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Umbria Jazz Winter: la musica jazz riempie la città di Orvieto (prima parte)

Umbria Jazz Winter: la musica jazz riempie la città di Orvieto (prima parte)
Fermata Spettacolo

Sabato 28 dicembre è stato dato l’avvio alla 27 esima edizione di Umbria Jazz Winter ad Orvieto, con tutta la città ormai da decenni, pronta ad accogliere le migliaia di persone che arriveranno per festeggiare, insieme ad artisti e appassionati jazz, l’arrivo del nuovo anno con le note della musica da loro tanto amata.

C’è un’atmosfera particolare ad Orvieto, più di ogni altra città di jazz, in quanto davvero qui si respira aria di festa unita alla musica e alla voglia di stare insieme e di divertirsi con emozione e gioia di viversi cinque giorni di musica davvero strepitosa. Cinque giorni di musica da mezzogiorno alle ore piccole, novanta eventi, sette location nel centro storico di Orvieto, trenta band, più di centocinquanta musicisti, una rappresentanza di altissimo livello del jazz italiano. Ma Umbria Jazz Winter non è solo questo, è sicuramente una vetrina importantissima per gli artisti, vista le numerose proposte artistiche presentate al Festival che vede progetti dedicati quest’anno ad un’artista italiana come Mina, ad un’interpretazione della musica dei Beatles con l’Orchestra di Perugia e un mito della musica jazz come John Scolfield, insieme a progetti storici del jazz italiano come quello di Paolo Fresu Devil Quartet che in tale edizione si è arricchito della presenza di due guest star come Gianluca Petrella e Francesco Diodati,, a progetti originali come “Love in Translation “ di Rosario Giuliani, il duo Antonello Salis e Simone Zanchini, i dei giovani Diodati/vignato/Ponticelli con “Floors”, oltre alle presenze fisse dei concerti al Palazzo dei Sette, con alcuni dei protagonisti delle precedenti edizioni di Umbria Jazz Perugia e Terni, la marching band dei Funk Off ad animare le strade di Orvieto, i vari jazz lunch e jazz dinner al Ristorante San Francesco che hanno ospitato i vari artisti del festival stesso oltre ad ospitare come ogni anno il cenone di fine anno, ed infine i tradizionali concerti di fine anno del gospel al teatro Mancinelli e alla Messa della Pace del 1 gennaio al Duomo e i concerti prima e dopo lo scoccare della mezzanotte per festeggiare tutti insieme l’arrivo del nuovo anno.

Per noi il Festival è iniziato con una breve sosta al Palazzo dei Sette, sabato 28, per salutare gli amici del gruppo di Dena De Rose Quartet che hanno dato l’avvio ufficiale della 27esima edizione di Umbria Jazz Winter.

Dena De Rose fa parte vista la sua enorme bravura di quella tradizione delle pianiste/cantanti che hanno avuto un ruolo importante nella storia del jazz, da Shirley Horn, Carmen McRae e Betty Carter fino a Diana Krall. Coniuga misura e buon gusto con la versatilità, ed è l’ideale performer nella dimensione del jazz club. Musicalmente Dena De Rose è nata come pianista, e si è scoperta cantante dopo che una brutta malattia alla mano destra le aveva impedito di suonare il piano. In seguito però ha recuperato l’uso della mano ma non ha rinunciato a cantare. Semplicemente, ha unito i due talenti. Nella sua brillante carriera ha collaborato con luminari della scena del jazz newyorkese come Ray Brown, Benny Golson, Billy Hart, Clark Terry, Mark Murphy. Sei volte il Downbeat’s Critic’s Poll la ha nominata “Artist Deserving Wider Recognition”, e All About Jazz l’ha eletta “Jazz Artist of the Year” nel 2003. Il suo quartetto di scena a Orvieto comprende due bravissimi musicisti italiani (Piero Odorici al sassofono e Paolo Benedettini al contrabbasso) e il newyorkese Anthony Pinciotti alla batteria. Insieme hanno letteralmente conquistato il pubblico presente ogni giorno al Palazzo dei Sette con straordinari set di musica jazz che hanno compreso sia interpretazioni di standard jazz che loro composizioni originali suscitando grande approvazione e consenso da parte del pubblico sempre numerosissimo presente ai loro concerti, al punto tale che spesso non si poteva neppure accedere ai loro concerti per mancanza di posti anche in piedi nella doppia sala predisposta all’interno del Palazzo dei Sette, al punto tale che lo stesso pubblico ha più volte chiesto che nei prossimi anni il quartetto possa essere inserito nella programmazione in spazi del Festival molto più capienti per il pubblico.

