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Intervista a Piero Odorici: una vita dedicata alla musica jazz

Intervista a Piero Odorici: una vita dedicata alla Musica jazz
Fermata Spettacolo

Umbria Jazz, oltre ad essere una rassegna jazz di grandissima importanza non solo a livello italiano ma nel mondo intero, è anche occasione per condividere esperienze musicali   e   realizzare degli “incontri” davvero speciali.

Durante l’edizione “zero” di Umbria Jazz Spring 2017 , come hanno amato  definire gli stessi organizzatori del Festival, diretto dal carismatico Carlo Pagnotta, tenutasi a Terni dal 14 al 17 aprile, abbiamo avuto il piacere di scoprire non solo la musica straordinaria di un Trio davvero d’eccezione quale è il Piero Odorici Trio composto da Piero Odorici al sax, Darryl Hall al contrabbasso e Roberto Gatto alla batteria, ma anche la simpatia e la profonda disponibilità di un grandissimo musicista come appunto Piero Odorici.

Dopo il primo concerto tenutosi nel pomeriggio di venerdì 15 aprile nella sala dell’Auditorium Gazzoli di Terni dove il Trio ha letteralmente conquistato il pubblico presente con composizioni originali del Trio insieme a brani famosissimi di Charlie Parker e Miles Davis rivisitati con una musicalità e una ritmica jazz davvero sorprendenti, si è trattenuto a lungo con noi per parlarci di lui e il jazz.

Piero Odorici “Connection” © SpectraFoto

Lei è da diversi anni sulla scena del jazz italiano ed internazionale collaborando sia in tour che in studio con artisti di grandissimo livello. Come e quando nasce la passione per il jazz e come si è evoluta e si evolve nella vita del Piero Odorici di oggi?

Io sono nato in un piccolo paesino della provincia di Bologna dove, nessuno o quasi, sapeva cosa fosse il jazz. Però era un paese di musicisti, mio padre suonava la tromba, mio zio la fisarmonica, c’era una banda del paese e quindi inevitabilmente ho iniziato a sentirmi sempre più attratto da questo mondo della musica e a 9 anni, visto che mio padre era appunto trombettista ho iniziato a prendere lezioni per imparare a suonare tale strumento. Ascoltavo molta musica all’epoca Tommy Dorsey, Harry James insieme alla musica delle più importanti big band americane. Suonare jazz li era impossibile, ma un giorno in giro con mia mamma in un grande magazzino vidi un disco con due sassofonisti di colore sulla copertina ad istinto lo comprai. Cominciai ad ascoltarlo, era un disco dal vivo di Johnny Griffin e Dexter Gordon e pensai “Anche io voglio suonare cosi!”. Da quel momento iniziai a cercare qualcuno che potessi insegnarmi a suonare in quel modo ed ebbi la fortuna di conoscere il Maestro Giorgio Baiocco, che negli anni’70 viveva a Milano dove suonava e lavorava con tantissimi musicisti ed era anche un bravissimo insegnante. Ebbi la fortuna di iniziare a studiare con lui e mi apri veramente il mondo del jazz dandomi l’indirizzo del metodo, dell’ascolto e da lì è partita la mia vita nella musica da ragazzo. Un altro incontro fortunato fu quello con Alberto Alberti, uno dei fondatori del jazz in Italia, il primo che lo portò a livelli importantissimi anche qui da noi.  George Wein l’impresario di grandissimi nomi del jazz come Miles Davis parlando di lui in un’intervista lo definì come colui che per primo riuscì a portare il jazz non solo nelle grandi città come allora accadeva come Milano e Roma, ma nelle piccole città di provincia tra le quali appunto Perugia. Approfittando anche del fatto dell’amicizia con Carlo Pagnotta sin dai tempi dell’Università, ebbe anche un peso importante nella creazione e poi nello sviluppo anche di quello che nel tempo è stato ed è Umbria Jazz. Con Alberto ho imparato ancora di più ad ascoltare e amare la musica jazz dei grandi musicisti e iniziò ad apprezzarmi anche come musicista e a farmi iniziare a suonare con i grandi nomi che arrivavano di volta in volta in Italia, come Cedar Walton e tanti altri. Alla fine il jazz è una musica che impari “sulla strada”, cioè suonando sul palco con i grandi Artisti, le scuole di musica esistono e sono importantissime ma la vera scuola sono i concerti e avere la possibilità di incontrare i grandi musicisti che ti aiutano a capire quale può essere il tuo stile e il tuo personale approccio al jazz stesso è una vera fortuna.

