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33 anni fa

Nel mese di aprile del 1990 - il giorno preciso non lo ricordo - iniziavo a lavorare nell'azienda in cui sono tuttora. In quegli Anni lì trovare lavoro era ancora facile, bastava bussare e ti aprivano, e il lavoro era generalmente di qualità e tutelato. Dovevano ancora arrivare il pacchetto Treu, la riforma Biagi, il decreto Poletti e il Jobs act di Renzi, ossia tutte quelle "riforme" che nel corso degli anni hanno introdotto ed elevato a valore la flessibilità, un nome sofisticato e un po' altisonante con cui si usava mascherare la precarietà. 

Iniziai in aprile con un contratto stagionale, poi, quando arrivò settembre, mi fu chiesto se fossi interessato a restare in organico in pianta stabile. Sì, avete capito bene, fu l'azienda a chiedermi di essere assunto con un contratto a tempo indeterminato. Io tutto sommato mi trovavo bene, il lavoro mi piaceva e accettai, riservandomi di andarmene in caso avessi trovato qualcosa di meglio. Oggi sono quindi 33 anni che lavoro nella stessa azienda. 

Avere un contratto a tempo indeterminato a vent'anni mi permise di poter pianificare un po' la vita: sposarmi, mettere al mondo figli, fare delle spese ecc. Oggi un giovane deve sapere che quel mondo lì non esiste più, o quasi. Ci sono le cooperative, i contratti co.co.co, co.co.pro, a chiamata, a tempo, contratti che non danno diritto di godere delle più basilari tutele che ai miei tempi era naturale avere. Contratti coi quali è impossibile pianificare qualsiasi cosa, fosse anche l'acquisto di una macchina a rate. 

Ecco, credo che quelli della mia generazione siano gli ultimi superstiti di un mondo che non esiste più.



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33 anni fa

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