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I miei dieci minuti - Ek Balam e Uxmál

Dicevo: ogni giorno, tutti i giorni, per 10 minuti, fare Qualcosa Che non ho mai fatto. 
Aggiungo: qualcosa che alzi l'asticella, qualcosa che sia un passo avanti, semplicemente oltre me stessa.
Premetto: non ho paura dell'altezza, ma ho il terrore delle scale e sono convinta di inciampare sempre, anche in piano, semplicemente urtando una formica. Credo sia questione di equilibrio, che io ho sonoramente decentrato, e di limiti mentali che non so neanche perché mi sono data, ma evidentemente convivono con me allegramente da tempo.
Fatto Sta Che martedì scorso io ed i Gradini abbiamo fatto un patto: loro non si muovevano e io li salivo e scendevo in piedi anziché con il fondoschiena. Come dice il Jova "non c'è montagna più alta di quella che non scalerò, non c'è scommessa più persa di quella che non giocherò": ecco, stavolta la mia montagna me la sono scalata e la mia scommessa me la sono giocata. Bere o affogare forse, ma quando c'è stato da salire sulla piramide di Ek Balam, 32 metri di altezza per 45 gradi di pendenza (non proprio un giochetto!), ho puntato il primo piedino e un passo dopo l'altro son salita. Mah... Sarà che mentre sali sei concentrato sui gradini, sulla fatica, sul caldo e sugli sbuffi degli altri, fatto sta che arrivi in cima al primo livello e neanche te ne accorgi. Poi ti giri, guardi giù, ti stupisci di quanto sia alto e respiri orgogliosamente a pieni polmoni. Ovviamente a quel punto, fare l'ultimo pezzo di salita e arrampicarsi anche sulla scaletta a pioli di legno fino alla cima è un gioco da ragazzi. La vista dalla sommità è fantastica, si distingue in lontananza la piramide di Chichen Itzá e si vede come la vegetazione copra ancora gran parte del sito archeologico.
Razionalizzo un attimo: per una persona mediamente atletica che sa coordinare testa/gambe/piedi si tratta di stare solo un po' attenta, per una come me, effettivamente un po' imbranata, è stata una vittoria.
Il bello viene quando si deve scendere, perché i gradini sono stretti, si deve procedere quasi lateralmente e soprattutto fare attenzione a dove si mettono i piedi perché ovviamente la scala non è propriamente regolare.
Quando arrivi giù, la sensazione di conquista mista a fatica e sudore è così forte che saresti pronto a farlo di nuovo. 
Tanto che quando mercoledì siamo arrivati a Uxmál,  mille volte meglio di Chichen Itzá, la voglia di rifarlo era tanta. Soliti 32 metri per 45 gradi di pendenza; stavolta unica gradinata fino in cima. La fatica fisica, la concentrazione e il sudore puliscono la mente: diventa tutto qui e ora e quei gradini si mordono come fossero vita. Il regalo a meta è uno spettacolo mozzafiato sulla foresta che a perdita d'occhio copre sicuramente altri tesori; lo sguardo spazia oltre l'orizzonte e, trattandosi di un sito non invaso dai visitatori, il silenzio è assordante.
Scendere quella gradinata unica, ripida e imperfetta ti avvicina alle persone che sono con te, che magari hanno paura come te, che seguono il proprio passo, ma che come te non hanno rinunciato.


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