Dopo aver applaudito a lungo il quartetto, ci siamo recati per l’appuntamento serale previsto al Teatro Mancinelli con il doppio concerto di “Le canzoni di Mina” con Danilo Rea, Massimo Moriconi e Alfredo Golino e nella seconda parte “The Magic and the Mystery of the Beatles” feautiring John Scofield con Jay Anderson, Lewis Nash, e l’Umbria Jazz Orchestra & Orchestra da Camera di Perugia con la direzione e gli arrangiamenti di Gil Goldstein.

Nella prima parte tre miti assoluti della musica sia jazz che pop italiana come Danilo Rea e Massimo Moriconi, affiancati dal bravissimo Alfredo Golino alla batteria, hanno omaggiato l’Artista con la quale hanno collaborato da decenni : Mina, riproponendo brani, sempre con arrangiamenti jazzistici, della sua carriera strepitosa come “Amor Mio”, “Insieme”, “ E se domani”, “Grande Grande” “Vorrei che fosse amore”, concludendo con il ritmo di “La banda”  e “Tintarella di luna” solo per citare alcuni dei brani presentati al pubblico in questo progetto che ci accompagnerà per tutto il Festival in quanto sarà ripresentato, in più orari, questa volta nelle sale del Palazzo del Popolo in due appuntamenti fissi della giornata.

Nella seconda parte un progetto speciale, che ha visto insieme sul palco per la prima volta l’Umbria Jazz Orchestra & Orchestra da Camera di Perugia con la star della chitarra John Scofield e la direzione di Gil Goldstein la rilettura di alcune delle più belle canzoni dei Fab Four. Ospiti speciali, Jay Anderson al contrabbasso e Lewis Nash alla batteria, ovvero una sezione ritmica stellare. The Magic and the Mystery of the Beatles è stato accolto favorevolmente dal pubblico orvietano che ha manifestato il proprio consenso applaudendo sia l’orchestra che gli arrangiamenti particolari del Maestro Goldstein che la bravura inarrivabile di un mito assoluto della chitarra come Scofield.

Il secondo giorno del Festival inizia con Sullival Fortner al pianoforte accompagnato dalla tap dancer Michela Marino Lerman. Con Sullivan Fortner, pianista trentaduenne di New Orleans, Umbria Jazz continua la tradizione di presentare e valorizzare al pubblico italiano i nuovi talenti della scena jazz americana. A Orvieto ha suonato in una performance di solo piano e in trio con una ritmica stellare: Jay Anderson al contrabbasso e Lewis Nash alla batteria. In entrambi i casi al suo fianco c’è stata un’artista fuori dall’ordinario. Michela Marino Lerman è una virtuosa della tap dance, la sua presenza ha il valore di mantenere viva una tradizione che risale alle grandi orchestre degli anni Trenta e Quaranta sia nell’ambiente di Brodway che ad Hollywood che è quella di affiancare alla musica jazz i movimenti della tip dance che ha conquistato il pubblico di Orvieto.

Il pomeriggio al Palazzo del Popolo è lungo ma pieno di interessanti concerti e progetti, come quello alle 15.30 di “Love in Translation” di Rosario Giuliani con Joe Locke, Dario Deidda e Roberto Gatto che vede il ritorno della collaborazione tra Rosario Giuliani e Joe Locke nata proprio ad Umbria Jazz venti anni fa. Il progetto molto intenso e passionale è dedicato al più forte dei sentimenti, l’amore, e comprende temi famosissimi come “Duke Ellington’s Sound of Love” o “Love letters” insieme a brani originali del sassofonista Rosario Giuliani e due omaggi a grandi musicisti scomparsi Roy Hargrove e Marco Tamburrini. “Love in translation” è, a mio avviso, uno dei progetti originali più intensi e più emozionanti di tutto il Festival.

