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ALICE PHOEBE LOU: IL SOTTILE CANTO DELLA STRADA

Alice Phoebe Lou: con Orbit un raffinato blues dalla strada

Un approccio fieramente indipendente quello di Alice Phoebe Lou e del suo blues che, nato per le strade di Berlino, diventa un raffinato canto che ha catturato una comunità di amanti della musica in tutto il mondo.

Alice è cresciuta su una montagna in Sud Africa ascoltando i dischi di suo padre e studiando teatro e musica presso una scuola Waldorf locale. Nel 2010, all’età di 16 anni, Alice fa il suo primo viaggio in Europa recandosi dalla zia parigina. Qui impara a esibirsi con palle infuocate raccogliendo i contributi dalla gente per Strada (tra alti e bassi, tra Parigi e Amsterdam). Completati gli studi in Sudafrica Alice torna per le vie dell’Europa, questa volta a Berlino. Con la sua chitarra, un piccolo amplificatore e la sua voce ipnotica raccoglie attorno a sé un folto, attento e fedele pubblico alle fermate del metrò e conosce colleghi. Così inizia collaborazioni con colleghi jazzisti, sperimentatori “elettronici” e conosce il polistrumentista Matteo Pavesi che diventa compagno performance.

Dopo il primo lavoro, l’EP Momentum, e dopo due anni di intimi concerti in Europa e in Sud Africa, il 22 aprile Alice Phoebe Lou pubblica il suo primo album: Orbit. Nove tracce che si muovono tra blues, jazz, cantautorato classico ed eclettiche contaminazioni, armonie rilassanti per una voce calda, onesta, elegante e “cruda” al tempo stesso. Registrato tra Città del Capo e Berlino, il disco è prodotto dallo stesso Matteo e da Kyson: tutta condivisione per una scrittura collaborativa e l’apporto di musicisti e dei due continenti. Insieme a loro artisti visivi hanno dato il loro contributo per ogni traccia.

http://www.alicephoebelou.com

Attitudine, necessità o un modo di vivere, la strada torna così anche in studio e si dimostra essere non un’alternativa alle vie usuali della musica, ma piuttosto un bisogno fisico e vitale (oltre che economico) o tutto questo insieme. Questo è il richiamo del contatto diretto con chi cammina per strada e casualmente si trova in quel posto in quel momento e si ferma, con chi semplicemente passa e si lascia stupire, come ci racconta questo suonatore di ukulele per le strade di Torino.

Piove. Oggi non suono.

L’arte di strada non è per tutti. A volte, come in accordo, i passanti nemmeno ti vedono. Altre ti circondano di sorrisi e complimenti. Oggi le strade son vuote. Vuote di sorrisi, vuote di discorsi, vuote di persone. La strada non mi vuole e me lo dice. Suono e canto e tanto mi basta, ma quando il cappello rimane vuoto mi faccio delle domande. Qualche settimana fa il cappello era pieno e i passanti applaudivano. Non è cambiato nulla ed è cambiato tutto. È la strada bellezza.

E poi un pomeriggio di sole pallido, mi vien voglia e torno a suonare. I palazzi e l’acciotolato, i lampioni e le panchine, l’oste con cui ho fatto amicizia, nonna Pia con il nipotino che mi viene a salutare sono il mio posto per suonare. Scaldo la voce e accomodo i testi sul leggìo. Una scolaresca aspetta in coda all’ingresso del museo. Mi guardano e sorridono e anch’io sono un bambino quando comincio a suonare Johnny Cash. The Wall(quella di Johnny) che parla di prigione e di fuga. Sono un poco in carcere anch’io, penso. I bambini si animano, mi accompagnano battendo le mani e ballano. È meraviglioso vedere i loro occhi scintillare mentre cercano di andare a tempo (non tutti ci riescono) e io quasi non riesco a cantare da tanto sorrido. Per una ventina di minuti se ne stanno li ad applaudire e accompagnare, fanno a turno per buttare monetine. Continuo a suonare e non riesco a parlare. Non fosse stato per la maestra saremmo ancora li. È la strada bellezza.

Antimio Deinei

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