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Josyel. “Notti di Versi Insonni. Diario di veglia” – Intervista all’Autrice – Come essere toccati dalla mano di Dio!

“Notti di Versi Insonni. Diario di veglia”

Josyel. Intervista all’Autrice

Come essere toccati dalla mano di Dio!

di Giuseppe Iannozi

1. Josyel, “Notti di Versi Insonni. Diario di veglia” (StreetLib) è la tua prima prova poetica, un esordio che non lascia indifferenti. Prima di parlare delle tue poesie, potresti darci qualche delucidazione sul tuo nome d’arte?

Buongiorno a te, Giuseppe. All’anagrafe sono Giuseppina, una tua omonima, ma vengo chiamata da sempre in molti modi diversi; avendo poi svariati hobby, preferisco usare pseudonimi specifici per ogni attività. Tutti derivano dai miei nomi o soprannomi: nello specifico Josyel deriva da Giusy Elle (nome utente per Facebook) come da Giusy L. (la mia firma in documenti non ufficiali) e si ispira alla figura di Jophiel, l’arcangelo guardiano dell’Albero della Vita nel giardino dell’Eden. Il suo nome significa “Bellezza di Dio” e il suo compito è quello di mostrarci la bellezza del mondo che ci circonda e l’armonia delle cose oltre che essere fonte di creatività artistica e illuminazione. Mi sembrava il nome perfetto per il mio ruolo in ambito letterario, ma anche perché mi identifica appieno nel mio bisogno di estetica e desiderio di comunicare il bello. Ho la fortuna di operare in vari ambiti artistici, a partire dal mio lavoro come orafa, e la bellezza è il mio pane quotidiano, senza il quale vivrei male.

2. Le poesie che sono in “Notti di Versi Insonni. Diario di veglia” sono nate durante il periodo del lockdown 2020. Sei stata presa da una ispirazione incontenibile e non hai potuto fare a meno di mettere nero su bianco le tue emozioni, non è forse così?

Per essere più precisi, con il lockdown è iniziata la mia lunga fase di insonnia, protrattasi per ben nove mesi, durante la quale dormivo solo un ciclo di sonno al mattino, senza per questo soffrire di stanchezza durante il giorno. Le poesie sono nate invece nei mesi di giugno e luglio, quando ormai ero rientrata al lavoro. Dopo aver tentato svariate soluzioni al problema dell’insonnia, senza miglioramento alcuno, mi sono abbandonata alla situazione, accettando l’idea di dover passare lunghe ore immobile a letto. È in questo stato di attenzione e lucidità mentale, combinata all’inoperatività, che mi si sono “spalancate le dighe del sapere” (Notte 1, 1/6/2020). Come in un flusso di coscienza, giunta da non so dove, nella mia mente vuota si sono palesate parole e frasi con tale insistenza da esigere la trascrizione. Per un paio di mesi ho fatto quindi un lavoro di raccolta di questa esperienza notturna (da cui il sottotitolo di diario) che non ha richiesto da parte mia sforzi particolari, concentrazione o pianificazione di alcunché. Quindi sì, posso dire di aver vissuto un periodo di reale ispirazione, un susseguirsi di epifanie concretizzate in questa raccolta di versi.

3. Essere ispirati è (un po’) come essere toccati dalla mano di Dio? Non sono pochi i poeti convinti d’esser stati ispirati da una forza divina e che, nel corso dei secoli, hanno vergato poemi e testi alquanto visionari.

L’ispirazione viene dall’alto, dal mondo oltre l’inconscio stesso, per cui se crediamo che lì dimori Dio, allora si può dire di essere stati “toccati dalla mano di Dio”. Lungi da me però ritenermi ispirata da una forza divina! O, ancor peggio, di essere portavoce di un messaggio divino. Diciamo che ci sono state contingenze particolari, magari soltanto una chimica corporea che ha stimolato aree specifiche del mio cervello, in grado di scatenare questo “furore poetico”.

4. La tua silloge poetica si compone di versi semplici, diretti ed estremamente profondi, e solo di rado sono leggermente criptici. “Stasera/ dovrei stirare/ le pieghe della mia mente/ Inamidare/ in forma perfetta/ le idee più geniali// Ma stasera/ magari/ vorrei anche dormire/ tralasciando i segni/ di centrifuga memoria.” (Notte 12, 18/06/2020)
La profondità espressiva si raggiunge grazie alla semplicità?

Credo che la profondità espressiva si possa raggiungere in vari modi: con la scelta mirata delle parole, usando immagini forti e precise, scavando nel proprio sentire ed estraendone il succo. Per far questo non serve usare necessariamente parole forbite o ricami letterari, a volte solo decorazioni estetiche che non aggiungono alcunché al messaggio centrale del componimento. Parole semplici e crude, piazzate in modo strategico, possono essere invece più potenti di altre colte e ricercate.