Un passaggio veloce al concerto nella nuova sala Etrusca del Palazzo del Popolo, sala dedicata ai pianisti, per il concerto di Isaiah Thompson Trio, pianista, compositore e già band leader nonostante la giovanissima età, scoperto dal grande Wynton Marsalis, ha completato la sua formazione alla prestigiosa Juillard e ha suonato in questi ultimi anni con Maestri come McBride, Steve Turre, Joe Farnsworth e Rodney Whitaker.

Altro concerto entusiasmante del pomeriggio e molto atteso dal pubblico di Orvieto quello di Antonello Salis e Simone Zanchini. Salis è stabilmente, non da oggi, tra i protagonisti più originali della scena europea del jazz. Zanchini è un artista dai multiformi interessi, spaziando dalla collaborazione con i Solisti dell’Orchestra della Scala ai progetti più sperimentali. Salis e Zanchini sono accomunati da una disinibita vena creativa e da una idea di musica che mal si concilia con i paletti dei generi codificati. Entrambi protagonisti di esibizione live dove si incrociano, si sovrappongono, si scambiano suggestioni oltre ogni classica definizione, anche in questo progetto hanno letteralmente conquistato il pubblico con un progetto “Su la testa” omaggio ad uno dei geni della musica contemporanea Ennio Morricone, con uno stile unico e inimitabile che ha visto prima Salis al pianoforte in una delle sue performance artistiche più belle e poi ovviamente anche alla sua inseparabile fisarmonica in una sorta di “dialogo” ritmato e allo stesso tempo poetico con la fisarmonica di Zanchini, sottolineato da un lunghissimo applauso da parte di tutto il pubblico numerosissimo in sala.

La serata della lunga maratona jazz si conclude al Teatro Mancinelli con il doppio concerto serata: nella prima parte Joel Ross/Warren Wolf Quartet feat Joe Sanders e Greg Hutchinson in “Tributo a Milt Jackson e Bobby Hutherson” che vede, caso unico e raro, due tra i più grandi vibrafonisti al mondo Joel Ross e Warren Wolf. Il primo è un giovanissimo artista di Chicago astro nascente del vibrafono, ha riscosso premi importanti, suonato nei jazz club più prestigiosi americani oltre a collaborare con star del jazz come Herbie Hancock, Christian McBride o Louis Hayes, già ospite a Umbria Jazz con Marquis Hill, il secondo (Warren wolf) performer dalla tecnica impeccabile esordì in un insoluto duo proprio con Locke proprio in una precedente edizione di Umbria Jazz Winter del 2013. Entrambi saranno protagonisti di un concerto spettacolare al Teatro Mancinelli e di un concerto che chiuderà il festival il giorno 1 proprio con il loro mito di sempre Joe Locke che vedrà addirittura tre vibrafoni sul palco della sala del Palazzo del Popolo, ognuno con il proprio stile e la propria tecnica. Largo spazio quindi ai suoni del vibrafono, che proprio in questi ultimi anni sembra che stia conoscendo una sorta di “ritorno” sulle scene internazionali del jazz e che, senza alcun’ombra di dubbio sembra essere protagonista vincente di tale edizione del Festival.

Altro elemento protagonista del Festival è senza alcun’ombra di dubbio la musica di Paolo Fresu. Protagonista della seconda parte del concerto serale del Teatro Mancinelli, presenterà diversi concerti sia in Teatro che al Palazzo del Popolo, una con la consueta formazione del progetto “Paolo Fresu Devil Quartet” con Bebo Sferra alla chitarra, Stefano Bagnoli alla batteria e Paolino della Porta al contrabbasso, una seconda in versione “elettrica” con ospite Francesco Diodati alla chitarra, la terza in modalità “acustica” con special guest Gianluca Petrella al trombone.

