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L’ossessione per la giustizia sociale ne “I Miserabili” al Teatro Quirino

L’ossessione per la Giustizia Sociale ne “I Miserabili” al Teatro Quirino
Fermata Spettacolo

La scena grigia introduce alla storia con il monologo di Jean Valjean, Franco Branciaroli, un galeotto sfuggito alla giustizia e il vescovo di Digne, monsignor Charles-François-Bienvenu Myriel, che gli offre ospitalità, segno di rettitudine e interesse per i poveri. L’allestimento scenico, a firma Domenico Franchi fatto di quinte girevoli, duttili, scorrevoli e variamente utili a secondo delle esigenze scenografiche della vicenda, gioca un ruolo fondamentale, in un testo che appartiene alla storia della letteratura italiana per impegno drammaturgico e temi universali senza tempo e attuali per ogni stagione.

Fantine e Cosette sono quindi altre protagoniste della storia: l’una licenziata perchè ragazza madre, inaccettabile per la moralità del tempo, incontra il sindaco di Montreuil-sur-Mer, lo stesso Jean Valjean che a seguito dell’evasione ha mutato identità, diventando cittadino onesto e prometta a lei di ricongiungerla alla figlia Cosette, Silvia Altrui, un’abilissima giovanissima attrice, affidata ad una coppia di locandieri, I Thénardier.

Il grandissimo attore, del Piccolo Teatro di Milano, Branciaroli appunto, già compagno di palco dei grandi Carmelo Bene, Luca Ronconi, Maurizio Scaparro, Valentino Cortese, Luigi Squarzina, scenicamente eclettico nel ruolo che il classico drammaturgico gli conferisce, nelle parti del sindaco, mal cela la precedente identità all’ispettore di polizia locale, Javert, Francesco Migliaccio, anch’egli di grande caratura interpretativa. Se Victor Hugo scrive i miserabili eccoli in scena davanti a un tavolo, loro i ribelli ossessionati dal perseguire la giustizia sociale, avversi alla monarchia e alla costituzione fautori della repubblica, al grido di “…Liberté, Égalité, Fraternité …Vive la France…”, affiancati da Marius, studente universitario, liberale, repubblicano e bonapartista di buona famiglia.

La duttilità scenografica crea poi due situazioni, la truffaldina gestione degli affari di locandieri e tutori di Cosette della famiglia Thénardier, da un lato e la solitudine di Marius, Filippo Borghi, talora un po’ troppo sopra le righe, rispetto al contesto teatrale tutto di medesima scuola, molto pacato ma incisivo senza egocentrismi, attratto dalla avvenenza prorompente di una rossa, Valentina Violo, un vera forza del palco, figlia di coloro appena citati, dall’altro. E sul “…per sempre…” ecco l’amore tra Marius e Cosette, ora adulta, vestita da Romina Colbasso, brava ma dalla recitazione più stentorea e meno naturale, e quello di costei per il padre, Jean Valjean, in fin di vita si chiude lo spettacolo molto serio e impegnato ma comunque per tutto il tempo accattivante e bello, grazie alla regia ben ritmata e incidentale di Franco Però. Il pubblico nonostante il dramma molto impegnativo c’è e ne esce soddisfatto.

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Fermata Spettacolo



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