Di sicuro, con la semplicità si ottiene una comunicazione efficace e ad ampio raggio. Molti lettori non avvezzi alla poesia hanno infatti sottolineato questa cosa di aver compreso in maniera forte e immediata il contenuto dei miei versi. Anche recensori dediti per lo più alla prosa hanno goduto con piacere e sorpresa di questa silloge di poesie. A conti fatti, al tempo odierno, un’espressione poetica di questo tipo, più moderna e “alla portata di mano”, può dare nuovo slancio a un genere letterario che a molti incute suggestione.

Comunque io sono così, schietta e diretta e non avrei saputo esprimermi in maniera diversa.

5. I temi che affronti sono essenzialmente tre, la spiritualità, la natura e l’insonnia. L’insonnia può portare il poeta a una maggiore spiritualità e a un rapporto più stretto con la natura? Josyel, leggendo i tuoi versi, parrebbe proprio di sì.

Non ho dubbi su questo. Di notte il mondo rallenta creando nuovi squarci nella percezione delle cose e se tu resti lucido e percettivo, in questa fase, hai accesso a nuove dimensioni. Oppure alle stesse, ma le percepisci in maniera più diretta e profonda. Se attorno a te c’è la Natura, la vivi in maniera più intima, la ascolti con tutti i tuoi sensi. Similmente, in un’insonnia d’attesa, senza pensieri come lo è stata la mia, entri quasi in uno stato di trance, di meditazione profonda, riuscendo ad attingere alla trascendenza. Entri nel contempo in contatto profondo con te stesso e inizi ad ascoltare la connessione con l’immensità che ti circonda. Questa la chiamerei spiritualità.

6. La sofferenza sposa la gioia? Che io sappia, scrivere non è mai un atto creativo indolore.

Qui mi trovi in un terreno di dibattito e di apparente contraddizione con quanto scritto in alcuni versi, ai quali immagino tu ti riferisca. Sostengo da sempre che la gioia, nella sua essenza, è uno di quei sentimenti che si può percepire senza passare prima per l’antitesi della sofferenza. Almeno non necessariamente. Molti contestano che la sofferenza, il dolore, sono passaggi indispensabili per evolvere e che non si può vivere l’uno senza sperimentarne l’opposto. A mio avviso esistono dei sentimenti assoluti, come l’amore, che nella loro trascendenza mantengono una purezza incontaminata. È quando raggiungi l’equilibrio delle cose e non pendi tra gli opposti, che si manifestano in tutta la loro indivisibilità. Un concetto ben rappresentato dal simbolismo della croce, molto spesso citato nei miei versi (La Croce/ ancora/ la Croce/ si delinea/ dove fondono/ gli estremi, Notte 14, 20/6/2020). Per arrivarci occorre sicuramente fatica, impegno, ma non necessariamente sofferenza. Ciò non toglie che la sofferenza sia una grande maestra! L’esperienza diretta degli errori, se non sei stolto, ti insegna a calibrare la mira e a trovare la via più ideale per raggiungere la serenità.

Nel caso della scrittura di queste poesie, sono partita invece da un periodo di sofferenza e di tale disagio ho trattato, godendo però anche dei premi inaspettati oltre il patimento. È in questo frangente specifico che ho scritto, per esempio “Non c’è Beatitudine/ senza sofferenza” (Notte 3, 4/6/2020), oppure: “Infante incosciente/ gioco con le parole/ e soffro di coliche/ al nuovo cibo/ Non digerisco ancora/ ciò di cui mi nutro/ mentre la culla/ come sudario/ mi avvolge” (Notte 11, 17/6/2020). Penso che la scrittura abbia una forte componente catartica ed è per questo che si scrive più spesso quando si è tristi o sofferenti anziché gioiosi, perché, seppure inconsciamente, si tenta di fare chiarezza in se stessi e trovare soluzione ai propri problemi. Quando si è felici, invece, non si scrive, si vive! Finché ci metteremo dentro noi stessi e le nostre tribolazioni, scrivere può essere uno specchio doloroso, anche se può condurre alla risoluzione dei problemi. Portare a termine un’opera complessa come un romanzo, poi, richiede duro lavoro e i momenti di patimento non mancano durante il percorso. Voglio credere però che una persona serena sappia creare in modo soave, senza traumi: in letteratura penso a chi scrive fiabe o racconti per bambini, per loro dovrebbe essere un atto creativo liberatorio il cui solo scopo è infondere gioia e meraviglia. Almeno spero.

7. Possiamo dire che la poesia è un’altra forma di preghiera?

Bellissima immagine, ma dipende da cosa si intende per preghiera… Per scrivere versi si richiede raccoglimento e si intessono lodi e inni, inoltre con la poesia si eleva lo spirito in dimensioni sempre più sottili quindi il suo linguaggio non può che essere preghiera. Dall’altra ricordiamo che il significato primo di preghiera è quello di chiedere aiuto, conforto, ti prego fai qualcosa per me. In questo senso siamo molto lontani.

