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Israele ha deciso di espellere i migranti per preservare l’ebraismo

Duri tempi per i migranti in Israele : dovranno lasciare il Paese o con le buone o con le cattive. Le buone maniere prevedono che lo Stato israeliano dia a ognuno di loro la somma di 3 mila e 500 dollari, le cattive prevedono l’incarcerazione indeterminata e l’eventuale espulsione dallo Stato di Israele. Sono circa 40 mila i migranti coinvolti, arrivano da Eritrea e Sudan, ma alcuni di loro ora potrebbero finire in Ruanda.

Accadrà dopo l’annunciata chiusura del centro Holot nel deserto del Negev, per la gestione di quelli che lo Stato chiama “infiltrati” e non migranti, profughi o rifugiati. Ce ne sono 1420 nella struttura, 38 mila nel paese e sono arrivati scappando sulla sabbia bollente del deserto in fuga dalla guerra. Eppure Israele li considera migranti economici, perché sono entrati nel paese illegalmente e non li accetta per “preservare il carattere ebraico dello Stato”.

Lo stato dell’Africa orientale, il Ruanda, ha acconsentito ad accettarne diecimila, se Israele pagherà 5mila dollari per ogni profugo che verrà rispedito indietro. L’ong Hotline for Migrant Workers ha già documentato che cosa succede a chi decide di assecondare la scelta e tornare in Africa: minacce e morte. Amnesty International e l’Associazione per i diritti umani hanno mandato una lettera per chiedere di mettere fine alle espulsioni: “il Ruanda non è uno stato sicuro, chi vi arriva si trova senza status e senza diritti, esposto a rapimenti, tortura, traffico di esseri umani, minacce”.  Israele

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