Non posso scrivere un articolo post-Trevi, incontro generale dei gruppi Darsi Pace intitolato “Amore, Libertà e Rivoluzione. La coscienza rivoluzionaria del XXI secolo”, evitando di partire dalle sue conclusioni: La rivoluzione pacifica delle coscienze, ora necessaria quanto possibile, si compie nel momento stesso in cui le coscienze stesse ne prendono atto.
Nell’indicare quindi per il neonato gruppo artistico DarsiUn’Arte un percorso utile e sintonizzato al Trevimessaggio, anche alla luce del buon riscontro ottenuto in termini di interesse per il nostro progetto, cercheremo di definire il nesso tra Bellezza e rivoluzione necessario per capire il ruolo che secondo noi la bellezza può svolgere nel risveglio delle coscienze.
Per chiarire questo partirò da un mirabile articolo scritto da Roberto Gramiccia, scrittore, giornalista e critico d’arte, pubblicato su Liberazione 6 anni orsono, nel quale egli, partendo da due celebri frasi di Camus e Hillman, centra perfettamente il tema. Questo è un estratto del suo articolo:
«La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno di lei» (Albert Camus, L’uomo in rivolta, 1951).
«Se i popoli si accorgessero del loro bisogno di bellezza, scoppierebbe la rivoluzione»
(James Hillman, La politica della bellezza, 2010).
«A distanza di sessanta anni due affermazioni perentorie e sovrapponibili che indicano la persistenza, anzi l’aggravarsi di un problema: la perdita della capacità di ri-conoscere la bellezza riduce l’esigenza e la capacità di indignarsi e quindi di ribellarsi e, del resto, l’allontanarsi di una prospettiva rivoluzionaria finisce per incrementare il disinteresse per il bello. Insomma, un circolo vizioso perverso che condanna in sostanza gli oppressi al perpetuarsi delle condizioni della loro oppressione e mette in condizione gli oppressori di godere di una crescente rendita di posizione(…).
Purtroppo dopo Camus non è stato il pensiero meridiano ad imporsi – pensiero che riprende il concetto classico di misura e di coscienza del limite rispetto al quale realizzare gli ideali giustizia e libertà – ma quello debolissimo di un postmoderno che si acconcia tendenzialmente a legittimare lo stato di cose attuale, spegnere la rivolta di Camus, relativizzare all’infinito l’idea del bello, disarmare gli oppressi dalla prospettiva (terapeutica in sé) della rivoluzione.
Il disinteresse per la rivoluzione nelle forme e nei modi in cui è possibile attuarla, spinge sul piano inclinato della rassegnazione, dell’individualismo, della solitudine.
Alla fine di questo piano inclinato c’è il brutto assoluto con l’aggravante che chi viene a contatto con esso potrebbe non riconoscerlo. Perché senza l’idea del bello, il brutto non lo riconosci. Tutto ti sembra uguale e tu diventi un funzionario del nulla. Ecco perché alla rivoluzione serve la bellezza e alla bellezza serve la rivoluzione. Ecco perché tutte e due servono a noi.»
Queste parole mettono ulteriormente a fuoco il messaggio lanciato nelle serate di Trevi all’atto della presentazione del nostro gruppo artistico: uno dei compiti dell’artista, attraverso la sua vita e le sue opere, è rilanciare l’azione rivoluzionaria della bellezza.
Un obiettivo questo, portato avanti sottotraccia dal laboratorio artistico romano nel corso degli ultimi dodici mesi dove, pratica comune ed elaborazione dei contenuti Darsi Pace sono confluite nell’organizzazione della mostra “L’OltreOpera” e nella costituzione del gruppo culturale artistico DarsiUn’Arte.
L’appello che lancio quindi a tutti gli operatori del mondo artistico sintonizzati sulle frequenze Darsi Pace è di unirsi a noi, nella costituzione di laboratori artistici Darsi Pace che abbiano nella pratica meditativa e negli esercizi psicologici le fondamenta della propria espressione artistica orientata alla ricerca ed alla rappresentazione della bellezza; che vogliano condividere capacità e competenze ponendole al servizio della libertà e della giustizia; che abbiano a cuore il recupero dell’intelligenza critica necessaria alla distinzione del brutto dal bello che ci consenta di indignarci al grigio appiattimento dell’indifferenziato.
Questo, per chi vorrà, potrà essere il percorso comune di ricerca che, nel rispetto delle reciproche libertà espressive, consentirà di lavorare insieme per restituire all’arte quel compito educativo/rivoluzionario che, nei secoli, si è rivelato prezioso quanto determinante nell’accompagnare e favorire i processi storici.
Un “bellissimo” abbraccio a tutti voi
p.s. compito per casa: provate ad inserire la parola bellezza su google immagini, vi accorgerete immediatamente analizzando i risultati, l’enorme lavoro che ci aspetta
Stefano Camerini Gruppo artistico Darsi Un’Arte