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INTERVISTA A ZEROCALCARE " Credevo che le mie storie fossero più generazionali, ora mi pare che le persone cui dico qualcosa non si identifichino per età, ma per il senso di inadeguatezza e impiccio che hanno dentro"

 Zerocalcare è il Nanni Moretti dei ragazzi e degli young adult di oggi.




Lei l'ha visto Il sol dell'avvenire di Moretti?

"Sì e ci sono cose che sembrava mi parlassero. Certo, Moretti è un super regista, quindi non mi confondete con lui"

Vi confronto io, tranquillo

"Penso che, da vite molto diverse, nell'affrontare questo mestiere ci siamo posti la stessa domanda: come raccontare in prima persona una storia collettiva partendo da una vicenda privata? E come farlo mantenendo una certa integrità e rispetto del proprio percorso"

Parlare di sé per parlare del mondo è una pratica di confine in cui si può rischiare un eccesso di spudoratezza. O di invadenza. Lei come si orienta?

"Se racconto di persone vere, cerco di avere un'autorizzazione: ci parlo prima, chiedo cosa vogliono e non vogliono. Oppure mescolo le carte in modo che neanche loro si riconoscano. A qualcuno do le fattezze di un animale, sull'esempio di Esopo o La Fontaine. Devo poter negare che sono loro, questa è una linea. E cerco di preservare la mia dignità: c'è una dignità nel racconto di sé stessi, anche delle fragilità e poi c'è l'esposizione del dolore, il farsi un video sui social in cui piangi"

Stavolta racconta di un ex tossico tornato a Rebibbia pulito e fascio: una persona reale?

"Tante persone reali"

La deriva fascista è un effetto collaterale dell'immane fatica della disintossicazione?

"Questa storia ho il pudore di raccontarla soltanto nella parte che ho visto io senza dare giudizi, perché non ci sono mai passato in mezzo. Credo che il bisogno di ordine e disciplina nasca per chi è uscito dalla dipendenza in quel modo e riesce a starne fuori solo in quel modo. Ma parlo soltanto delle persone che ho conosciuto. E direi che ci sono comunità e modi per uscirne meno autoritari. Un approccio più umano produce esseri umani migliori, almeno in base quel che ho conosciuto"

Come va a Rebibbia col razzismo

"Con gli scongiuri del caso, siamo un quartiere con legami di solidarietà che hanno consentito di affrontare i momenti critici evitando che diventassero territori di conquista per squadracce. Poi ci sono episodi e, soprattutto, sentimenti di razzismo come in tutta Roma. Ora il municipio è in mano ai Fratelli d'Italia, ma quando sta storia è stata scritta quattro anni fa c'erano i Cinque Stelle. Precede Strappare lungo i bordi, ma non funzionava come prima serie, troppo complessa e divisiva, mentre Strappare prendeva tutti: di destra o sinistra, ti riconoscevi nella storia dell'amica mia che si suicidava"




Che cosa pensa quando vede che i discriminati si mettono a discriminare?

"Penso che non riuscire a riconoscere la tua storia in quella degli altri è la sconfitta di tutti gli ideeali della sinistra. Penso che quando il conflitto si è spostato da verticale ad orizzontale è fallita ogni ipotesi di progresso. Non ho il mito del buon selvaggio, le persone sono anche infami, impicciarole, inseguono il proprio tornaconto, ma il tornaconto personale dei tanti passa comunque per la risoluzione collettiva dei loro problemi. Questa consapevolezza è sparita: ora, se svolti da solo, hai molte più possibilità di stare bene rispetto a un'ipotetica svolta collettiva, che forse non arriverà mai. Il compito della politica è cercare di raccontare e realizzare quella svolta là, sennò la gente per forza svolta da sola. Ma non penso che aderire a ideali collettivi debba essere ad appannaggio dei buoni , anche chi perseguita il proprio interesse dovrebbe avere quella spinta"

Cosa cambia, e non in termini tecnici, tra la realizzazione di un fumetto e di una serie?

