Lo Chiamavano Ben Hur
Fermata Spettacolo

Roma anzi “Rometta”, quella delle periferie come Tor Bella Monaca o Corviale, quella dove la gente sopravvive ogni giorno, quella cattiva e generosa , come solo lei sa fare.
Due fratelli, Sergio e Maria, separati e costretti ad una convivenza coatta. Lui, ex-stuntman in attesa di un risarcimento che forse non arriverà mai, trascina le sue giornate al Colosseo dove, vestito da centurione, si presta alle foto con i turisti. Lei, invece, si divide tra il lavoro per una chat erotica telefonica e la casa. Poi arriva Milan, ingegnere bielorusso, clandestino con la sua idea di una biga per centurioni e qualcosa sembra cambiare, almeno per un momento. Un’istantanea di una città incattivita che prova a sognare, che sfrutta senza pietà il più debole, in questo caso lo straniero clandestino, ma che poi cede inevitabilmente alla sua grettezza.

Il testo brillante di Gianni Clemente inquadra perfettamente il problema dell’accoglienza del diverso e lo fa dove ci sono povertà e ignoranza. La sua trasposizione teatrale è pressocché perfetta grazie alla regia asciutta ed essenziale di Pistoia e alle doti attoriali di Triestino, De Vita e Pistoia stesso. In scena questo trio è assolutamente credibile, vero nel dipingere le esistenze grigie dei propri personaggi.

Non a caso lo spettacolo gira l’Italia da circa dieci anni ed ha superato le quattrocento repliche, portandosi dietro un indiscusso successo di pubblico e di critica.
Sembra che il testo di Clementi sia ormai cucito addosso ai personaggi diretti da Pistoia che sono umani, “morti de fame” e che raccontano, senza volerlo, cos’è l’immigrazione dove c’è la miseria. Una tragicommedia assolutamente da vedere per capire il razzismo al tempo del populismo.

Lo chiamavano Ben Hur
Fermata Spettacolo