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GALASSIA MADRE

Hasta internauti. Stasera synth-concert dei Redstar Melody’s sulla Cintura di Orione. Il palco volante approderà alle 8 stazioni su un percorso centripetico di fionda a sorpresa…

Oggi mi viene che è un post da racconto. Metto un breve soggetto del 2007, già pubblicato in ebook su Indeed Stories 6 (2012 e 2021) e nel libro 50 sfumature di sci-fi (2013). Buona lettura.

GALASSIA MADRE

Quasar. Acronimo di Quasi Stellar Radio Source (sorgente radio quasi stellare). Corpo celeste con una rilevante emissione di onde radio dall’aspetto affine a una stella.

Il mio errore più grande… soprattutto dando per scontato che fosse veritiero il mio credere, indotto. Ho vissuto tutta la vita considerando scienza e poesia assolutamente non compatibili, agli antipodi del modo di essere e pensare.

“Invece qui…”

L’orizzonte mi parla, e mi dice quello che ho sempre voluto sentire.

L’orizzonte si esprime seguendo lo scorrere dei suoi pensieri, ora li capisco… sono i miei pensieri.

L’orizzonte è il confine, lo specchio dell’anima… e di tutte le anime, che ci prospetta i nostri desideri e le nostre paure, perché quello abbiamo voluto vedere.

Deliri allucinanti! Assolute bugie!

L’orizzonte sono io. L’orizzonte siamo noi…

L’orizzonte è.

E il suo soffio vitale… è Quasar.

Qui scienza e poesia sono uno stato ‘naturale’ unificato, posso esprimermi in ‘poetico’ o dibattere in ‘scientifico’ e non ritrovo differenza in quello che provo.

“E vedo le quasar…”

Le quasar non sono corpi celesti leggendari posti a chimeriche distanze incalcolabili. Ci appaiono come normalissime stelle e, in rapporto, sono a noi molto vicine. Sono galassie-figlie partorite da galassie-madri, unite tra loro da veri e propri collegamenti materiali come un cordone ombelicale di cui rimane traccia, anche quando diventano “adulte” e si allontano dal “nido” di origine per compiere il loro destino universale.

Questo comportamento delle giovani quasar e l’essenza della loro relazione più che confidenziale con la galassia madre, comprova fuori d’ogni dubbio che l’universo stesso non si sarebbe manifestato qualche miliardo di anni fa deflagrando con un unico e immane botto, ma si tratta bensì di un processo continuativo – eterno – per un universo incessantemente simile a se stesso. Simile al parto? Poi alla vita e alla morte? Come noi umani, né più né meno?

Per rimanere metaforicamente in tema, possiamo anche dirlo. L’universo non ha origine, è sempre esistito. Galassie e stelle muoiono, galassie e stelle nuove nate prendono il loro posto. Il cuore delle galassie è il grembo per la creazione, l’universo apparente il posto in cui il “creato” può vivere e morire. Un eterno movimento dove, in realtà, nulla succede.

Arp aveva ragione, perlomeno non talmente torto da considerarlo fuori strada. E con lui e i suoi quattro cavalieri dell’apocalisse, se così vogliamo definirli: Burbidge, Hoyle, Ambartsumian e Narlikar. Stando alle sue supposizioni – che gli costarono piuttosto care sbattendo nell’atrofia di un ambiente cattedratico conservatore – l’universo evolverebbe mantenendosi in una configurazione stabile e autoregolata. La genesi della creazione della materia si localizzerebbe nel centro Delle Galassie Madri, e invece la sua origine fisica primaria sarebbe l’energia di punto zero che erompe dal vuoto quantistico, assicurando un’unica creazione ripetuta in eterno ovunque nell’universo. Nessun singolo punto di partenza in era arcaica.

Esatto, con qualche pecca tipicamente sciento-razionale. Peraltro, di più non si può pretendere. Immettendo un osservatore le cose finiscono per essere “realmente”, anche quando non esistono.

Gli sproloqui, in effetti, sono il mio pane. Lo erano… Da vivo, venne quel famoso momento in cui si combinarono eventi in una ben precisa forma di mente/materia/spazio/tempo: straparlavo di quasar, ero ubriaco fradicio, mi trovavo all’università, stavo dando l’ultimo esame. Mi soprannominarono Redshift, e, nonostante tutto, divenni comunque un astronomo. Osservare il cielo era il mio lavoro, il mio diletto, la mia vita. Parlarne anche, non facevo altro. Osservare e parlare di quel che vedevo… o non vedevo ma stavo cercando.

In questo breve lasso in cui sono sì morto, fisicamente, e la mia coscienza individuale non è ancora in fase di riassorbimento nella coscienza universale, e ha ancora a disposizione la mente con tutti i suoi dati, ricordi e desideri, posso trovare una delle risposte che mi ha assillato in vita. Una per tutte: – Quale è la verità?

C’è un percorso che vedo disteso davanti a me, al mio essere attuale, ne percepisco chiaramente la linea come fosse illuminata a mio esplicito uso tra la distesa di cordoni ombelicali simile a una ragnatela cosmica tridimensionale. Un percorso da compiere a ritroso, per sapere, capire una volta per tutte… “Qual è, allora, la verità?”

Ecco il mio ragionamento, stilato simile a un telegramma e sintetico come un piano d’azione militare, e assolutamente contrario a quello che è sempre il mio dilapidatorio modo d’esprimermi.

Quasar. Le quasar sono le figlie delle galassie madri. La quasar cresce, si distanzia dalla madre e diventa galassia. Restano tracce dei cordoni di raccordo.

Quasar. Galassia madre. GALASSIA MADRE.

GALASSIA MADRE. Dio. Verità.

“Vado!”

Andrò a visitare la Galassia Madre delle galassie madri. So dov’è. Mi basta affrontare la strada, entrare nel suo nucleo e…

Rieccomi, giusto in tempo. La mia coscienza individuale sta iniziando a epurare le tracce di umanità permase. Ma la mente che avevo in dotazione era forte, ci vorrà un po’. La coscienza universale sta richiamandomi in Sé. Già comincio a comprendere molte cose, a giustificarne altre…

Avrei potuto aspettare e la risposta mi sarebbe arrivata senza andarla a cercare. Qual è, infine, la verità?

Ho scoperto che Dio… È comunque inutile che ve lo dica. Perché togliervi la sorpresa? Lo scoprirete lo stesso al momento giusto. Tutto il resto è sogno.



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