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INTERVISTA ALLA SCRITTRICE MASAL PAS BAGDADI “I sogni dominano davvero la nostra vita reale. Quando sono andata in kibbutz , sola e senza famiglia e senza sapere la lingua, queste è la parte che mi ha salvata”

Masal Pas Bagdadi è nata a Damasco nel 1938 , psicoterapeuta e scrittrice , a soli 5 anni fu costretta a fuggire  in Palestina a causa delle persecuzioni antisemite . Si trovò nel kibbuz Alonim , fondato da poco nelle colline della bassa Galilea. Il suo nuovo libro (Ho fatto un sogno)  la Bagdaddi viaggia nel tempo per obbedire a una Mitzvah (precetto) in cerca del suo personale Tikkun ( riparazione) attraverso la Teshuva (ritorno-espiazione)



A cosa pensava su quell’aereo che la portava a Tel Aviv?
“Mi sono trovata nel cortile della nostra casa a Damasco , nel ghetto. Era l’ora del tramonto , davanti a me la sagoma di Rachel , la sarta che stirava con il ferro a vapore. Cantava e diceva che si sarebbe sposata solo a Gerusalemme. I suoi sogni ad occhi aperti condensavano tutta la nostalgia degli ebrei in esilio”
Com’era il ghetto?
“Un cortile dove vivevano quattro o cinque famiglie . I venditori arabi arrivavano ogni venerdì con frutta e verdura , ricordo il profumo intenso dei meloni e delle susine matura . Scorrazzavano liberi , perché il pericolo veniva dall’esterno e non dall’interno. Eravamo una grande famiglia allargata. Vivo ancora di rendita di quei primi cinque anni , perché mi hanno sempre sentire viva e amata”
Come fu invece nel kibbutz?
“Anche nel kibbutz vivevo un’esistenza collettiva , in sicurezza. Il nemico era fuori. Allora c’era un’idea molto forte intorno alla salvezza dei bambini . Oggi in Siria i bimbi sono usati come scudo. Li fanno esplodere”
E nel kibbutz si gioca la sua doppia identità : la piccola Tune , come la chiamava suo nonno , e la Masal di oggi. Un nome dell’anima , uno per la vita consapevole. Cosa bisogna curare, prima?
“L’anima , è fondamentale. Spesso è inespressa e soffriamo molto più di questo che dei dolori fisici. Da qui nasce Ho fatto un sogno. Tra il reale e l’immaginario , il sogno è la parte più profonda. E’ nostro. Quando uno mi racconta un sogno angosciato , dico sempre : è roba sua , andiamo a vedere perché lo ha fatto , che rapporto c’è con la vita reale”
Ma è più importante la vita della mente o quella dei fatti reali?
“Mi intriga molto la mente , anche se tu devi sapere dove  e cosa fai. I sogni dominano davvero la nostra vita reale. Quando sono andata in kibbutz , sola e senza famiglia e senza sapere la lingua, queste è la parte che mi ha salvata. Non il cibo. Non volevo mangiare. Volevo morire. Per sopravvivere realmente ho dovuto camminare due binari diversi”
Ritorniamo alla doppia identità…
“Il vivere emotivo esce di notte , è legato alla famiglia , alle radici. Io non sapevo nulla. I bambini hanno una capacità incredibile di mantenere vivi certi legami nella mente. Io sono una molto tenace e ho saputo custodirli. Di notte risentivo le voci e ricordavo i gesti dei miei genitori. Così ho memorizzato molti gesti del ghetto. I gesti si toccano. E solo oggi ho potuto tirare fuori tanta esperienza emotiva. Sento il compito di raccontare”
Nel libro racconta come nel kibbutz le convenzioni sociali le imponevano di essere “come mi vogliono” e non “come voglio” rispetto al desiderio di essere amata dagli uomini. Come ha superato questo blocco?
“Anche osservando mia mamma al bagno turco. nella sua scala di valori le priorità erano i figli e la famiglia, sapeva attendere il suo momento. S’immergeva nell’acqua bollente , il suo viso sin illuminava di luce nuova, il suo corpo rosso come il fuoco divampava di calore. Ho capito che l’amore inizia da quell’esperienza intima con il proprio corpo”
E si è salvata?
“Si, mi sono aperta un varco. Dovevo adeguarmi agli altri perché potessero amarmi : era un modo per vivere. La vitalità nasce dalla femminilità profonda , dal sentirsi belli, dal sapere che il nostro corpo ci appartiene. Oggi si fa  confusione tra femminilità e intimità con la sessualità. Io dico sempre alle donne : entrare nel letto di chi vi piace , però uscitene integre. Non lasciate l’ pezzettini , cioè niente dipendenze. Cominciamo da noi stesse a sentirci bene con la nostra pelle”

Con le feste, nel kibbutz, è arrivato anche l’amore
“Ricordo Yom Azmaur , una festa bellissima in Israele a quel tempo. Si ballava , si cantava. Energia allo stato puro. E alla fine sono andata a fare l’amore sulla spiaggia. Non sapevo nemmeno il suo nome. Però faceva parte di quel pacchetto di questa felicità che usciva dappertutto. Questo vuol dire essere liberi: nel momento vivi la cosa in pieno. Senza dover creare chissà cosa dopo. L’amore è mistero”
Nello Shemà ( preghiera centrale nella vita di un ebreo) è scritto :” e la ripeterai ai tuoi figli”. Suo nonno le sussurrava “Dì ai tuoi figli di imparare da se stessi”. Che contraddizione è?
“I figli ti devono seguire e tu hai il compito di dare l’esempio. Ma non puoi sostituirti a loro, devono sbattere la testa. La nostra tendenza è quella di ripetere ciò che conosciamo. Nella mia vita per poter amare gli uomini mi sono dovuta inventare qualche somiglianza con mio nonno. Mio padre era spesso fuori. La base della nostra persona si struttura da 1 a 6 anni”
Il messaggio di questo libro?
“Il passato ci appartiene , bisogna rispettarlo e non trascurarlo, ma imparare a vivere nel presente per prepararsi al futuro. E’ un libro con cui lasciarti andare a occhi chiusi. L’ho scritto per offrirlo agli altri”
Il sogno , la vista al cimitero, il libro : A Masal è riuscito il suo Tikkun(riparazione)?
“Non basta andare a trovare i morti e fermarli sulle pagine di questo libro . Devo continuare a testimoniare per migliaia di ebrei e comunità di paesi arabi distrutte. Ma so che il mio valore personale non ha significato se non è legato agli altri. E’'’ questo che chiamiamo il Tikkun Olam , la vguarigione del mondo. Spero di aver contribuito , spero in minima parte”


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INTERVISTA ALLA SCRITTRICE MASAL PAS BAGDADI “I sogni dominano davvero la nostra vita reale. Quando sono andata in kibbutz , sola e senza famiglia e senza sapere la lingua, queste è la parte che mi ha salvata”

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