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#AGeishaDay: la senior Geisha

Tags: geisha

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La parola geisha è composta da due kanji: 芸 (gei) che significa “arte” e 者 (sha) “persona”. La traduzione letterale del termine, in italiano, è dunque “artista” o “persona d’arte“.


Oggi, ve ne presentiamo una: è una senior geisha, esperta nella danza.

Il suo nome sarà rivelato solo alla conferenza stampa del 7 Settembre 2018 (in cui conoscerete, ufficialmente, tutte le artiste).

Si è esibita negli Odori (spettacoli di danza e canto) giapponesi più importanti, è molto amata e stimata nel kariūkai.

Ph © Suzume Odori di Onihide san

Cosa diventa una geisha quando va in “pensione”?
In realtà una geisha non va mai in pensione.
Resta sempre un’artista. Ma può diventare anche un’insegnante per le giovani apprendiste che vogliono intraprendere questa professione. E poi può scegliere di essere un okāsan.

Dopo aver lavorato come geiko, per un considerevole numero di anni, molte di noi decidono infatti di proseguire nel cammino diventando okāsan. Fondano una okiya (casa delle geisha) e diventano la madre di tutte le geisha che appartengono alla casa. Istruiscono le nuove generazioni che porteranno la tradizione verso il futuro. Le okāsan sono spesso intransigenti nell’insegnare le arti alle proprie maiko (trainee), ma allo stesso tempo si prendono cura di loro e le rispettano come le madri fanno con i veri figli.

Esiste un “albo professionale” in cui vengono riconosciute e registrate le geisha?
Il rituale di educazione e formazione della geisha, nel ventunesimo secolo, non è molto diverso da quello di cento anni fa. Le discipline nelle quali ogni artista si deve specializzare sono le medesime e la serietà con cui vengono offerte è sancita dal kenban (検番). È una sorta di albo professionale che obbliga coloro che vi sono iscritte al rispetto di regole morali ed estetiche molto severe. Dall’abbigliamento, al trucco, all’acconciatura dei capelli e allo stile di vita.

Il salario delle artiste è fissato da organi statali appositamente adibiti. A costoro la geisha deve far sapere a quali incontri ha partecipato, ogni sera, e per quanto tempo affinché possa ricevere lo stipendio (in base appunto al numero di clienti e al tempo trascorso con loro). E affinché l’ufficio possa mandare il conto al cliente.

In questo modo le geisha non sono più legate economicamente all’okiya, che per legge non può più far contrarre dei debiti alle sue maiko. Il tempo che viene loro pagato è misurato, simbolicamente, in base a quanti bastoncini di incenso bruciano durante la loro presenza nell’ochaya ed è chiamato senkōdai (線香代 “compenso del bastoncino d’incenso”) o gyokudai (玉代 “compenso del gioiello”). A Kyōto si preferiscono i termini ohana (お花 “compenso del fiore”) e hanadai (花代 stesso significato).

La geisha può avere un marito?
Le geisha sono donne nubili e possono decidere di sposarsi solo ritirandosi dalla professione. Se gli impegni personali di una geisha possono includere anche intrattenimenti di tipo amoroso, questo non è previsto nel suo lavoro.

Una vera geisha non viene pagata per rapporti sessuali. Anche se può, liberamente, scegliere di avere relazioni con gli uomini (avere un fidanzato), nella vita privata. Tali relazioni vanno mantenute al di fuori del contesto della sua professione come artista.

Era uso nel passato che una geisha prendesse un danna o patrono. Tradizionalmente il danna era un uomo ricco, talvolta sposato, che aveva i mezzi per sostenere le enormi spese che la professione di una geisha comporta. Sovvenzionava i suoi spettacoli negli odori (le danze rituali), i pregiati e antichi kimono che indossava, le costose lezioni nelle arti tradizionali, la sua casa indipendente quando lasciava l’okiya e via dicendo…

La tradizione del danna è viva in Giappone, ma solo qualche geisha ne sceglie uno.
Anche se succedeva spesso che una geisha e il suo danna si innamorassero, il sesso non era richiesto come pagamento per il supporto finanziario che il danna elargiva.

Il danna è un patrono delle arti tradizionali: sostenendo economicamente una geisha o una okiya egli sostiene l’arte e la cultura del suo paese.

Le convenzioni e i valori che si celavano dietro questo particolare rapporto sono molto intricate, sconosciute e incomprensibili agli occidentali e persino a molti tra noi giapponesi.

Ph © Suzume Odori di Onihide san

In cosa consiste la sorellanza delle geisha?
Dopo cinque anni di pratica come maiko, se l’apprendista accetta di non sposarsi, allora si può celebrare per lei il rito dell’erikae: il cambio del collare nel kimono, da rosso a bianco, che ne segnerà il definitivo riconoscimento quale geiko.
Se, un giorno, la geisha deciderà di sposarsi dovrà rinunciare all’ambito ruolo.

A sancire la solennità dell’evento, si disegnano tre linee invece di due lungo la nuca: è il sanbonashi (tre gambe). Ovviamente l’artista indosserà per l’evento il kimono più formale, quello nero con il simbolo della okiya a cui appartiene.

In Giappone la parola matrimonio significa l’unione di destini: en musubi. Le geiko usano la stessa espressione per indicare lo speciale legame (en) che le unisce l’una all’altra. Tra la onesan (sorella maggiore) e la imoutosan (sorella minore) esiste dunque un en, una speciale affinità, che crea tra loro un vincolo difficile da sciogliere.

E come si scioglie il patto stretto con nove sorsi di liquore di riso? Con il riso bollito. Secondo questa rigida etichetta, colei che, per qualunque motivo (il matrimonio, un nuovo lavoro o altro), abbandoni la comunità deve porgere una piccola ciotola di riso bollito alla onesan, alla okāsan (madre), alle insegnanti e a tutti coloro verso i quali è in debito di riconoscenza.

A differenza della regola del matrimonio (un en che può essere solo rotto ma non sciolto), il mondo del fiore e del salice ammette che una delle due sorelle possa distaccarsi e le geisha sottolineano l’evento con una cerimonia: un hiki iwai (cerimonia della separazione).

Perché hai deciso di venire a esibirti in Italia?
Le geisha, oggi, stanno man mano scomparendo.
Nel 1920 c’erano più di 80.000 geisha in tutto il Giappone, ma oggi sono molte meno! Il numero esatto non è noto se non a noi stesse (siamo molto protettive nei confronti del mistero che, anche nello stesso Paese del Sol Levante, aleggia attorno alla nostra figura).

Diciamo che non siamo rimaste in più di un paio di migliaia. La diminuzione dei clienti, con l’avvento della cultura occidentale (e la grande spesa che occorre sostenere per ottenere l’intrattenimento di una vera geisha), ha contribuito al declino delle antiche arti e tradizioni, che sono difficili da preservare.

Mi auguro che questo viaggio aiuti il mio mondo a non scomparire…
Magari con l’aiuto dei geisha fan italiani che già ci stanno dimostrando la loro affettuosa curiosità e il loro sostegno.
Grazie!

Cover Ph © Suzume Odori di Onihide san



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