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Olio da Palma Sostenibile. Coscienza a posto e foreste in fiamme

Olio Da Palma Sostenibile. Coscienza A Posto E Foreste In Fiamme

Il mondo dell'informazione e dei consumi ci mostrano giornalmente come le parole assumono sempre più i contorni sguscianti della propaganda. Il consumatore, il cittadino non deve essere informato ma rassicurato, deve avere la coscienza in pace mentre frasi totalmente svuotate del loro valore semantico si trasformano in proiettili per anestetizzare le masse. Si cerca il consenso di chi compra, spesso attraverso la negazione di una sostanza ritenuta nociva per la salute: senza conservanti, senza coloranti, senza additivi, c'è la moda del biologico, ecco puntuale l'etichette con la dicitura "naturale", "organico", c'è il periodo dei prodotti esterofili ecco puntuale la dicitura "italiano" e se non basta spunta il "fatto in Italia" da "latte italiano", il consumatore inizia a rumoreggiare per l'olio da palma, nessun problema, ecco l'olio da palma da coltivazioni "sostenibili". Ma non ci dicono che cosa si cela tra gli ingredienti. E Che vuol dire? Pochi se lo domandano, pochi guardano al di là dal cartello, il termine "sostenibilità" suona ecologicamente accettabile, semaforo verde, è la moda del momento, km zero e sostenibile, pollice in alto per la nostra coscienza ambientalista. Il mercato dolciario e alimentare, ma anche quello della cosmesi è stato silenziosamente colonizzato dall'olio da palma, è praticamente ovunque.
L'acronimo "RSPO" corrisponde al "Roundtable on Sustanable Palm Oil", una organizzazione agricola, nata nel 2004 che racchiude la stragrande maggioranza dei settori dell' olio da palma: produttori, intermediari, distributori, negozianti, banche ed industrie. Tutti insieme per promuovere e sviluppare un uso sostenibile di questo ingrediente presente praticamente in quasi tutte le abitazioni dei paesi occidentali: Knorr, Kraft, Mulino Bianco, Mars, Buitoni, L'Oreal, Ferrero, Garnier, AXE, Oreo biscotti, Biotherm e tanti tanti ancora. Spesso la dicitura è ingannevole, viene confusa con "grassi o olii vegetali", per esempio è quasi impossibile trovare una scatola di biscotti senza questo ingrediente.
Il cittadino ha il dovere di tenere vivo il proprio "pensiero critico",  non accettare i paradigmi imposti da qualsivoglia governo o gruppo di potere. Delegare la propria vita a terze parti, rende l'individuo sempre più dipendente dai decisionisti, una passività che in maniera graduale ma costante muterà la lotta in qualcosa di opzionale, mentre quest'ultima dovrebbe rappresentare uno dei cardini dell'esistenza umana.
Il RSPO è dunque una garanzia per acquisti che davvero tutelano le foreste del sud est asiatico? La risposta appare alquanto controversa. Numerose sono le critiche a questa organizzazione da parte di "Friends of Earth" : " La certificazione RSPO non basta, perché non controlla se vengono impiegati antiparassitari tossici come il Paraquat  e non è ancora in grado di garantire la piena tracciabilità della filiera. Il RSPO non è una certificazione ancora credibile". Ma anche da "Greenpeace" che ha recentemente pubblicato un rapporto dove si evidenzia come gli incendi che negli ultimi mesi hanno distrutto le foreste torbiere del Borneo sono stati provocati da compagnie produttrici di olio di palma cosiddetto “sostenibile”. Le piantagioni incriminate sono di proprietà Delle compagnie indonesiane IOI Group, Bumitama Agri Ltd e Alas Kusuma group. Aziende che fanno parte di importanti enti di certificazione di sostenibilità, tra cui la Tavola Rotonda per l'Olio di Palma Sostenibile (RSPO) e il Forest Stewardship Council (FSC). Per il WWF invece il RSPO rappresenta un ottimo strumento per aprire un dialogo tra industrie, gruppi ambientalisti e consumatori. Anche se, come ammette lo stesso WWF c'è ancora molto da fare per ottenere una tracciabilità ottimale.
Uno studio ancora più approfondito del gruppo "Enviromental Investigation Agency" (una ONG britannica con oltre 30 anni di esperienza) si chiede chi dovrebbe controllare i controllori, ovvero tutta quella squadra di ispettori che rilasciano cetificati ed autorizzazioni per un uso sostenibile delle foreste pluviali interessate dalle coltivazioni.
I principali standard di controllo del RSPO sono per  la trasparenza delle norme legislative di ogni singola Nazione interessata, il rispetto dei lavoratori, il divieto di distruggere qualsiasi parte di  "foresta Primaria" o ad alto valore di conservazione, oltre che la tutela dei valori e dei diritti delle comunità locali. Infatti le Compagnie per l'Olio da Palma non possono acquistare parti di foresta per la coltivazione senza il precedente consenso delle comunità indigene. Negli Standard, però, non sono vietate le zone ad alto contenuto di torba, potenzialmente molto inquinanti, se poi, come spesso, succede quei tipi di terreni sono dati alle fiamme. Secondo il Rapporto, inoltre, questi "controllori" sono protagonisti di ripetute inadempienze: sono carenti sulla salvaguardia dei diritti degli indigeni, non riportano eventuali abusi sui lavoratori, e mostrano notevoli lacune nel controllo degli standard ambientali stessi. Esiste un comitato di vigilanza che dovrebbe valutare tutte le inadempienze circa regolamentazioni, autorizzazioni e certificazioni. Putroppo numerose Compagnie di olio da Palma soggette  a queste critiche sono le stesse che ricoprono ruoli attivi nel comitato, un conflitto di interessi dei più classici.
