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La percezione delle emozioni è condizionata dal contesto

Chi avrebbe mai immaginato che un giorno la Gioconda, l’opera più famosa di Leonardo Da Vinci, sarebbe stata oggetto di ricerca anche da parte degli scienziati.

Sappiamo da anni, ormai, che una delle principali dispute artistiche che riguardano il quadro della Gioconda interessano l’espressione del suo volto. Le linee e le forme del viso che Leonardo Da Vinci ha impresso su tela aprono, infatti, a numerose interpretazioni: per alcuni Leonardo mette in mostra la felicità della donna, per altri, invece, la sua tristezza, per altri ancora vuole nasconderne un segreto.

Sono i ricercatori dell’Università di Friburgo in Germania che hanno tentato di formulare un’ipotesi scientifica sull’interpretazione del volto della Gioconda provando a risolvere in maniera pragmatica il mistero del suo sorriso alquanto ambiguo.

Ai partecipanti all’esperimento è stato mostrato il dipinto di Leonardo insieme ad altre copie opportunamente ritoccate (lungo gli angoli delle bocca) per creare delle espressioni differenti del volto. Le immagini in bianco e nero sono state mostrate in ordine del tutto casuale proprio per non influenzare i volontari al test. Dai risultati ottenuti è emerso che i partecipanti erano in grado di riconoscere nell’immediato la versione originale del dipinto associandola alle copie con le espressioni del viso più felici.

Siamo stati molto sorpresi dallo scoprire che la Monna Lisa Viene Sempre vista come felice: questo mette in discussione l’opinione comune tra gli storici dell’arte>>, confermano i ricercatori, ipotizzando che il nostro cervello è maggiormente predisposto a riconoscere le espressioni facciali positive.

In realtà questa percezione positiva dell’immagine non è però assoluta, ma dipende, per buona parte, dal contesto in cui la elaboriamo. Nel secondo esperimento, infatti, i ricercatori hanno mostrato il quadro della Monna Lisa insieme ad altre versioni tristi del dipinto: in questo caso anche la Gioconda è stata interpretata dai partecipanti come una figura malinconica e non più come una donna felice. Da qui, quindi, la conclusione dello studio pubblicata sulla rivista Scientific Reports: la nostra percezione di ciò che è triste o felice non è assoluta, ma viene sempre condizionata dal contesto in cui si concretizza.



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