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INTERVISTA A PAOLO SALVATORI , EX AGENTE SERVIZI SEGRETI ITALIANI "Per questo, se dal punto di vista politico lo ius soli può essere considerato un doveroso atto di civiltà, dal punto di vista tecnico si rivelerebbe un problema”


Paolo Salvatori è un agente dei Servizi Segreti Italiani ora in pensione. E’ stato direttore del contro terrorismo e della struttura per il contrasto alla proliferazione di armi non convenzionali per conto dei servizi segreti italiani. Ha scritto un libro “Spie?”

Come si diventa agenti segreti?

“E’ l’organizzazione che ti sceglie, non il contrario. Io mi occupavo di commercio internazionale all’interno della macchina statale, in particolare di armi e alta tecnologia. Agli inizi degli anni’80 è stato individuato il mio profilo e ho cominciato a svolgere per il servizio lo stesso tipo di attività, solo con metodologie non amministrative. Poi sono entrato nel settore operativo, cioè ricerca e analisi di informazioni”

Che informazioni?

“Informazioni riservate di interesse nazionale. E’ di queste cose che si occupano i servizi. L’intelligence, a differenza del servizio di sicurezza interna, opera all’estero, in stati nemici o più o meno amici”

In quanti paesi opera l’Italia?

“Questo è il segreto dei segreti. Nessun servizio ammetterebbe di avere agenti all’estero”

A proposito di segreti: le hanno mai fatto la macchina della verità?

“Non posso rispondere a domande così precise”

Restiamo nella teoria. Che qualità deve avere una spia?

“Potrei dire la qualità dell’attore, se fosse che l’attore è un estroverso. Il suo piacere di comunicare è reale, mentre la spia deve sapersi estraniare emotivamente. Quindi direi l’empatia dell’attore e il distacco dell’entomologo”

In una parola, schizofrenico

“Esattamente”

Esistono tecniche per imparare ad esserlo

“Sì. L’addestramento è un percorso parallelo all’attività professionale”

E cosa vi addestrano, nello specifico

“Non posso essere specifico”

Vi insegnano a sparare?

“Saper sparare non è essenziale. Tanto per intenderci, James Bond racchiude in una sola figura tutte le tipologie di agente. In realtà le condizioni tipiche di questo lavoro sono la solitudine e l’attesa. Si può restare ore in una stanza d’albergo aspettando una telefonata che magari non arriverà mai. E la tensione viene soprattutto dalla coscienza di non poter commettere errori. Non è una vita semplice”

E infatti, come spiega nel libro, le intelligence attuano un costante monitoraggio sullo “stato di soddisfazione” dei dipendenti, per individuare eventuali malesseri che potrebbero renderli vulnerabili alle lusinghe di servizi avversari

“E’ una prassi delle intelligence avanzate. Che a tratti può risultare intrusiva”


Immagino non possa essere più specifico

“Per esempio venendo sottoposti periodicamente alla macchina della verità”

Quindi gliel’hanno fatta la macchina della verità?

“Mi sta chiedendo se siamo un’intelligence avanzata”

Mettiamola così

“La risposta attiene a uno dei motivi per cui ho scritto il libro. Nei servizi italiani è in corso un processo di sviluppo e oggi ci troviamo a metà del guado. Per la prima volta è stato nominato direttore dell’Aise (l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna, che ha sostituito il Sismi con la riforma dei servizi del 2007 ndb) un professionista proveniente dall’Intelligence (Alberto Manenti ndb), invece che un ammiraglio della Marina o un generale dei Carabinieri. E’ una rivoluzione da cui potrebbe uscire un’intelligence davvero avanzata. Ma servono altre riforme. In questo senso, il mio libro si propone anche come spunto per gli addetti ai lavori”

Si spieghi meglio

“In Italia manca una cultura d’intelligence. E non mi riferisco solo ai cittadini, ma agli stessi membri dei servizi, ai politici e ai magistrati. Se si conoscesse meglio la materia, l’opinione pubblica potrebbe contribuire in modo significativo al dibattito su temi essenziali come la sicurezza o la privacy. E chi legifera, d’altro canto, potrebbe migliorare l’organizzazione dei servizi, rendendoli finalmente efficienti”

Qual è l’intelligence più efficiente?

“Quella inglese. Lavorano tutti nella stessa direzione. Uno stato perfettamente coordinato che ha nel servizio la sua punta di diamante”

E’ possibile dire che ogni intelligence ha la sua personalità, un po’ come ogni popolo?

“Assolutamente sì”

Allora le propongo un gioco: mi dia un aggettivo per i servizi italiani

“Fantasiosi”

I francesi?

“Incomprensibili. Hanno linee di azione difficili da inquadrare”

I russi?

“Vecchi. Lavorano come se il mondo fosse ancora quello della Guerra Fredda”

I tedeschi?

“Ipertecnologici”

Gli israeliani?

“Diciamo determinati”

E ora la Cia

“Sovrana. Oltre a condurre le proprie azioni, presiede a quelle di quasi tutte le agenzie che condividono gli stessi valori”

Una domanda che molti si fanno: perché in Italia non ci sono stati attentati?

“La polizia risponderebbe: Perché abbiamo pochi musulmani con cittadinanza italiana, quindi appena individuiamo un soggetto pericoloso possiamo espellerlo, e questo impedisce la formazione di cellule di ispirazione jihadista”

 

I musulmani italiani, e probabilmente non solo loro, non apprezzeranno questa risposta

“La jihad si sta de-globalizzando: c’è una jihad belga, una francese e così via. Per questo, se dal punto di vista politico lo ius soli può essere considerato un doveroso atto di civiltà, dal punto di vista tecnico si rivelerebbe un problema”



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