Tramite alcune interviste con delle comunità indigene in Indonesia si è scoperto delle forti pressioni esercitate dalle Multinazionali dell'olio da palma per ottenere  zone di foresta da disboscare. E che dire del permesso accordato alle compagnie PT Henrison Inti Persada e PT Pusaka Agro Lestari per una zona di circa 70 mila ettari nella quasi totalità foresta pluviale, nella zona della provncia in Papua Nuova Guinea, considerata ad  altissimo interesse ambientale per biodiversità. Le due compagnie sono sussidiarie del gigante energetico Noble Group, che  ha visto le proprie quotazioni crollare del 65% nel solo 2015. Un effetto domino causato anche dal più grande Fondo Sovrano Pensionistico del mondo, quello norvegese, che ha disinvestito negli ultimi anni da quasi tutte le industrie dell'olio da palma, giudicandole potezialmente pericolose per l'ambiente. Appena qualche mese fa un'ulteriore concessione di foresta pluviale ha scatenato le proteste della EIA (Environmental Investigation Agency). L'area interessata delle dimensione dell'isola di Manhattan, ospita numerosi oranghi e leopardi, già minacciati in altre zone. La compagnia che ha ricevuto il semaforo verde per le sue coltivazioni di olio da palma "sostenibile" si chiama "PT Sawit Sumbermas Sarana" e vanta un ottimo curriculum di crimini contro l'ambiente, arrivando, nel 2000, ad essere nominata tra le peggiori 18 compagnie per disboscamento illegale nel Paese. Non ci sono certificati e se ci sono non sono stati verificati dalle autorità competenti. Nel Borneo, per citare un area ad altissimo interesse ambientale, con una biodiversità unica la mondo, oltre il 10% del territorio è già stato convertito ad uso agricolo per l'olio da palma
Eppure nonostante le critiche, le inchieste delle varie organizzazioni ambientaliste, questi giganti industriali continuano a cavalcare l'onda del mercato: sono dei treni lanciati a folle velocità, spinti da una società che per anni, ignara di tutto, ha alimentato il combustibile dei profitti e degli introiti a zeri esponenziali. L"IOI Group" è una  multinazionale che raggruppa numerose sussidiarie, dopo gli esordi nel settore del gas, nel 2015 il 55% degli introiti arrivano dall'olio da palma con 152 mila ettari di piantagioni in Malesia e 83 mila in Indonesia. Il fatto risale a qualche giorno fa quando il deficitario e criticato RSPO decide, a sorpresa, di sospendere proprio l "IOI Group" e proibirne la vendita del suo olio da palma come "sostenibile", troppe violazioni delle leggi locali, troppi permessi non autorizzati. La multinazionale malesiana ha quindi deciso di portare in tribunale il RSPO, per danni, visto che numerosi acquirenti tra cui Nestlè, Mars e Ferrero hanno sospeso la fornitura di olio dalla "IOI". 22 associazioni no profit ambientaliste stanno spingendo più compratori a cancellare i loro contratti. Sono sempre più frequenti, del resto, le inchieste sugli abusi ai lavoratori nelle piantagioni dell'IOI.
Del resto, io stesso sono testimone oculare, qui a Singapore, di un fenomeno altamente inquinante e dannoso per la salute umana: l'Haze, questa fitta nebbiolina con odori di legno bruciato, altro non è che il fumo delle foreste indonesiane date alle fiamme per le varie coltivazioni di olio da palma. Stiamo parlando di crimini contro l'umanità, così almeno la vede un articolo del "The Guardian" , che riporta cifre spaventose: almeno 500 mila casi di infezioni polmonari nella sola Indonesia. Nella sola Sumatra l'indice di inquinanti (PSI) stabilisce che ogni parametro sopra 300 è considerato pericoloso per la salute, qui ci sono dati intorno a 2000!!! Le promesse da parte della politica indonesia si sciolgono come neve al sole, un sole fatto di corruzione, scarsi controlli ed un mercato mondiale che continua a richiedere olio da palma per i propri alimenti e cosmetici.
Un sistema dunque quello dell'Olio da Palma sostenibile (RSPO) che assume più i contorni di un palliativo, qualcosa per mettere i consumatori in pace con la propria anima verde, mentre a migliaia di km di distanza va in scena lo stesso drammatico film dove diritti umani, lavoro minorile, inquinamento, corruzione e devastazione di fette di pianeta sono eventi oramai all'ordine del giorno.
Ancora una volta il cittadino deve riappropriasi il diritto/dovere decisionale su ciò che acquista. Giudicare la gravità di un problema dalla sua distanza con la nostra quotidianità ha dimostrato quanto pericolo possa essere. Bisogna mettersi in gioco, mettersi in discussione ed ammettere che quel determinato prodotto comperato per anni è dannoso alla salute del pianeta e quindi alla nostra. Siamo sempre in tempo a cambiare, uno, dieci, cento e migliaia di persone che superano questo limite mentale posso divenire la legione di un cambiamento globale. Arriverà un giorno che quei problemi che valutavano lontani e inconsistenti busseranno alla nostra porta o quella delle generazione future, e forse sarà troppo tardi comprendere.... ....maremmacinghialaaaaaaaaaaaaaaaaa


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