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Sommerse inquietudini di Romagna: "Attitudine alla notte" di Massimo Padua

(di LUCA RAIMONDI) - La piccola e media editoria è da tempo la riserva indiana in cui sopravvivono gli autori che sono soliti frequentare la letteratura fantastica, l'horror, il noir psicologico e intimista. In questa riserva potete incontrare autori di grande interesse, uno dei quali è senza dubbio il ravennate Massimo Padua. Ravenna è una meravigliosa città romagnola in cui ho avuto il piacere di vivere e lavorare per diversi mesi (non dimenticherò mai la finale mondiale del 2006 vista sul maxischermo di Piazza del Popolo assieme ad altre cinquemila persone), la città in cui peraltro ho potuto conoscere di persona Eraldo Baldini, che dell'horror italiano è uno degli esponenti più illustri, anche se negli ultimi anni ha deciso di esplorare altri generi, raccontare altre storie, decisamente meno gotiche ("Gotico rurale", mamma mia, che capolavoro, una pietra miliare...).
La gioia di vivere e la solarità della Romagna nasconde evidentemente inquietudini e terrori sommersi (anche in ambito cinematografico già il Pupi Avati di Zederci aveva mostrato il lato oscuro della vicina Rimini), o forse è soltanto che da quelle parti, tra un bicchiere di Sangiovese e uno di Trebbiano, la creatività si eleva ai massimi livelli. Ecco allora che negli ultimi anni, grazie anche a una casa editrice locale (ma con diffusione e risonanza nazionale) come Fernandel, abbiamo registrato alcune ottime narrazioni di Massimo Padua, contraddistintosi in particolare con un terzetto di pubblicazioni di altissima qualità: "La luce blu delle margherite", "A un passo dalla luna piena" e "L'ipotetica assenza delle ombre". In questi libri, specialmente nell'ultimo, la realtà è qualcosa di sfuggente, le porte di mondi sconosciuti sembrano sempre sul punto di aprirsi. E se "Oscura" è il nome della collana curata per l'editore Tombolini da Padua, anche nell'ultima sua pubblicazione "per adulti" (successivamente Padua ha pubblicato un romanzo per ragazzi) la dimensione oscura è preponderante rispetto al dominio della luce: "Attitudine alla notte" è infatti il titolo di un denso e inquietante romanzo pubblicato da Runa editrice nel 2016. L'inquietudine è già nella prima pagina ed è evidente l'operazione di disvelamento di una psiche contorta che Padua compie con pennellate sicure e ben calibrate: "La mente compie contorsioni azzardate, si infila in traiettorie che non le sono congeniali e, nello sforzo, mi tira dei brutti scherzi. Mi fa vedere cose che non posso essere, che non dovrebbero esistere, fino a portarmi a dubitare della mia stessa vita. Le percezioni sono sfuggenti, mutevoli, le immagini sono burattini dietro un sipario grottesco, mani che si intrufolano in guanti sdruciti" (p. 9). E, a seguire, tanto materiale per lo psicologo della mutua: un padre violento, poi con l'età ridotto per una qualche malattia a un silenzioso cumulo di bava, piscio e merda (l'orrore del silenzio) che la morte si porta via "troppo tardi". Il male ha lasciato tracce indelebili nel protagonista, un io narrante che da subito si presenta labile e inaffidabile, il lettore è avvertito.
E seguiamolo, allora, questo protagonista di nome Gabriele, che non sa più chi è né cosa è diventato e che per sì e per no, incapace come suo padre di costruire un rapporto sereno e solido, ha lasciato la moglie, con cui pare intendersi meglio da quando "le mutande non vanno più in lavatrice insieme a quelle di lei", e adesso vive da solo, afflitto da un'insonnia che lo consegna alla notte come una vittima sacrificale, anche se lui non sembra rendersene conto. Del resto, neanche da bambino aveva paura del buio, semmai di suo padre, l'unico vero mostro del suo universo. "Non ho mai pensato al buio come a qualcosa di spaventoso o a un contenitore di mostri e fantasmi che attendono il calare delle tenebre per uscire da sotto il letto per tormentarti. Nemmeno da bambino l'ho temuto. L'unica cosa di cui avevo paura da piccolo era mio padre" (p. 13).
La famiglia intesa come un microcosmo drammatico, che non offre rassicurazione ed alcun appiglio per la salvezza era già il tema principale de "A un passo dalla luna piena": qui Padua effettua quella che definirei, dal mio punto di vista di appassionato del genere, "sublimazione gotica" di quello stesso tema. Nella notte, i sensi di Gabriele sembrano pian piano assumere una potenza inusitata o forse, più che altro, cominciano a tradirlo. Ogni dettaglio assume caratteristiche ambigue. L'insegna del ristorante di fronte sembra voler comunicare qualcosa, ogni angolo di strada emana un sentore di pericolo e la sensazione di essere osservati aumenta pagina dopo pagina. Per di più Stefano, il suo migliore amico, sembra scomparso nel nulla e Gabriele rischia un incidente pensando di vedere una creatura nera e fluttuante, dalla bocca deforme. Nelle prime cinquanta pagine Padua insinua brividi sottili in un'atmosfera kafkiana che meriterebbe una trasposizione filmica a opera di Polanski o Lynch. Poi, per qualche capitolo, il protagonista si compiace delle sue "memorie dal sottosuolo" e gira un po' a vuoto, in un turbinio di considerazioni forse qua e là ripetitive, ma che contribuiscono a rendere vivida l'angosciosa ossessività del protagonista. A riportare Gabriele alla realtà e il lettore a una parvenza di trama, arriva presto la prima cena dopo due anni con la ex moglie, in cui il monologo del protagonista si diluisce in un dialogo colmo di insidie, di sarcasmi, di rancori mai del tutto evaporati e di confessioni illuminanti. Da questo momento in poi, descrivere gli sviluppi sarebbe un vero, sanguinoso e orrendo delitto, vi basti sapere che assume una certa rilevanza il personaggio di una cartomante sensitiva e che un decesso è dietro l'angolo...
"Attitudine alla notte" è uno dei romanzi più sottilmente perturbanti della letteratura italiana degli ultimi anni, avrebbe certamente meritato più attenzione. Le suggestioni gotiche sono calibrate molto bene, l'approfondimento psicologico non è mai invadente, la prosa di Padua è elegante, letteraria, ma senza eccessi retorici, forse qua e là un editor scrupoloso potrebbe reperire qualche lungaggine o ripetizione, ma chi come me è un appassionato lettore di Stephen King, vale a dire uno degli scrittori più incredibilmente prolissi (per quanto spesso in modo piacevole) della storia della letteratura, perdona senza problemi qualche paragrafo di troppo.



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