"Il fumetto parla a un mondo più piccolo e preparato, i miei lettori mi conoscono, quindi mi sento più tranquillo. La serie potrebbe essere vista da milioni di persone, devo dare molte meno cose per scontate. Rispetto ai temi non c'è differenza, ma manca l'ordine cronologico dei fumetti, che ho cominciato con la Profezia dell'armadillo, la storia della morte per anoressia di un'amica. Ho fatto un percorso con i lettori che mi ha permesso di arrivare a temi più articolati , divisivi, come Kobane Calling, mentre nell'animazione è tutto compresso in queste due serie : la prima doveva presentare i personaggi , fare in modo che il pubblico ci si affezionasse, la seconda introduce argomenti più tosti, men o condivisibili. Il percorso è  simile, speriamo non conduca al cataclisma"

A proposito dell'armadillo, detto anche La coscienza di Zeno, ho letto questa sua dichiarazione "Se credessi nella reincarnazione vorrei reincarnarmi nell'armadillo". Lo sa che in Sudamerica se lo mangiano?

"Non credo di averlo mai detto, anche perché vorrei reincarnarmi in un gatto. L'armadillo l'ho scelto per il fatto che si richiude: adeguato alla parte più introversa della mia coscienza. E poi è l'unico animale che si vede gratis alla zoo di Roma: è prima della biglietteria"

In Dimentica il mio nome ci sono le visite allo zoo con sua nonna e molta autobiografia familiare su cui ho progettato alcune domande. Poi sua madre diventa volpe e l'attendibilità del libro subisce un duro colpo. Dov'è il confine fra realtà e invenzione? E sua nonna francese è cresciuta davvero in una famiglia di russi bianchi?

"Prima di fare quel libro ho tenuto un mini G8 con mia madre che mi ha detto "Puoi raccontare tutto, ma non potrai mai specificare che cosa è reale e cosa no". La storia di famiglia è sostanzialmente vera e anche la parte dei russi bianchi e del nonno imbroglione"

Altan mi ha detto che apprezza il suo lavoro, ma non capisce il romano

"Posto che amo Altan, la persona più lucida del mondo della matita, penso anche  che se uno non capisce quello che dico, legittimamente, non è interessato. Non credo si possa essere tagliati fuori dal mio romano, peraltro molto più ripulito a quello parlato di chi mi sta intorno"

Allo Chateaubriand, il liceo francese di Roma, parlava romanesco?

"Anche. C'erano studenti internazionali e italiani"




Questi ultimi non proprio alla mano, immagino

"C'è la casta italiana che sta lì perché fa status e c'è la casta dei francesi e dei francofoni, figli di viaggiatori che viaggiano. Quelli hanno rapporti più umani"

Abitare a Rebibbia , nome che la nonna non voleva pronunciare, era un handicap?

"Ero uno sfigato, ma ce n'erano altri: rifugiati politici che abitavano dalle suore a Torvajanica"

Come mette insieme impegno politico e soldi? Qualche rito di espiazione-assoluzione?

"Tra i riti, c'è il rendere sgradevole la mia condizione: quindi fare 13 ore di fila dei disegnetti ad ogni presentazione, così nessuno penserà che me la goda. Poi mi sono dato una regola : il 70% dei lavori che faccio sono a titolo gratuito, per realtà sociali non commerciali, e quello che viene dal racconto delle mie storie individuali me li tengo, ma se mi occupo di curdi o carcerati o altri in difficoltà devolvo soldi alle loro organizzazioni"

In questa serie ci sono fallimenti e disillusioni di chi diventa adulto. Come si esce dal generazionalista, dall'elogio del disordine domestico e mentale?

"Prima credevo che le mie storie fossero più generazionali, ora mi pare che le persone cui dico qualcosa non si identifichino per età, ma per il senso di inadeguatezza e Impiccio Che Hanno dentro"



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