strutture e modalità di pensiero naziste; il 12 febbraio 1989 però l’autore muore, lasciando scritto nel suo testamento che le sue opere non dovranno mai più essere rappresentate nel Paese, ed in quel momento gli austriaci comprendono tutto il suo dolore e la sua indignazione.

A distanza di più di trent’anni Piazza degli Eroi arriva per la prima volta in Italia con la regia di Roberto Andò e le impeccabili interpretazioni di due maestri del teatro partenopeo quali Roberto Carpentieri, nei panni di Robert Schuster, e Imma Villa, la fedele Signora Zittel.

In questo testo, il più politico di Bernhard, tutto ruota intorno al suicidio del Professor Schuster, docente di matematica, ebreo di nascita, uomo coltissimo e dal carattere difficile, che poco prima di trasferirsi fuori Vienna con la famiglia si getta dalla finestra del suo salotto che affaccia, non a caso, su Piazza degli Eroi (Heldenplatz) il luogo dove nel 1938 Hitler aveva annunciato l’Anschluss, l’annessione dell’Austria alla Germania nazista.

Lo spettacolo, della durata di 2 ore e mezza circa, è una lunga elaborazione del lutto da parte dei familiari e conoscenti del Professore che vedono in quell’ultimo gesto disperato una naturale reazione a un mondo abbrutito dall’odio, in cui il germe del nazismo non solo non è stato estirpato ma sta germogliando nuovamente con ancora più cattiveria.

Ognuno degli spettatori che assisterà a una recita di Piazza degli Eroi, capirà subito che l’azione si svolge in una qualsiasi piazza da comizio, di una qualsiasi città d’Europa. L’Austria di Bernhard (dallo scrittore intravista profeticamente nei primi consensi per Haider), nel giro di una trentina e passa d’anni, è ormai ovunque.
(da Note di regia, Roberto Andò)

Bernhard giustappone continuamente passato e presente, mostrando la labilità e la fragilità di quella promessa fatta dagli occidentali trent’anni prima, quel mai più, che rischia di non essere rispettato.

Ma se il Professore ha scelto il suicidio come via di fuga, suo fratello Robert (Carpentieri), docente di filosofia, malato di cuore fin da bambino, ha invece preferito essere morto restando vivo isolandosi nella tenuta in campagna dove i giorni scorrono tutti uguali e tornando in città solo per ascoltare gli amati concerti di musica classica al Muzikverein di Vienna.

Un personaggio estremamente interessante di questo dramma borghese in cui si assiste alla sfilata di figure umane grette e meschine, come le figlie, i colleghi o la serva di casa, è la vedova Schuster (Betti Pedrazzi), donna malata di nervi, che nella casa di Piazza degli Eroi è tormentata dalle voci dei nazisti del ’38 che sente urlare in strada, come se il tempo non fosse mai passato.

Ad accompagnare le magistrali interpretazioni degli attori in scena c’è un elemento straniante ma al contempo armonizzante ovvero il pianista Vincenzo Pasquariello che regala al pubblico melodie di Chopin e Beethoven, intermezzi di pace e bellezza tra i tormenti dei protagonisti.

Piazza degli Eroi colpisce per la sua modernità, ahimè, capace com’è di raccontare il presente prendendo a schiaffi lo spettatore che, mentre si accarezza la guancia, si dimentica che le vicende non sono ambientate nel 2022 ma nel 1988.

La piazza e le voci inneggianti che si levano a disturbare la mente sconvolta della vedova del suicida, sono la piazza e le voci che ovunque nell’Europa smarrita di oggi invocano l’uomo forte, “un regista che li sprofondi definitivamente nel baratro”, come dice lo zio Robert, il fratello del suicida, parafrasando lo stesso Bernhard.” (da Note di regia, Roberto Andò)

E poiché l’arte è anche politica non si può ignorare il messaggio che Bernhard voleva trasmettere, ovvero di non ripetere gli errori e gli orrori del passato. Mentre scrivo però non so se sia già troppo tardi o se siamo ancora in tempo per fermarci prima di ricadere nell’oscurità che colpì il mondo interò 80 anni fa.

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