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Nascere è opera dello Spirito

Nascere per l’umano non è mai stata cosa facile. E ciò da quando l’uomo ha memoria di se stesso.  Dio dice infatti ad Eva nel libro della Genesi: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli» (Gen3,16). Alcuni miei versi fanno da eco a questa antica maledizione biblica, portando alla parola lo spaesamento e la violenza carnali che accompagnano l’evento della Nascita, metafora condensata dell’intera condizione mortale dell’essere umano sulla terra:

Stracciato,
Malmenato
L’uomo
Appena nato,
caduto
dall’alto,
non vedo dove,
ma vivo
per miracolo
oscuro…

Non occorre un particolare sforzo per fare esperienza di Questo trauma originario del nostro stare-al-mondo. Basta ascoltarsi attentamente appena alzati la mattina, magari dopo una notte dal sonno altalenante e disturbato. La percezione è quella di un errore bruciante che cosparge l’essere stesso di tutte le cose. Un malore, a volte anche fisico, che in ogni caso ci impedisce di vivere, di nascere a noi stessi, a quello che più profondamente sentiremmo di essere. L’uomo si sveglia al mondo sentendo di non essere quello che è. L’uomo nasce «malmenato» appunto, cioè nasce male.
Non nasce per davvero. Quella che perciò chiamiamo “nascita”, nel senso più immediato del termine, non è affatto la nostra vera Nascita, quella cui l’anima in fondo anela durante l’intero arco dell’esistenza terrena.
Non a caso, nel 2002 Marco Guzzi pubblicava una raccolta di poesie intitolata Preparativi alla vita terrena. Il titolo si potrebbe parafrasare anche così: Preparativi alla vera Nascita. Cioè a quella Nascita misteriosa ed eterna che sotto sotto tutti noi sentiamo ci spetti fin da molto prima della nostra nascita anagrafica. Nella detta raccolta, a pagina 34, pochi versi di Guzzi suonano così:

Tuona.
           Io sono
Prima che l’erba crescesse
Sulle schiene basse dell’Himalaya.
Prima che il vento
Soffiasse sul pianeta.

 Ora che nasco
Non c’è più niente da fare.

Abbiamo evocato due volti reciproci del mistero della Nascita. Vediamo facilmente che il volto mortale è strettamente compromesso e frammisto col volto vitale, come uno stesso Nucleo ancestrale, che per qualche motivo si è scisso al suo interno, e quindi oscurato, sbiadito e misconosciuto nella sua vera essenza. Qui sta la soglia.

Qui accade per l’uomo l’incontro col Natale.

Non prima, non dopo né altrove da questo luogo strano, imprevedibile, controverso e controvento.
Un evento molto duro, e proprio per questo dalla potenza inaspettata.
Un Natale, quello di questo 2020, che sembra ormai indiscutibilmente frutto di una difficilissima gestazione collettiva, che ci ha coinvolti tutti quest’anno in una maniera inaudita. Ma non dobbiamo farci confondere: l’epidemia, la crisi economica mondiale, la crisi sociale e politica più o meno dilagante in tutte le nazioni occidentali, non sono che l’adempimento di questo più vasto travaglio della civiltà, che si inoltra nel vivo del XXI secolo in modo alquanto disorientato, prigioniera del suo stesso passato, e quindi sempre più incapace di sperare in un avvenire.
Ma questo dolore apocalittico e condiviso è in verità un processo di immenso risveglio dell’Occidente a se stesso, ossia anzitutto alla propria condizione di miseria tardomoderna. Nascondercelo oramai è ridicolo, impossibile. La struttura stessa del nostro mondo è a pezzi, e non da oggi (come sappiamo). Ma oggi il mistero della Natalità della vita può essere sperimentato con molta più profondità e consapevolezza, proprio perché la situazione in cui ci troviamo è davvero estrema, come da anni diciamo in Darsi Pace. Non è uno scherzo e non è una metafora.
L’umano da sempre impara a nascere davvero, direbbe Heidegger, anzitutto imparando a esperire la morte in quanto morte, ossia la morte come Portale di uno spegnimento prenatale.
È il malmenato e nato-storto che abita in ognuno di noi che deve accettare di morire in questo Portale, per non ostacolare ulteriormente il Nascente che proviene ed inter-viene dall’altra parte di esso.

Il passaggio dal 2020 al 2021, segnato tra l’altro dalla definitiva entrata del mondo nell’Era astrologica dell’Acquario, può essere letto sotto questa precisa luce, che comprende in sé tutti gli eventi tragici accaduti e advenienti, ma lo fa leggendoli in una chiave strettamente apocalittica.
Questa chiave si realizza dal momento che, sempre più chiaramente, l’Apocalisse è oggi un fatto politico. Una realtà urbana ed esistenziale inaggirabile. Il Natale allora è quell’evento molto reale che ci mostra come in questo calvario non si tratta di finire nel nulla privo di scopo e di senso, ma anzi di scorgere una segreta Vittoria su questo mondo, proprio laddove quest’ultimo crede di stare celebrando la sua pompa magna.
Questo Natale amaro, contrariato, apparentemente svuotato, malpreparato può essere l’Incipit di un’Apertura, insieme reale e regale, di un nuovo tempo collettivo della storia. Potrebbe essere un passo, un piccolo passo in più verso una guarigione della nostra condizione mortale come tale.
Ex captivitate salus, diceva Carl Schmitt. Ma questa oggi è soprattutto una domanda: Ex captivitate, salus? In altre parole: ci crediamo? Crediamo che dalla cattività lacerante in cui la civiltà si acceca e si abbrutisce, perde pezzi e perde in definitiva se stessa, possa scaturire una rinnovata Salute, una Salvezza più attuale, più semplice e procreatrice?

Di questo stiamo parlando, se vogliamo vivere con un minimo di sensatezza il Natale dell’anno 2020 dopo Cristo. E questo è anche un sereno augurio per l’arrivo di nuove voci e nuovi spiriti, posseduti da questa domanda, all’interno del nostro movimento, che è in costante crescita nonostante le molte circostanze avverse. Il nostro lavoro, da ormai oltre 20 anni, è quello di aprire le porte con pazienza al Natale dello Spirito, frutto delle mani e dell’opera potente dell’Intelligenza invisibile, reggitrice adesso dei ritmi della vita cosmica che noi stessi siamo. E a cui ogni istante scegliamo liberamente di affidarci o meno.

Darsi Pace festeggia così la propria Natalità, imparando ed aiutando altri ad imparare questa pratica quotidiana di vera Nascita. Umilissima, e perciostesso inarrestabile.

Un caro augurio di buon Natale a tutti i partecipanti. –



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