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Cuore di cane torna a battere forte

Cuore di Cane torna a battere forte
Fermata Spettacolo

Una tormenta di neve e un ululato bastano a catapultarci in Russia, a Mosca, nel mondo fantasmagorico di Michail Bulgakov e del suo Cuore di cane. Una calda luce d’una lampada con paralume e una poltrona, sono il luogo ideale per un racconto e ripararsi dalla bufera. Ed è proprio qui che come il cane del libro, ci ritroviamo ad assistere all’adattamento teatrale di Licia Lanera andato in scena al Teatro Cantiere Florida di Firenze.

Oltre alla non troppo sottaciuta critica al potere sovietico, che costò a Bulgakov il primo niet di una lunga serie, Cuore di cane è un racconto fantastico sulla trasformazione.
Quelle all’interno del romanzo, dove il cane randagio Pallino (Šarik in russo) prima sarà trasformato dal suo benefattore Filipp Filippovič, medico (come Bulgakov), in un ibrido umano, tramite il trapianto di ipofisi e di genitali di un ubriacone morto. Poi ereditati i tratti peggiori di entrambe le due nature, l’esausto dottore dovrà ricorrere nuovamente alla scienza medica per effettuare un rocambolesco dietro-front.
Ma vi è anche la trasformazione delle città, che secondo l’uso sovietico dovevano cambiare nome, come le vie e la funzione dei luoghi. Una mutazione dell’essere umano in quanto cittadino alla quale Bulgakov nei suoi scritti si oppose fermamente, mantenendo volutamente anche in Cuore di cane i nomi delle vie e i locali originali dell’affascinante Mosca di un tempo.

Cuore di cane Foto di Manuela Giusto

Lo scrittore avrebbe dovuto realizzarne una riduzione teatrale, ma proprio questo racconto nel 1925 sancì l’inizio dei guai definitivi tra lo scrittore e la censura sovietica, che lo perseguiterà in varie forme fino alla morte dell’autore. Il romanzo fu pubblicato postumo (come quasi tutta la sua opera letteraria) in Russia solo nel 1987. Una serie di sottotesti inseriti nei suoi libri che sfuggono ad una prima lettura ma che vale la pena approfondire per scoprirne le assurdità e le pene che il geniale scrittore inviso al regime ha dovuto combattere. Tra tutte, quella della stesura del capolavoro Il maestro e Margherita, persino andato bruciato.

“Non era più possibile distinguere se si trattava di un ululato d’animale o di un uomo”

Così come nel testo Licia Lanera serpeggia magnificamente tra latrati e parole, con registri e accenti multiformi, spingendosi da cavità animalesche all’immagine inquieta e misteriosa di un racconto che si dipana con forza ed intensità emotiva. Dietro una maschera da anziana (o da stregona) che ne immobilizza e cela i tratti del volto, ogni movenza plastica dell’attrice acquista quel grottesco di cui il testo è intriso. La bocca rimasta scoperta diviene così un occhio di bue che si stringe attorno al principale veicolo del racconto: la sua voce.

Preziosa la struttura musicale e gli effetti sonori di Tommaso Qzerty Danisi: tra reiterazioni vocali e stupefacenti creazioni live, sottolinea e amplifica frammenti del racconto con un lato sensoriale d’effetto e avvolgente, che aiuta a restituire tutto il sapore inquietante e bizzarro dell’opera.

Lo spettacolo fa parte di un’interessante serie “Guarda come nevica” della Compagnia Licia Lanera, una trilogia di autori russi di generi letterari diversi che comprende Il gabbiano di Čechov e Le poesie di Majakovskij.

Applausi per questo piccolo pezzo di Russia emerso tra una bufera di neve e il deragliare di un società che nel profondo ancora spaventa.

Cuore di cane torna a battere forte
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