Capita a volte, nella vita, di accorgersi che qualcosa va lasciato, anzi, che tutto sembra appesantire il viaggio, il passaggio (la “pasqua”). Così ci si ritrova nell’abbandono di fronte ad una prospettiva di libertà, fuori dai propri dogmi mentali già collaudati, completamente nudi, senza strumenti.
In questo stato di impotenza, in questo momento meraviglioso e tremendo, la Libertà stessa si mostra sia come dono che come responsabilità.
Questa Libertà, che pure assaporo a tratti, come posso condividerla con chi mi è prossimo? E senza usarla come sfogo per le mie frustrazioni, manie e distorsioni?
Come posso tendere la mia mano a qualcuno, senza che lo afferri, lo trattenga, crei legami carcerari, di puro interesse, ne faccia preda, e non un Io libero con me?
Come posso evitare che questo accada, a mia insaputa, nelle mie relazioni, da quelle più intime, coniugali, familiari, amicali a quelle sociali?
Sarò in Grado di condividere e donare spazi di libertà senza usurparla?
Grazie al percorso (processo) offerto in Darsi Pace, attraverso la pratica meditativa, gli esercizi di auto-conoscimento, e lo studio della condizione umana, sto sperimentando che l’ascolto-accoglienza dell’altro, passa umil-mente per l’ascolto-accoglienza del dolore in me, attraverso l’accettazione dello stato di impotenza del mio Io separato. In questo stato di ascolto consapevole, nella luce di una coscienza più grande, capisco che posso dare solo ciò che ricevo… Il resto è solo pretesa disperata di controllo.
Di fronte al baratro,
all’abisso della mia impotenza,
dove nulla di me ha consistenza alcuna,
di fronte alla vertigine della libertà assoluta,
è lì che la preghiera (la mia precarietà) trova voce
e si fa domanda, senza pretesa,
si fa vero stato di resa;
è lì che, lasciata ogni illusione di controllo,
giunge una Voce di consolazione,
in grado di dire Parole nuove, di portare Luce,
l’unica Luce capace di illuminare la realtà più intima del cuore.
In questa Luce lo Spirito si fa preghiera in noi (Rm. 8, 26-27),
liberando l’Io chiuso e difeso anche dalla frenesia della richiesta ossessiva,
lasciando grande pace, e un dolcissimo sollievo,
e in questo sollievo le lacrime ed il sorriso si fanno dono.
Condivido perciò questo testo ricevuto lo scorso marzo, che traduce un passaggio: dal mio Io separato e impotente all’Io che si converte, all’Io mariano, unico terreno fecondo in grado di ricevere il dono della Vita. –
Sarò in grado Gesù
Di consolare
Almeno un po’
Di quanto io
Ho bisogno
Di essere consolato?
Di sostenere
Quanto io ho bisogno
Di essere sostenuto?
Sarò capace di curare
Almenno un po’
Di quanto io ho bisogno
Di cure?
Sarò in grado
Di illuminare
Almeno un po’
Di quella luce che
Le tenebre
Che mi abitano
Richiedono?
Saprò guidare
Almeno un po’
Di quanto lo smarrimento
Che il mio cuore
Patisce
Richiede?
Sarò in grado
Di unificare
Almeno un po’
Di quella frammentazione
Che la mia carne
Soffre?
Di accompagnare in
Quella discesa
Che io subisco come caduta?
Di avere gentilezza e pazienza
Tanto quanto
La mia brutalità
Richiede?
Di essere Accogliente
Quanto serve alle mie chiusure?
Forte quanto serve
Alla mia fragilità?
“IO SONO tutta
La consolazione,
Il sostegno,
Tutta la cura
La luce,
IO SONO la via,
L’unità tutta,
L’abbandono nell’abisso.
Sono la gentilezza che sa patire, con-patire
L’accoglienza che apre la porta,
La forza che sta nel lancio del sasso
E nel bocciolo…
Sono tutto questo
Se tu decidi ora di lasciarti,
Consolare, sostenere, curare,
Illuminare, guidare, unificare in me,
Accogliere, rinvigorire.
Se decidi di rinunciare
Al controllo,
Se decidi
Di morire
Ora
Con Me
E nel tuo vuoto potrai
Contenere tutti i doni…
In questo
Momento Meraviglioso”.