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Poli-Vukotic-Prati tripletta o forse solo coppia d’assi al Quirino

Poli-Vukotic-Prati tripletta o forse solo coppia d’assi al Quirino
Fermata Spettacolo

Capolavoro del grottesco sentimento umano, ottusamente ostinato, il romanzo del Palazzeschi Sorelle Materassi, portato in scena al Quirino di Roma dal 21 Novembre al 3 Dicembre su libero adattamento di Ugo Chiti per la regia di Geppy Gleijeses. Protagoniste Lucia Poli nel ruolo di Teresa, Milena Vukotic (Carolina) e Marilù Prati in Gleijeses (Giselda), tre sorelle nubili, di cui due “signorine” e una terza fuggitiva dal destino virgineo delle consanguinee, ma infine reietta dal marito e riaccolta nella casa paterna.

Questo il quadro d’inizio in cui le tre donne ormai invecchiate in solitudine, vivono del lavoro delle loro mani rugose: il ricamo, da cui traggono anche buoni guadagni; si parla di Teresa e Carolina, le single incallite si direbbe oggi, ma nel gergo palazzeschiano forse “vecchie zitelle” calzerebbe meglio, mentre Giselda la più giovane, fuggita per amore e poi ripresa di malanimo in casa dalle sorelle in seguito al distacco dal marito, si occupa di gestirne le entrate. Tre dame Pintor traslate vent’anni dopo dalla campagna sarda ad un sobborgo fiorentino, eh sì perché in fondo la trama è simile a quella di Canne al vento, a spezzare infatti la tranquilla quotidianità anche finanziaria delle donne, ci pensa Remo, il nipote cresciuto a baci e vizi, che ormai giovanotto, non perderà occasione per sperperare il piccolo patrimonio delle zie.

Le sorelle Materassi al Quirino

Buon adattamento di Ugo Chiti che resta fedele allo spirito del romanzo, ben supportato dal disegno luci di Gigi Ascione e dalle musiche di Mario Incudine, su scene di Roberto Crea che disegna come scenario della vecchia casa un enorme e suggestiva finestra, oltre i cui vetri si staglia un imponente ciliegio in inchino, quasi ultimo baluardo di un giardino di gioventù checoviano destinato come le sorelle ad un triste destino di vecchiaia.

Che dire delle protagoniste? Semplicemente fantastiche la Poli e la Vukotic, perfettamente controbilanciate, l’una fintamente severa e l’altra infantilmente ingenua, a far da contraltare la Marilù Prati, che però ci restituisce una Giselda un po’ spenta, meno incisiva delle altre, peccato perché il personaggio può riservare chicche frizzanti indimenticabili. Bravo Gabriele Anagni nel ruolo del nipote viveur e sperperone, meravigliosa Sandra Garuglieri nei panni della devota domestica, una vera esplosione di talento. Un bel prodotto teatrale insomma, dove la professionalità di tutte le maestranze si fa chiara in ogni scena, dalle luci che segnano lo scorrere impietoso del tempo fra le mura di casa Materassi, agli splendidi e azzeccatissimi costumi, così come i vari “quadri” attraverso i quali si staglia il racconto. Memorabile l’abbandono di Giselda, che strappa via come un cerotto dalla ferita ancora aperta, la carta da parati della casa, in cui i suoi saggi avvisi sulle cattive intenzioni di Remo cadevano inascoltati e menzione speciale per la nivea vestizione di Teresa e Carolina, imbellettate e merlettate, o in una parola, per dirla ancora alla Palazzeschi: “infranzolate”, per assistere al matrimonio del nipote, pronto a lasciarle in miseria per fuggire con una ricca ereditiera americana.

Il Quirino strapieno dopotutto ha ben dimostrato l’accoglienza della pièce, che merita certamente una visione, anche solo per rinfrescare nella mente e nel cuore il romanzo da cui trae ispirazione, una riflessione ironicamente amara sui destini di tre donne sconfitte, ma mai rassegnate alla resa, come quei due sconosciuti sul ponte di Brooklin in America primo amore di Soldati, che fissandosi per un istante “ostinati in faccia alla catastrofe, giurerebbero di non essersi ingannati”.

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