Non inseguire i sogni di riscatto
della bambina omessa o maltrattata
da: Il cuore a nudo – Marco Guzzi
Nel lungo, lungo processo di spoliazione da immagini, parole, visioni depositate in me… e a mia volta proiettate… è cresciuto sempre più, il bisogno della nudità, per un reale contatto con me stessa; per potermi davvero immergere nelle acque profonde in me, attraverso l’abbandono negli stati meditativi che andavo sperimentando, sciogliendo sempre più la paura di affondare nel vuoto.
Così cominciai a pronunciare questa parola, gustandone la bellezza contemplata nella sua semplicità disarmata e disarmante. E sempre più è diventata per me, sinonimo di verità e libertà.
Da bambina e per buona parte della vita, era presente in me un invincibile senso del pudore.
Inoltre, una forte emotività rendeva molto difficile esprimere ciò che provavo e pensavo, e l’estrema timidezza mi spingeva a nascondermi, a chiudermi nella sicura fortezza del silenzio.
Mi vergognavo: di cosa? Essenzialmente, di esistere!
Di essere protagonista della mia storia, e quindi espormi allo sguardo altrui. Non avevo voce, e spesso subivo le parole degli altri che parlavano di me, come: È bella, ma introversa … ripeteva mia mamma, mia zia … e questo mi suonava come una malattia che non capivo! E ancor di più, mi chiudevo nel sentirmi incompresa, anche da me stessa. E quando dovevo uscirne, per esempio a scuola, in un’interrogazione davanti a tutti accanto alla cattedra della maestra, soffocavo dal calore che m’investiva, rendendo il volto rosso fuoco. Sentendo questo poi, aumentava la mia vergogna, paralizzandomi; così anche quello che avevo studiato rimaneva sulla punta della lingua, muta! Solo nel gioco, da sola, con mia sorella o le amichette mi sentivo libera. Da cosa? Da un giudizio che mi squalificava, forse. O dalla paura di essere rifiutata, di non essere capace, di non essere amata e quindi vista, riconosciuta, apprezzata.
Di certo, nel mio bunker, coltivavo sogni e ideali che mi avrebbero riscattata, un giorno.
Ricordo con chiarezza, di averlo pensato una volta, guardando dalla finestra della mia stanzetta: dall’alto del quarto piano dove abitavo; osservando un gruppetto di ragazzi e ragazze in strada, provai un senso di invidia e desiderio di essere come loro, tra loro. Quindi, mi dissi decisa che un giorno sarebbe accaduto.
Ogni uomo costruisce la sua difesa edificando su di essa
un’immagine idealizzata di sé. Il cuore a nudo – Capitolo 3
Nel tempo, imparai a mascherare il mio disagio, vestendo i panni della finta sicurezza, alimentata dalle voci del mondo, con le sue illusorie … per quanto concretissime … certezze! Piano piano, camminando nelle sue vie, imparai a truccare la mia ingenuità e vulnerabilità con frivolezza e superficialità.
E imparai a farlo così bene che diventai una professionista di quest’arte. E quindi, a truccare gli altri.
Come mi sentivo in quei panni? Al sicuro, sebbene il trucco si poteva sciogliere facilmente!
Avevo però superato la soglia della paura del mondo, mi ero buttata nel fuoco artificiale e scoppiettavo di quell’energia colorata anche io, insieme a molti altri. Mi sentivo integrata, a modo mio.
Ma proprio da qui, ad un certo punto cambiò il mio sguardo!
Cominciai a soffermarmi davanti al volto che trovavo sotto le mie dita, guardandolo con più attenzione prima di ricoprirlo con polveri e linee colorate: quanta armonia scoprivo nei suoi lineamenti, colori e forme.
Ammiravo l’unicità della sua bellezza nelle sfumature della sua varietà; e imparando a rispettarne il volto nudo, l’arte diventò solo un modo di sottolinearla, perché tutti la vedessero meglio
Ma poi, una profonda crisi mi portò al momento della verità: Bellezza o Belletto?
Mi spogliai di tutto, e nuda ricominciai a vivere. Non più, nascosta nel guscio protettivo del silenzio.
Non più, aderendo al brillante costume del mondo. Non più, credendo me stessa la maschera di me stessa.
E scoprendo che solo Tu, il più Bello tra i figli dell’uomo, spogliato della tua divinità puoi rivestire la mia umanità. È questa, oggi credo, la veste della mia salvezza.