La versione elettrica del progetto presentato la sera del 29 dicembre al Teatro ha visto la presentazione di alcuni brani storici del gruppo, arricchita dal talento di uno dei giovani chitarristi italiani, fortemente voluta dallo stesso Bebo Sferra in occasione di uno dei concerti previsti durante il programma delle giornate del jazz dedicata  a L’Aquila e che trasforma alcun brani presentati durante la serata  come “Ambre”, “Follia Italiana” “Giulio Libano” solo per citarne alcuni in veri e propri capolavori della musica.

Nel giorno 30 dicembre molti dei concerti già presentati si ripetono durante la giornata per permettere a tanti appassionati che hanno deciso di trascorrere gli ultimi giorni del 2019 in città di potersi godere la musica degli artisti protagonisti di questa 27esima edizione, molti di essi infatti cosiddetti “resident” formula ormai consolidata degli ultimi anni di Umbria Jazz in quanto ospitati, con famiglia al seguito, per tutta la durata del Festival in modo tale da potersi esibire per più giorni e in diverse location del Festival stesso.

Per noi due appuntamenti importanti da seguire. Il primo al Palazzo dei Sette dove per tutto il Festival è stata la regina indiscussa Greta Panettieri che con il suo quartetto (Andrea Sammartino al piano, Daniele Mancarelli al basso, Alessandro Paternesi alla batteria) e la sua voce ha reso indimenticabili i pomeriggi musicali di UJ27. Cresciuta artisticamente a New York dove nel 2010 ha pubblicato il suo album d’esordio, è riuscita ad imporsi, con la sua voce meravigliosa e un carattere volitivo e ambizioso sulla scena jazzistica italiana ed internazionale, tanto che con sette album alle spalle, tour internazionali di grande successo e molte collaborazioni eccellenti, ad oggi è considerata una delle più brave cantanti jazz italiane. Sul palco del Palazzo dei Sette ha avuto una guest d’eccezione Max Jonata, da tempo uno dei sassofonisti italiani di punta, che ha collaborato anche recentemente con alcuni dei migliori musicisti della scena internazionale e diverse band del jazz europeo, ospite di importanti jazz club e jazz festival, e che è capace di esprimere un suono delicatissimo e poetico del sax in ogni suo progetto o collaborazione artistica e anche qui sul palco di Umbria jazz è stato capace di impreziosire il repertorio presentato da Greta Panettieri già di suo particolarmente coinvolgente e affascinante.

La serata si conclude sempre al Mancinelli con il gospel del gruppo Every raise & Virginia Union Gospel Choir feat J. David Bratton. Il gospel fa parte ormai da anni della tradizione di Umbria Jazz Winter ed ogni anno il Direttore Artistico ci regala ormai concerti indimenticabili. Anche quest’anno non si è smentito. La novità di poterlo ascoltare anche prima del solito appuntamento dopo la mezzanotte del 31 è stata molto apprezzata visto che il teatro era stracolmo fino al loggione. Composto da trenta elementi, del coro fanno parte alcuni dei migliori cantanti e musicisti gospel provenienti dalla Virginia e da New York. La loro guida J. David Bratton è uno dei miti assoluti della musica gospel sia negli Stati Uniti che in europa dove ha compiuto numerosi tour riscuotendo dappertutto sempre un grande successo. Sotto la sua guida il coro pur conservando profonde radici di gospel tradizionale è riuscito a creare uno spettacolo che riesce a coniugare la tradizione della musica gospel con brani moderni come quelli della colonna sonora del famosissimo film “Sister Act” e uno show che ha visto non solo canti tradizionali, vere e proprie testimonianze di fede, ma anche brani che sono riusciti a coinvolgere il pubblico, invitandolo prima a cantare con il coro alcuni brani e poi invitando alcune persone a ballare sul palco per testimoniare che il Gospel non è solo preghiera ma anche gioia e coinvolgimento. Alla fine, come ogni anno, il concerto si è concluso con tutto il pubblico in piedi che ha intonato, insieme al coro stesso, le parole di “Oh Happy Day” come una sorta di augurio speciale per il nuovo anno in arrivo.

Non ci resta ora che aspettare e raccontare gli ultimi due giorni del Festival nel prossimo articolo.

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