Ho letto che si è appassionato alla musica jazz sotto la guida di Sal Nistico e Steve Grossman, oggi chi è o chi potrebbe essere il musicista che più di ogni altro potrebbe ispirarla o che magari con il quale le piacerebbe collaborare per un progetto in comune?

Sal Nistico viveva prima in Germania e poi in Svizzera negli anni 80 ed è stato uno dei più grandi sassofonisti che io abbia conosciuto a parte George Coleman e tanti altri. Lui veniva ogni tanto in Italia a suonare e in una di queste occasioni lo convincemmo a darci lezione nell’ambito di un workshop che ebbe molto seguito. Questo mi permise di conoscerlo più approfonditamente ed avere, anche negli anni successi, molte occasioni per poter imparare da lui e per suonare con lui.

Steve Grossman venne a Latina a suonare fisso in un Club e si stabilii in questa città vivendoci per 20 anni, poi da Roma, si spostò a Bologna. In quel periodo avendo Steve Grossman come vicino di casa io ero sempre lì da lui, per cercare di imparare il più possibile non solo la sua tecnica ma anche il suo modo di comunicare la sua musica. Ancora oggi siamo ancora molto amici nonostante il fatto che sia   tornato a New York e per me è stato e lo è ancora oggi una persona importantissima. Se mi chiedi oggi qual è il musicista al quale mi potrei ispirare di più o che sento più vicino a me, ai miei progetti mi diventa difficile scegliere e dire un nome perché sono tanti i musicisti che io stimo, che io sento, perché ogni musicista mi dà emozioni, e dopo aver suonato con tanti grandi della musica capisci alla fine che ognuno di loro ti ha dato tanto o riesce a darti tanto e a comunicarti altri modi di concepire, sentire, di comporre e di eseguire la tua musica. Se devo andare indietro nel tempo il più grande musicista che sento molto vicino a me è Cedar Walton ma anche oggi ci sono tantissimi nomi che mi insegnano tanto e con i quali basta un attimo per poter entrare in sintonia. Ad esempio qualche settimana fa abbiamo suonato con Eddie Henderson con il quale non suonavo da una decina d’anni e per me è stata una riscoperta fantastica e capisci il vero valore dell’artista che hai di fronte quando già con due sole note iniziali si riesce a creare una sinergia e una magia fantastica, e quindi per me è stato importante perché ho riscoperto delle cose importanti anche per la mia stessa musica e il mio stesso modo di suonare e di approcciarmi al pubblico.

La sua musica, almeno per quanto ascoltato in concerto ad Umbria Jazz Spring, è molto particolare: il suo modo di suonare il sax seppur con un ruolo da protagonista non è mai “invasivo” con assoli particolarmente lunghi ma anzi è una musica di condivisione, del “lasciare spazio” angli altri musicisti sul palco, non è così?

Assolutamente sì, mi fa molto piacere che tu abbia percepito questa particolarità perché per me è molto importante. Il jazz è musica di improvvisazione collettiva, per questo è fondamentale interagire con gli altri musicisti sul palco perché non è che tu sei il solista, che fa il suo assolo e basta ma è uno “scambio” reciproco con gli altri musicisti, anche se è la cosa più difficile da fare, ma il fatto stesso che questo si percepisca dalla parte del pubblico mi riempie di grande orgoglio. Ed è una delle cose che mi hanno insegnato i grandi. Un giorno lo stesso Eddie Henderson mi disse “Tu devi pensare che stai giocando una partita a poker, non devi mai scoprire le tue carte perché altrimenti il gioco finisce, invece piano piano devi svelare la tua musica, e quindi tutto te stesso”.

