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Giulia Andreani. L’improduttiva, Collezione Maramotti – Reggio Emilia #mostra

Arrivare a Reggio Emilia vuol dire entrare in uno scenario di un mondo in cambiamento. Il punto di vista sull’immaginario storico e politico della città permette di avere a che fare con una eredità visiva netta, fatta di grandi casermoni, che mettono al centro della nostra quotidianità la presenza di un numero altissimo di persone arrivate da altri Paesi che sbucano da ogni via. Reggio Emilia è viatico e trasformazione per vocazione, è luogo che ha dato vita a tanti scenari, tra cui Max Mara – una delle industrie di moda che rappresentano la storia e l’identità culturale italiana nel mondo.

In questi spazi, fino al 10 marzo, si incontrano i lavori di Giulia Andreani: artista internazionale di base a Parigi alla sua prima personale nel nostro Paese intitolata L’improduttiva. Essa offre ai suoi visitatori la possibilità di entrare in contatto con le sue opere grazie alla presenza e alla volontà della Collezione Maramotti.

Riconosciuta per la sua pittura che indaga le dimensioni fotografiche di un’immaginario che abbraccia ricerca e narrazioni dedicate al femminile, Andreani apre verso una riflessione continua su questo genere.

Forte e leggero il suo tratto parla di scenari esclusivi, di un momento storico che ripensa la fase degli anni quaranta della Seconda Guerra Mondiale, mette in evidenza quanto il pensiero cattolico abbia inciso nella costruzione di un gruppo di lavoro al cui interno la forza è rappresentata anche dalle donne – nella loro complessità, nella loro cooperazione e nel loro sentirsi ribelli.

L’improduttiva si dichiara essere come una grande prospettiva di corte rinascimentale ricca di volti dai ruoli precisi e dove si narra, nella loro struttura compositiva, di spaccati territoriali avvenuti in una fabbrica che ha permesso l’autonomia e l’indipendenza a numerose ragazze in attimo fondamentale che ha saputo aprirsi a molte forme e contaminazioni confluite nelle grandi produzioni di abiti e di stili unici arrivati in tutto il mondo.

Quello che la mostra racconta è di un percorso ricco che parla della natura ciclica delle cose e di un immaginario sociale parallelo che nasconde una ricerca sofisticata e profonda compiuta dall’artista tra i vari archivi dell’azienda Max Mara e in un intreccio che prende ispirazione da alcuni elementi disseminati in altri spazi della città, inseriti con la possibilità di dare un volto a figure incastonate come sante, le cui fotografie sono fonti emerse dall’Ospedale Psichiatrico San Lazzaro e dalla Biblioteca Panizzi e di Istoreco – Istituto per la Storia delle Resistenza e della Società contemporanea.

La Andreani ha definito in pittura e connotato con una speciale testimonianza uno scopo preciso: parlare al pubblico con uno sguardo che fosse uno spazio critico vivo e di grande riflessione nella rappresentazione di esseri umani esclusi – e divenuti parte fondamentale di una partecipazione comunitaria che vede oggi un processo nuovo, volto inglobare alcuni aspetti lasciati da parte per lungo tempo e riuniti in immaginario che comprendeva anche la cinematografia e la politica.

Sebbene sia tutto costruito da un grande progetto che prende forma verso qualcosa che approda a un piccolo – cioè da una società che si sviluppa, a un’altra piccola, parallela, lavoratrice o esclusa – la componente che segue la struttura è concentrica, di una educazione istituzionale rimarcata da una segmentazione che segue più momenti in cui l’affettività è disseminata in piccoli frammenti.

L’artista tiene conto degli elementi trinitari, cioè delle geometrie di composizione pittoriche utili a rappresentazioni che hanno decretato il potere della storia dell’arte nel tempo, ma in alcuni casi inserisce con oculatezza elementi dissonanti e irruenti che integrano – con la propria creatività – la possibilità di una memoria rinnovata da segni esterni e su figure mantenute nascoste o a margine in personalità e bambini che si presentano come anarchici, dalla forza semplice e radicale di sguardo e di comportamento, grazie a un segno che si fa pittorico della delicatezza del suo atto.


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Giulia Andreani. L’improduttiva
Collezione Maramotti, Reggio Emilia – RE
Fino al 10 Marzo

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