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L’eredità, il pensiero critico e il fare politico in Ultramoderne, Straperetana – Pereto (AQ) #arte

È in corso fino al 10 settembre nel borgo di Pereto (AQ), la Straperetana: un incontro ormai radicato su un territorio di montagna che si presenta agli occhi del visitatore con il titolo di Ultramoderne. Si tratta di collettiva di arte contemporanea che assume nella sua settima edizione una veste tutta femminile, e con fare etico, politico e filosofico di grande impatto su quello che è in concreto una cittadina a confine tra Lazio e Abruzzo dove Paola Capata – e la sua galleria Monitor – ha deciso di stabilire la sua terza sede.

Il percorso inizia da Palazzo Maccafani dove a definire il presente è la linea di demarcazione dettata dal lavoro di Tomaso Binga. Si tratta di un incastonato prospettico sulla tradizione, la irrompe, ne richiama la canonicità che arriva dalla storia nel suo significato più esteso dove si pone una indicazione di pensiero che parte da un ideale che è ribaltamento dei codici con l’uso e la grammatica della storia dell’arte.

L’opera pone figure femminili in apparenza differenti, crea una serie di lettere: è un alfabeto che amplifica il senso critico e storico nella sua portata, dove i messaggi filtrano quelli che possono avvicinarsi a essere considerati fascismi, radicamenti e forze contrapposte invisibili. Si parla di come queste sottili linee situate tra le figure si antepongono all’essere umano: sono scritte simili a filo spinato e in cui si cerca di compiere tentativi di accesso a una dimensione che definisce un sistema fatto di religione, politica, complessità educativa e sociale di matrice occidentale.

L’opera di Binga delinea il format della mostra: dice al visitatore che l’elemento numero uno per affrontare la visita è di guardarsi, voltarsi sul proprio cammino, essere il proprio linguaggio, seguire la propria strada, essere madre per diventare madre, che non è pratica di filiazione, ma piuttosto una serie di possibilità di compimento per completare la propria essenza. L’artista pone un corpo di spalle e prosegue in un cammino che è ascesa e contrario all’andamento delle intelligenze sociali in movimento.

In questa via crucis corale e in controvento, dove ogni elemento è narrazione continua e mai sconnessa alla realtà, emergono alcuni esercizi di pensiero rispetto ad altri che offrono la possibilità di variare e adattarsi in base al percepito di chi guarda.

Il lavoro di Giulia Mangoni è pittura, spazio e natura, in una scelta su un periodo che è un momento preciso in cui sono intervenuti i cittadini di Pereto in dialogo e autodeterminazione, stabilendo che tipo di immagine animale avrebbero potuto assumere nell’opera dell’artista.

In Questo processo lo straordinario è rappresentato dalla logica di allestimento: una tela che potrebbe essere confusa come murales, ma che allo stesso tempo è presente come scena teatrale in un racconto su una micro società di montagna che ha stabilito la propria immagine e dove chi narra si fa esecutrice/traduttrice in un componimento che è una orchestrazione corale.

In questa figurazione è facile soffermarsi, ritrovare chi ha cercato nelle diverse epoche di mettere in dialogo le persone alle questioni sociali come indicazione e orientamento politico su dato un passaggio temporale – si veda un richiamo a Giuseppe Pelizza Da Volpedo nel Quarto Stato o la grande tela dedicata ai funerali di Togliatti di Renato Guttuso conservata al Mambo di Bologna.

Le artiste più giovani, studentesse di accademia, entrano a gamba tesa in una platea ampia di professioniste storicizzate e contribuiscono a lasciare un segno marcato a questa edizione della Strapreretana: Sara Dias che si decreta con la sua ironia dissacrante mentre Satya Forte pone in dialogo poesia e caducità, tempo di irruzione, lo scavare nella memoria parole che trovano compimento nelle polveri e nei frammenti letterari.

A Palazzo Iannucci Casa del prete il quadro completa il cerchio facendo di questo processo un’esperienza che trova richiami nell’ancestrale dedicato alle opere guida di Elisa Montessori e nelle dualità di Maddalena Tesser.

Ogni lavoro proposto in questa edizione della Strapreretana è una elaborazione continua e strettamente collegata all’opera precendente. È come se questo viatico voluto da Paola Capata lei ci invitasse a non guardarsi mai alle spalle, ma tenere conto di chi c’è al tuo fianco e cosa ha compiuto con la sua opera, linguaggio e stile, come funzione che può assumere significati precisi e tutti rivolti a una condizione che non ha risoluzione sul presente.

Tra i lavori più importanti da segnalare c’è una mappatura di persone che si fanno segno in un progetto di videoarte a cura di Anouk Chambaz.

È un progetto di memorie ed eredità per chi si troverà a ricostruire le stagioni di questo luogo in una montagna che riscrive la sua identità nell’estate 2023 quando una intera cittadina si è fermata a raccontarsi entrando in contatto con le arti contemporanee di – e in – questo momento.



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