8. Josyel, all’anagrafe Giuseppina Locatelli, non è un mistero per nessuno o quasi: tu suoni la chitarra e sei una grande appassionata di musica. Poesia e musica viaggiano sullo stesso binario?

Da parte mia no, direi che i binari sono proprio paralleli. Ho smesso di suonare da una decina di anni e attualmente mi dedico alla promozione di altri musicisti e alla realizzazione di rassegne musicali. La musica è diventata quindi un atto pubblico mentre la poesia è il mio scrigno segreto.

Sicuramente aver composto i testi delle mie canzoni mi ha preparata a scrivere in versi, a saper condensare un concetto o una storia, e ha lasciato quel senso di musicalità alle mie poesie che molti percepiscono. Per il resto i due mondi restano separati, perfino su Fb ho due bolle di amici, gruppi e pagine da seguire completamente diversi: quelli musicali e quelli dedicati alla letteratura, che, posso affermarlo con certezza, sono terribilmente diversi! Mi sono divertita a notare le differenze e a studiarne i motivi. Sono molto curiosa della natura umana e questa è stata una bella lezione di psicologia.

9. Quali poeti hanno influenzato il tuo modo di scrivere e la tua sensibilità poetica? E, i poeti hanno qualcosa da insegnare all’anima?

Come nella musica non ho mai avuto un riferimento preciso e il mio apprendimento nelle suddette materie è sempre stato onnivoro. Molti poeti e musicisti sono di mio gradimento ma non mi sono mai espressa con la voce di altri: da tutti ho imparato e poi metabolizzato in un’espressione personale.

Per quanto riguarda il rapporto poesia e anima, direi che sì, è molto stretto. È l’anima che parla al poeta e i suoi versi comunicano con altre anime. L’insegnamento passa quindi da anima ad anima, la poesia è il mezzo sublime per realizzare tutto ciò.

10. A chi è destinato “Notti di versi insonni. Diario di veglia”? C’è un pubblico che potremmo definire ideale?

Come hai visto, originariamente ho scritto per me, anzi, ho scritto e basta, quindi la silloge non è indirizzata a un pubblico specifico. A posteriori direi che esiste un pubblico trasversale in grado di godere di questi versi: chi ama la poesia in generale e chi vuole approcciare il genere per la prima volta, senza timore di trovare materiale troppo complesso; chi si sente notturno dentro e un po’ dark, troverà molte frasi da sottolineare; chi soffre di insonnia può riconoscersi e consolarsi e chi non l’ha mai sperimentata provare a capire cosa sia e come ci si sente; ma dentro ci sono anche liriche con altri contenuti, quindi potrebbe piacere anche a chi ama la natura, a chi si sente attratto dal mondo dei simboli, persino un religioso troverà materiale su cui meditare visto che, per via del mio esordio dopo 33 anni di lontananza dalla penna, ho usato un linguaggio legato alla cristianità. Finora i feedback sono stati tutti positivi e le recensioni incoraggianti, per cui mi sento di dire che, alla fin fine, potrebbe essere una piacevole sorpresa per chiunque. Invito pertanto a provare ad accedere alla pagina Facebook che porta il nome del libro e scendere ai primi giorni di apertura, quando ho reso pubbliche alcune poesie, e provare a leggerle. Se vi incuriosiscono, essendo io l’editore in self publishing, sarà un piacere inviare personalmente una copia con dedica personalizzata e lasciare che la mia anima comunichi con quella del lettore.

Grazie a te, Giuseppe,  per questa opportunità di approfondimento.

Per gentile concessione dell’Autrice, due poesie tratte da “Notti di Versi Insonni. Diario di Veglia”:

NOTTE CHETA

Dorme la notte
accanto al mio cuscino
Lo beve tutto lei
il mio sonno!
A me lascia un lampione di luna,
là fuori.

Respira lenta e a fondo
questa notte
Russa a volte, persino!
A me lascia il fiato corto
del tormento, invece

Dorme cheta la notte
accanto al mio cuscino
Manco i sogni
la osano disturbare

(Josyel, Notte 10 – 16.6.2020)

DITA A SCATTO

Dita a scatto
come artigli
tesi
sulla calda carne
della preda
mi ritrovo, nel letto

Poi mi alzo
e la tensione si dissolve

La preda corre libera
nel fallimento dell’agguato

(Josyel, Notte 9 – 15.6.2020)

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Notti di Versi Insonni. Diario di veglia

Notti di Versi Insonni. Diario di vegliaJosyel – In copertina: opera di Walter Salin – StreetLib – Seconda edizione: luglio 2022 – Pagine:: 112 – ISBN: 9791220275910 – Prezzo di copertina: 13,99



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