Get Even More Visitors To Your Blog, Upgrade To A Business Listing >>

Qualcuno credeva in te. Antologico

Qualcuno credeva in te. Antologico

Iannozzi Giuseppe

LE PORTE DEL PARADISO

Saremmo dunque nati
per essere dei perdenti?
Oh, il domani,
il domani appare così lontano,
una spiaggia che non si arriva.
Eppure, devo andare avanti, avanti
come se questo momento fosse il primo,
come se fosse il primo vagito
che il mondo dalla mia gola raccolse.
Come fu che persi così tanto
senza rendermene conto quasi?
Come fu amare e ancora amare?
Un giro di giostra? Mille bianchi stalloni,
mille impronte lasciate sulla battigia bagnata
dal fragore d’un mare mai quieto:
sol questo resta dei tanti amori disperati,
voluti, temuti. Un perdere così, senza senso.
E mai un rimpianto. E mai uno che dicesse il vero,
il bianco e il nero.

Alle porte del Paradiso non bussare.
Ti vengo a trovare, ogni notte. Ogni notte.
Tu quasi non te ne rendi conto.
E’ dunque questa la pena che c’inflissero:
saperci vicini, trovarci lontani.
Oh, poter infrangere questa lontananza
che ci divide… se solo fosse possibile
respirare aria!

Odo una voce, una voce
che s’insinua nel cuore:
lo trafigge col suo algido stiletto.
E poi, e poi nulla più. Nulla più,
in eterno.

ANALE

Mi pensasti, poi dimenticasti
la mia essenza, e diventasti
una che parlava nella manica:
ero per te un’altra Liala
e non la Penna e il Calamaio.
Com’è che non t’accorgesti ch’ero
sesso anale? tutte le stelle
a cielo scoperto di Whitman?

INVERNO

sì, Qualcuno Credeva in te
com’è che ti sei venduto?

in un girotondo di convenienze
ora vendi il giorno e la notte
e a tutti vai dicendo
che è stato facile inciampare
alzare lo sguardo e andare avanti

ma l’inverno ti gela il culo
come ti sei venduto

SECOLO

Finirà
anche questo Secolo:
faremo una gran festa
di peti petardi specchi,
sognando Dioniso
– la sua faccia di tolla –
e la sua folle scatola
dell’Ingegno.

Finirà
anche questo panico.
Ma non noi.

STELLE ALPINE

Nell’ignoranza
la saggezza dei monti,
di chi li abita ancora,
la memoria dei partigiani
e di mille stelle alpine.

La Nebbia
si scioglierà
con la nostra voce,
non nella sua eco.

LA SETA DELLA NOTTE

Quel Giorno Pensavo Che,
che non l’avrei più rivista,
e che ogni montagna sarebbe franata
e che ogni mare si sarebbe ritirato.
Quel giorno pensavo che,
che non ci sarebbe più stata
la luce del giorno né la seta della notte.
Ed invece è ancora la sua carezza
a sfidare il mondo; è la sua dolcezza
a dar un senso alle lacrime e al sole.

Questo è un giorno felice che,
che si spande in ogni contrada e strada:
lei canta e balla, e il vino scorre a fiumi,
e nessuno si ubriaca più del giusto
e lei sorride un arcobaleno di teneri colori,
mentre due zingari si stringono stretti stretti
– un po’ piangendo, un po’ ridendo –
aspettando l’abbraccio del crepuscolo.

LA TUA LINGUA

Affascina la lingua che è tua,
il sapore che regali al giorno,
alla notte. Affascina lo spirito tuo
che si fa corpo di emozioni,
gravidanza di speranze, di incontri
che all’alba sono riflesso, gioia
da portare dentro al cuore
mentre i nostri passi trasciniamo
lungo le noiose solite strade.

AMORE MIO BELLO

Che te ne farai di Te,
Amor mio bello,
ora che di Te solo
un ritornello, quello
solito abusato scassinato?

Che te ne farai di Te,
Amor mio bello,
ora che di Te solo
la bellezza
che non ricordo?
ora che di Te solo
un verme sotterraneo?

Non lo so io.
Ma sono qui,
sono ancora bello,
sono ancora tormento
e canto, e canto
– libero prigioniero –
come un fringuello.

Non lo so io.
Ma sono qui,
ancora mi faccio abbindolare,
ancora prendo il volo,
ancora rischio un tenero
inesorabile cadere
e canto, e canto
– libero prigioniero –
fra l’incudine e il martello.

USQUE AD MORTEM

Ora, ora prendete un poeta, ditelo poeta, rendetelo vile ai suoi stessi occhi: regalategli questa memoria.

Ora, ora prendete un idiota, fatelo senatore a vita, ditegli che la sua vita è finita: regalategli questa garanzia.

SUPERFLUO

C’è che sono stanco: non è colpa tua. Avevo tanti progetti in corso. Poi c’è che sono calmo. Ma non è per te, ho solo voglia d’un ritiro. C’è che devo proprio vendere il superfluo al primo sconosciuto che mi capiterà a tiro. Solo che tu, tutto questo non lo puoi capire perché non ci sei mai stato dentro come me.

IN AUTUNNO

Sembri un’anima in pena: il tempo non t’ha cambiata. Al bruno dell’autunno ti sei venduta. Del resto, forse è stato meglio così: non avevi un sogno per cui vivere, né un satiro che baciasse il tuo capo bruno.

LORO

Prese il giornale in mano. Veloce lo sguardo arrotondò le pagine fino ad incontrare quella che gl’interessava: aveva trovato la sua firma e l’articolo amputato. Il disgusto era il sorriso che poteva permettersi dopo aver presentato le sue dimissioni al Capo Redattore. Non era pentito ma neanche orgoglioso, perché la firma, quella c’era; e gli altri non lo sapevano mica che lui non c’era stato al loro sporco gioco. Tutti avrebbero pensato che invece sì, che lui era sporco quanto loro, leggendo quel fottuto giornale dove ancora campeggiava la sua firma, anche se non gli apparteneva più.

IL VIZIO

Il più spettacolare vizio dell’umanità è quello di rendere pubblici i suoi propri vizi. E forse è un bene, altrimenti l’opinione pubblica non potrebbe neanche nutrire l’illusione che al mondo possa esistere una qualsiasi (forma di) verità, fosse anche e solo inventata di sana pianta.

TOMBAROLI

C’è chi solo legge. C’è chi solo scrive. Non cambia il risultato finale: entrambi sono due tombaroli.


Archiviato in:arte e cultura, cultura, Iannozzi Giuseppe, poesia Tagged: amore mio bello, anale, Iannozzi Giuseppe, inverno, lingua, pensieri, poetryslam, porte del paradiso, qualcuno credeva in te, secolo, seta della notte, stelle alpine


This post first appeared on Iannozzi Giuseppe – Scrittore E Giornalista | Ia, please read the originial post: here

Share the post

Qualcuno credeva in te. Antologico

×

Subscribe to Iannozzi Giuseppe – Scrittore E Giornalista | Ia

Get updates delivered right to your inbox!

Thank you for your subscription

×