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Trump e Sanders: i paradossi del restyling di un impero

La corsa alla Casa Bianca sta entrando ora nel suo culmine. Trump, Sanders, Clinton, Cruz, Rubio. L’anno elettorale è appena cominciato (qui le date più importanti) e si concluderà solamente l’8 Novembre 2016.

Storicamente le tornate elettorale che hanno visto uscire di scena un presidente, dopo due mandati consecutivi, come nel caso di Obama eletto nel 2008 e nel 2012, registrano una rilevante inquietudine dell’elettorato americano e questo si riflette nei boom mediatici di candidati con profili inconsueti come quello del miliardario Donald Trump, tra i Repubblicani, e del senatore socialista Bernie Sanders, tra i Democratici.

Donald Trump, che appare favorito in questo momento nei sondaggi delle primarie repubblicane, rappresenta la massima espressione di un certo tipo di capitalismo. Venerato dagli aspiranti re Mida, benedetto dai tele evangelisti, disprezzato dall’establishment del suo stesso partito e guardato con sospetto dagli operatori di borsa, Donald Trump ha raggiunto il grande pubblico grazie alla pubblicazione di libri come How to Get Rich (Come diventare ricchi) e alla partecipazione al programma  The Apprentice (L’apprendista), una trasmissione della NBC confezionata per far leva sul desiderio degli americani di diventare ricchi e famosi, al di la del produrre o meno qualcosa di valore.

This very expensive GLOBAL WARMING bullshit has got to stop. Our planet is freezing, record low temps,and our GW scientists are stuck in ice

— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 2 gennaio 2014

Il tono provocatorio delle sue dichiarazioni ha coinvolto anche teorie scientificamente comprovate, come quella riguardante il riscaldamento globale, arrivando a definirla una stronzata che deve essere fermata, il pianeta sta congelando, le temperature sono ai minimi storici.

Se il mondo intero guarda con paura alle sue esternazioni (nel Regno Unito una petizione ufficiale per chiedere al Parlamento di impedirne l’ingresso sul suolo britannico ha raggiunto ben 500.000 sostenitori0) l’elettorato repubblicano risponde entusiasta agli stimoli incurante di tutto.

Donald Trump gustoso oggetto di satira per i media americani

Conflitti d’interessi palesi, battute sessiste e apertamente razziste e posizioni di chiusura nei confronti del resto del Mondo, l’hanno fatto paragonare a Mussolini, Hitler e Peron. “Scomunicato” dal papa è stato apertamente criticato da personaggi del mondo economico che di Politica non si sono mai occupati (come Mark Zuckerberg) e costretto politici di vecchia data, ed esperti xenofobi, come il premier israeliano Benyamin Netanyahu, a dissociarsi dalle sue dichiarazioni destando perfino la preoccupazione dell’Onu.

Il socialista Bernie Sanders è invece l’esatto opposto di Trump. Paladino degli attivisti di Occupy Wall Street, parla di equità sociale e di economia sostenibile e responsabile. Porta avanti politiche apertamente socialiste come la sanità pubblica per tutti e attacca apertamente la finanza speculativa, facendo appello a una rivoluzione politica e culturale progressista, senza discriminazioni tra minoranze, qualunque esse siano (etniche, religiose o sessuali).

Come Trump, Bernie Sanders parla in un modo che è molto diverso dalle maniere dell’élite politica. Ma diversamente da Trump, sostiene politiche che si rivolgono ai lavoratori americani senza privilegi e sottopagati. Non solo. Sanders ha promesso di voler portare gli Stati Uniti alla guida della lotta internazionale contro il riscaldamento globale perché “i cambiamenti climatici non sono solo una ‘questione ambientale’, ma anche una questione di sicurezza internazionale”.

Trump e Sanders: l’orgoglio e i valori.

È un’America confusa e spaccata, quella che si avvia alla scadenza politica delle elezioni presidenziali. Ma non si tratta di un semplice fenomeno ciclico, e nemmeno di una transitoria fase politica. Sia Trump che Sanders stanno dicendo cose che sarebbero state impensabili fino a non molto tempo fa. La crisi degli ultimi anni, in tutta le sue forme, anche negli Stati Uniti ha impoverito la classe media e al contempo ha allargato il divario tra ricchi e poveri.

L’identità americana, e la fiducia dei cittadini americani nel Paese e in se stessi, si sono storicamente basate su un ruolo globale di stampo esplicitamente imperiale, che sta ora mostrando tutti i suoi limiti. L’America sta scoprendo che esistono le classi sociali, e non solo la razza. Sta scoprendo che non è più sufficiente l’egemonia militare per rispondere alle problematiche interne ed esterne. Sta scoprendo la crisi consumi (che pesano per il 70% del Pil statunitense) sostenuti dall’uso eccessivo e spericolato di carte di debito e credito e di credito al consumo.

“I tuoi soldi o la tua vita” nella vignetta satirica di Dan Piraro

Sta scoprendo tutti i limiti di una sanità iniqua, che noi abbiamo conosciuto attraverso la serie americana, Breaking Bad, nella quale un uomo normale (un professore di chimica) dopo aver scoperto di essere affetto da cancro ai polmoni, inizia a produrre metanfetamine per poter pagare il conto dell’ospedale. Sta scoprendo la crisi di un impero che si presentava come portatore di valori, e non solo di interessi. 

Di una cosa erano saldamente convinti gli americani: la convinzione di un’eccezionalità morale più che politica; e la sua conclusione, con la sconfitta del grande avversario, il comunismo sovietico, sembrava la più luminosa conferma di un rango, un ruolo, una giustificazione del potere americano con la sua proiezione globale.

Ora la pancia dell’elettorato si guarda attorno delusa, pronta a farsi incantare o a sognare. L’acutizzarsi delle problematiche si riflette nella sfida ideale e (forse) impossibile tra Trump e Sanders e la strada per il futuro e’ segnata. Gli elettori vogliono un cambiamento, sono diffidenti verso la politica dei partiti e sono pronti a sostenere idee più radicali per ottenerlo.

L’unica cosa sicura è l’orgia di denaro in arrivo a sostegno di quelli che saranno i candidati ufficiali dei due partiti. Barack Obama spese 730 milioni di dollari nella campagna elettorale con la quale venne eletto nel 2008 — il doppio di quanto spese George W. Bush quattro anni prima per farsi rieleggere battendo John Kerry, ed oltre 260 volte quello che spese Abraham Lincoln per la sua prima elezione, nel 1860.

Secondo la stima di Albert R. Hunt, un opinionista dell’agenzia Bloomberg, saranno almeno 10 i miliardi di dollari che verranno buttati al centro della pista del grande circo delle elezioni e i principali candidati spenderanno almeno due miliardi di dollari a testa.

La Casa Bianca costa sempre di più ma gli sponsor, per ora, sembrano gli unici a non preoccuparsene. Chissà perché.

 

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