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Autori in cerca di lettori vuoti di cervello e copertine patinate spacciate per romanzi

Autori in cerca di lettori vuoti di cervello

e copertine patinate spacciate per romanzi

Iannozzi Giuseppe


Autori in cerca di lettori vuoti di cervello

L’autore? Direi che Luigi Pirandello ha detto molto bene in quel Capolavoro de i personaggi in cerca d’autore.
Perlopiù gli autori sono dei fantasmi in copertina che appaiono (e scompaiono): la loro anima è nella fotografia, in quella d’agenzia, e che sta in quarta di copertina o nei risvolti. Per dire: autore e uomo non coincidono affatto, l’autore è un idealista, si disegna tale, nelle sue opere è un uomo bellissimo e che tutti non possono non amare, è un Adamo che non farebbe male a una mosca e che è sia per la difesa di Caino che di Abele. Ma una volta fuori, una volta che te lo trovi vis-à-vis, con il suo libro sottobraccio (che è poi la sua anima nella foto di copertina), ci vuole un momento per capire che gran carogna è. L’autore non coincide mai con l’identità dell’uomo: sono due esseri diversi, l’autore è un’invenzione dell’uomo, e l’uomo non è buono, è carogna per natura e riesce con fare faustiano a disegnare un autore bello e impossibile cui affidare i personaggi delle storie che poi l’autore scriverà. Ecco spiegato perché la foto di copertina è tanto importante, è anima, è fantasma, e senza di essa il libro non funzionerebbe, o forse sì, ma male. Resta che l’uomo è brutto, una cosa venuta su male che di divino non ha niente. E però è molto animale d’istinto e non risparmia nessuno: capace d’ammazzare così come di spacciare droga e di farsi terrorista serial killer portaborse… malato di mente.

Scrivere e parlare

Gli strumenti per comprendere ci sono, e sono alla portata di tutti senza troppi sforzi: se si ha bisogno di un dizionario, ogni biblioteca ne ha almeno uno.
Allora: una cosa è scrivere in maniera ‘barocca’, tutt’altra è saper scrivere attenendosi a delle precise regole grammaticali e sintattiche. La lingua è un dono e come tale andrebbe adoperato, senza abusarne. Eppure: vogliamo forse negare la bellezza dei periodi circonvolùti di Gogol’, ad esempio? Tolstoj pianse quando l’amico perse il senno, quando gettò i suoi scritti nel fuoco. Questo per dire: non tutto quello che appare complicato è realmente complicato, forse basterebbe un po’ di buona volontà, quella che spinge l’uomo a imparare e migliorarsi. Saper esprimersi correttamente, con proprietà di linguaggio, non è un accessorio, è invece una necessità, oggi più che mai inderogabile: le nuove generazioni non sanno né parlare né scrivere; proponi loro un tema, dopo due ore è già tanto se sono riusciti a buttare giù un pensierino di quattro righe sgrammaticate.
Il modo migliore per tenere in catene un popolo è quello di offrirgli l’ignoranza, di dirgli ripetutamente che è cosa buona. La gente ascolta i pochi che sanno parlare, che sanno essere purtroppo anche machiavellici, e non capiscono… capiscono solo che gli si sta dicendo, “restate nell’ignoranza, a tutto il resto ci pensiamo noi”.
Saper parlare e scrivere in maniera chiara e non banale: se hai dieci parole a disposizione non potrai mai farti capire, forse solo a gesti, ma da un piccolo clan che usa i tuoi stessi gesti e li sa interpretare.

Copertine vuote di storie

Sull’abominevole stato dell’editoria italiana e non, ci sarebbe molto da dire: ma non basterebbe né un saggio, e temo nemmeno un’enciclopedia intera. Mi limiterò dunque a dire che vengono stampati, ogni anno, milioni di libri: e solo un centesimo merita d’esser preso in visione. Un esempio banale: se da un milione di libri stampati, con tanto di ISBN, si salva un titolo, dobbiamo considerarci ben più che fortunati; questo titolo non è però detto affatto che arriverà ai posteri o che supererà indenne l’oblio, in agguato in una parentesi di tempo di appena dieci anni.
Dopo questa necessaria premessa, arriviamo al clou: esistono libri che possono essere tranquillamente giudicati dalla copertina, o da una parte di essa senza neanche sprecarsi di portare lo sguardo sulla quarta di copertina o alle“indicazioni e precauzioni d’uso” nei risvolti. Di libelli stampati e portati a ingombrare gli scaffali delle librerie, purtroppo, troppi davvero: non si nega il diritto agli autori di scrivere corbellerie né si vuole indicare agli editori di non stamparle, però l’invasiva mole di libri inutili finisce con il mettere in ombra libri e autori veramente validi. Oggi entrare in un megastore o in una più modesta libreria a conduzione familiare è un po’ come immergersi in un pornoshop; a far triste mostra di sé copertine patinate, di culi tette e gambe all’aria. Per chi non è uno spietato moralista, lo spettacolo produce un mezzo cachinno: un po’ disgustato e un po’ arrabbiato, le mani finiscono col palpare le copertine per arrivare a una tragica conclusione, una risata afona che è di per sé giudizio critico.


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