Get Even More Visitors To Your Blog, Upgrade To A Business Listing >>

Barbie – il film, opinione tra le tante #cinema

Mi sono concessa alcuni giorni per inquadrare i punti interessanti del film Barbie che ha messo in subbuglio il mondo reale e quello del web con le sue numerose discussioni.

Non mi è piaciuto, ma nella complessità questo elemento del tutto personale non vuol dire niente. A vincere è stata la strategia di rilancio del prodotto e l’adattamento che è avvenuto sotto i nostri occhi scisso in chi ha voluto l’idea – Mattel – e il marchio iconico di un oggetto di eccellenza qual è la Barbie da sempre per il mercato delle bambole nel mondo.

Dalla visione mi chiedo ogni giorno come mai una figura che diventa ordinaria, mette ciabatte, indossa una una tote bag non dovrebbe già essere consapevole della propria sessualità. Si lavora da una vita su un concetto di indipendenza/autonomia economica e si torna ancora a cadere su quello che è l’aspetto di una identità fisica che oggi si sveglia e prende coscienza del proprio corpo, del suo membro sessuale, attraverso la richiesta di prenotazione a una visita ginecologica. Allora viene da chiedersi come mai Barbie non fosse già cosciente del suo potere sessuale visti i seni abbondanti e se questo non bastava per renderla fluida e moderna ai nostri giorni.

Non penso che Barbie sia un prodotto femminista o a difesa delle donne, ma credo che il dato utile sia stato di mettere in evidenza una donna consapevole di non dover rincorrere a un uomo per riconoscere la sue fragilità, ottenere approvazione, dipendere e accettarsi nonostante la presenza e i capricci di un ragazzo (Ken – fatto uomo) che esce immaturo da ogni punto di vista in questa che è una pellicola del 2023,  abbastanza caotica, criptica, per nulla inquadrabile in un genere, per chi è abituato alle classificazioni cinematografiche di vecchio stampo novecentesco.

Barbie esce consapevole, compassionevole e intelligente, e forse Siamo Noi donne acquirenti a non averle mai concesso la possibilità di essere una cosa diversa da ora visto che la protagonista rappresenta un prototipo che ogni mattina vede se stessa nella sua capacità di essere unica e inimitabile; siamo noi state le prime ad averle attribuito e proiettato i nostri malesseri, tagliarle i capelli e piedi tanto da crearne una possibilità di classificazione e di mercato in quella che è una nuova donna stramba dai toni punk stile Vivienne Westwood. Siamo noi la domanda e siamo noi la risposta, e questa è la regola numero uno per chi vende e sviluppa analisi e strategie.

Al contrario, la donna reale di riferimento – quella che Barbie cerca dopo aver avvertito il peso di una presenza esistenziale – non è una adolescente, ma una mamma che arriva in difesa del proprio mito. Non è una supereronia, ma una figura messa a margine da una azienda fatta di uomini incravattati al comando. Si tratta di espedienti che rivelano la progressione delle sequenze con quei personaggi che alla fine dichiarano le loro intenzioni allo spettatore di andare verso il mercato, soddisfare il bisogno di chi reclama la necessità di una figura femminile non esclusiva o perfetta, ma ordinaria, e con l’aggiunta di marchi precisi vestiti addosso che sono sinonimo di qualità e storia del costume contemporaneo.

Allora se viene sfruttata una donna quarantenne con una figlia adolescente già consapevole di chi è e cosa vuole, come può questa pellicola dialogare con le piccolissime della nuova generazione impazzite per il rosa e il merchandising legato alla figura di Barbie tradizionale? E tutta quella dimensione arcobaleno che si vede senza fare un dichiarato accenno alle diversità sessuali, agli orientamenti e ai diritti, cosa può significare oggi senza una presa di posizione?

La comunicazione, con il suo comparto marketing, ha lavorato con una logica utile a capire come coordinare una serie di brand: ha cercato di riposizionare una moltitudine di etichette in modo tale da riuscire a mettere in secondo piano anche i personaggi di spicco in un ragionamento che potrebbe essere riassunto come un: “Io sono Barbie, quella con le ciabatte griffate, non un corpo/prodotto, ma qualcosa che mi rende cosciente con delle mie caratteristiche definite da ciò che indosso. Io sono Barbie con qualcosa in più.”

Ma cosa? Etica, politica o presa di coscienza sul presente senza attribuzione di altro significato o nuove peculiarità di mercato?

Stonata è tutta la progressione della maternità, dell’ereditarietà, dei passaggi tra chi ha, cosa è e cosa scopre di più. Abbandonare lo schema narrativo di chi ha creato l’idea – colei che ha inventato il prodotto – in un atto di iniziazione e di passaggio tra nonna e nipote verso chi è questa nuova figura di Barbie di cui non sappiamo nulla, dimostra quanto è ampio il nostro potere di acquisto nello stabilire chi siamo senza rinunciare a una bambola.

___

Barbie (2023)
regia di Greta Gerwig
___

Chi sono?
https://amaliatemperini.com/about/

Iscriviti al blog nella casellina in basso a destra della homepage
http://www.amaliatemperini | http://www.atbricolageblog.com



This post first appeared on Bricolage – Appunt'attenti Di Un'acuta Osservatr, please read the originial post: here

Share the post

Barbie – il film, opinione tra le tante #cinema

×

Subscribe to Bricolage – Appunt'attenti Di Un'acuta Osservatr

Get updates delivered right to your inbox!

Thank you for your subscription

×