Piero Odorici “Connection” © SpectraFoto

Una curiosità: si dice che l’Italia non sia un Paese per giovani, secondo lei è un Paese per musicisti?

Secondo me potrebbe essere sicuramente un Paese per “musicisti” perché io penso che in Italia ci siano tra i più belli talenti musicali del mondo, soprattutto dell’Europa perché il musicista italiano ha dentro di sé un’anima passionale, latina, un “pathos” tutto suo particolare che esprime grazie alla sua musica. Non a caso i migliori musicisti del jazz di tutti i tempi sono italiani, ebrei e afroamericani per appunto l’anima e il pathos che si portano dentro. Chiaramente per diventare un Paese per musicisti occorre che si investi nella musica e nella cultura come fanno gli altri Paesi anche europei e non ricchissimi come la Croazia dove siamo stati ospiti di una loro rassegna ultimamente e abbiamo constatato che investono tantissimo nella musica e nello sviluppo dei progetti musicali del Conservatorio di Zagabria, cosa che non accade purtroppo nei nostri Conservatori italiani.

Parliamo del progetto “Connection”. Un trio nato nel luglio 2016 per dare vita ad un disco ancora in registrazione  e un tour di grandissimo successo. Qual’è il vostro repertorio e quali sono le sue emozioni nel suonare con due talenti eccezionali come lo sono Darryl Hall e Roberto Gatto ma soprattutto come mai queste due scelte?

Il disco è già stato registrato l’anno scorso ma stiamo aspettando di completare il mixaggio dello stesso per poterlo far uscire a breve con il sound migliore. Per ora siamo in giro in Italia per un tour di grandissimo successo grazie appunto come dicevi tu a due talenti eccezionali. Sia con Darryl Hall che con Roberto Gatto ci conosciamo da tantissimo tempo, e anche se Hall vive da tempo a Parigi è un contrabbassista che ammiro molto, con il quale mi piace molto suonare, è molto creativo e funziona molto bene per questo tipo di formazione, Roberto Gatto è assolutamente strepitoso.  Il repertorio è un insieme di standard jazz, e tanti altri brani di nostra composizione sia mia, che di Darryl che di Roberto che sono davvero di grande coinvolgimento musicale e di grande sinergia non solo tra di noi sul palco ma anche con il pubblico e contiamo in questi giorni di concerti a Terni per Umbria Jazz Spring di esprimerci sempre al massimo livello come sappiamo di poter fare tutti e tre insieme e di conquistare il pubblico che verrà ad ascoltarci.

Augurandoci di rivederla presto in altri tour in Italia e in altre manifestazioni importanti come questa, appunto, di Umbria Jazz, ci sono altri progetti in corso per Piero Odorici? Quali ? … e un sogno nel cassetto ?

Con questo progetto e con questo Trio abbiamo altre date a luglio in giro per l’Italia che siamo sicuri ci porterà grandi soddisfazioni. In ottobre invece sarò in giro con un altro progetto con Dave Douglas, poi a febbraio con Renato Chicco, Andy Watson e Darry Hall faremo un tributo a Cedar Walton.

Un sogno? Ne avrei tanti. (ride ndr!) Se ne devo scegliere uno, mi piacerebbe visto che nel mio primo disco prodotto da Alberto Alberti e Sergio Veschi, proprio ad Alberto venne l’idea di mandare una registrazione a Jackie McClean. Gli piacque talmente tanto che non solo mi fece i complimenti per quel lavoro prodotto, ma mi fece anche una dedica da mettere sul disco.

Ricordando quell’episodio, visto che mi piacerebbe fare un disco per omaggiare la musica di un altro grandissimo musicista qual è Sonny Rollins mi piacerebbe averlo come “padre spiritale” ed avere anche da lui una particolare dedica da riportare sulla copertina del disco stesso. È un sogno troppo grande? Io ci spero davvero tanto!

Visto il talento di un artista e la simpatia di uomo come Piero Odorici, diremo proprio di no e quindi gli auguriamo di poter realizzare presto il suo sogno e di poterlo ascoltare presto in questo suo nuovo disco e in altri progetti da lui tanto desiderati.

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