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25 Aprile: una festa ormai obsoleta

25 Aprile. Le avanguardie intellettuali prima e alcuni politici poi hanno capito che alla luce della mutata situazione storica, della globalizzazione, della concentrazione della ricchezza e del potere (finanziario ma anche politico) in un’oligarchia senza patria, che le categoria “destra” e “sinistra” sono superate. Vengono usate ancora per comodità, per semplificazione, per capirsi. Più giusto sarebbe sostituirle con le categorie di “sopra” e “sotto”, che meglio descrivono quei pochi ultra-ricchi e ultra-potenti che stanno calpestando i diritti dei popoli. O, per dirla con Diego Fusaro, giovane e valido filosofo marxista che ne dà una lettura classista, distinguendo fra la classe ultra-capitalista mondialista e la nuova classe ad essa sottomessa costituita da quella che era la borghesia e quello che era il proletariato.

Questa è la situazione storica odierna. Desta perciò sconcerto che in Italia si continui a festeggiare il 25 aprile, rivangando e riproponendo una divisione storica, fra fascisti e anti-fascisti, vecchia più di settant’anni, che non esiste più né ha ragione d’esistere proprio perché il mondo è cambiato nel senso che ho descritto poco sopra.

Con tutto il rispetto per coloro che combatterono per degli ideali contrapposti, è ora di finirla con il 25 aprile! Che fra l’altro, a distanza di tanti anni, ha assunto una dimensione trombonesca e formalista, che la rende obsoleta e fastidiosa.

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