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Come un diamante falso

Come un diamante falso

ANTOLOGIA VOL. 234

Iannozzi Giuseppe

SACRALITÀ

In quel caffè tante le risate
della gente ai tavolini
Ammiravo io
la lunghezza delle tue gambe
Il cuore d’un maniaco al tuo fianco;
e la mia mano sulla tua, con la voglia
di commettere una pazzia,
di finire in manette nel tuo letto
nel nome della sacralità della carne

COME SEMPRE

Come un diamante falso
Come un limone spremuto
Come un ago sottopelle

Come caramelle da uno sconosciuto,
o come un’enciclopedia aperta
che in fondo nessuno ha mai letto

Come un attacco di panico
Come l’ultima sigaretta

BIONDO FIORE

Hai dimenticato
che in te sono stato
un momento, un’ingenuità,
una fragilità da sfruttare

Hai buttato tutto
il poco che ero,
e dovrei essere arrabbiato;
e invece, di tanto in tanto,
a te ripenso per una sega,
mio biondo fiore

BIONDO FIORE
(altra versione)

Hai dimenticato
che in te sono stato
un momento, un’ingenuità,
una fragilità da sfruttare

Hai buttato tutto
il poco che ero,
e dovrei essere arrabbiato;
e invece, di tanto in tanto,
a te ripenso per una sega,
scavando nella complicità
della notte che a me si offre,
mio biondo fiore

MIA GERUSALEMME
(seconda stesura)

Il tuo sorriso scorgo
in ogni sorriso che incontro
in questo vasto mondo
vuotato d’ogni futuro
Uomini in ginocchio vedo
e altri che han tutto perso,
un occhio o una mano
rischiando la fortuna a carte,
puntando verso la Mecca

Ovunque io vada
nella mente e nel cuore
soltanto te

Ovunque io volga
lo sguardo incontro te
che preghi per me
A mani giunte
con occhi di pianto,
mi assolve la tua anima
dai peccati
E’ questa, è questa la strada
che conduce al Paradiso?

I tuoi baci
sul mio volto arso
I tuoi piccoli morsi
su collo e spalle
e più giù ancora
Oh, tutto questo e di più
E di più

Sotto la pioggia acida,
nella nebbia e nel fumo di città,
o sotto il sole del grigio Sahara,
perduto
in questo vasto mondo
sempre ritrovo te che preghi;
sempre è l’eco della tua preghiera
perché l’amato tuo vecchio diavolo
mai perda la speranza
d’arrivare a Gerusalemme, da te;
e portarti finalmente via,
via lontano da lacrime e attentati

BELLEZZA INFINITA

… stanco,
il Poeta della Malinconia
gli occhi chiuse sul giorno,
e sognò una donna nuda,
e vide l’anima di lei
fulgente di gioia,
di bellezza infinita;
e, finalmente,
anche lui incontrò
la grandezza di Dio

TU CON ME NON BALLI MAI

Tu con me non balli mai
Di tanto in tanto
ti chiedo di poter cantare,
e la risposta è sempre una

Tu con me non balli mai
I miei bei canti al chiar di luna
rimangono sepolti fra le pagine
dell’edizione completa
delle Opere di Giacomo Leopardi

ANGELI DI COMPASSIONE

Mai hai compreso
degli angeli la compassione,
non hai compreso
che aveva un senso la Notte
quando
nell’orgia di me e di te
ieri affondava

Del Libro Sacro scontenta,
hai dimenticato
che a capo chino,
sotto lo sguardo della Luna,
si deve seminare l’argento
sfidando
del caos la malizia

Pensi solo a te,
al gesso scolpito male
sul modello delle tue ossa,
e trovi che è abbastanza,
fin troppo da sopportare:
non sei ancora capace
di restaurare dalle macerie
lo splendore dell’amore,
perde così valore
ogni antico valore
e niente è mai qualcosa,
niente è mai una costola di Dio

FRA LE TUE GAMBE POETA

In un giorno di freddo qualunque,
in mezzo alla nebbia della mezza,
sognante e piangente,
mi chiedesti d’esser il tuo poeta
Ti dissi che di spine si nutre la bellezza
e che mai han saputo le mie mani
raccogliere delle rose la finezza spinata
senza violarle

Per questo, per questo hai benedetto l’uomo
e mandato al diavolo la scimmia della mia cultura

Non sei cambiata da allora,
sogni ancora a occhi aperti
come un’ape d’oro in cerca
della primavera

In un giorno qualunque
che il crepuscolo ci baciava,
rimproverasti alla mia anima
di non conoscere
le profonde conseguenze
delle verità taciute

Per questo, per questo ho amato
la saggezza nella scollatura del tuo petto,
continuando ad adorare maniaco
le tue labbra rosse rosse

Mai ho avuto il coraggio di confessarti
che amavo ieri credermi il più maledetto

In un giorno qualunque, né caldo né freddo,
all’ombra della chiesa dei sacri tuoi avi,
rossa di rabbia, sicura di te come una dea,
sulla mia fronte della volgarità scorgesti il segno
Da quel momento non ci fu più spazio
fra le tue gambe per la tristezza d’un poeta

Per questo, per tutto questo ancor vago
di landa in landa in cerca d’uno spiraglio di luce
in tutta fretta fuggito da una porta aperta

DIALOGO COI MORTI

In tanti hanno cantato
di cuori infranti
con facce da clown
per andare avanti con lo show

Dimmi ora
come prosegue
il tuo Dialogo coi Morti
iniziato e mai terminato

Quando ci siamo conosciuti
avevo meno di te;
mi ritrovi oggi uguale
con meno ancora
e un teschio in mano,
come Amleto;
sai tu forse dirmi
come è potuto accadere?

Ho un’idea bizzarra
che mi stampa un sorriso
da orecchio a orecchio,
ma non riesco ancora a capire

Le rose nel roseto sacro,
che ieri coltivai con tanta cura
donando loro il letame migliore,
son venute su gravide di spine;
e a ogni nuova stagione
ne partoriscono in quantità maggiore

Ho dimenticato di pregare,
e non sono stato il solo
Ho interrogato troppo a lungo
il volto ossuto che domani
di certo anch’io avrò,
e non sono stato perdonato

Sai tu forse dirmi
quando terminerà
il mio Dialogo coi Morti?

NON AVREMMO DOVUTO

Con l’antico vestito nero
venne in un giorno di sole
che non sembrava possibile
Con freddezza
raccolse la mano infantile
Dietro di sé
lasciò vaghe tracce di sgomento,
fece poi in fretta la nebbia
a piombare su tutto l’intorno

Il palloncino giallo, gonfio di elio,
impiccato ai cavi elettrici
ancora oscura il disco del sole,
quasi a ricordarci
che c’è stata innocenza
e tanta incoscienza

Mai avremmo dovuto lasciarla andare
Mai avremmo dovuto lasciarla sola

NON NE SONO STATO CAPACE

Terrò vivo il silenzio
Ogni tenerezza ha visto il centro
dell’Occhio del Grande Cinico,
e le suole bucate rimangono bucate

I tesori raccolti ieri
giacciono adesso in fondo al mare
coi fantasmi che m’hanno conosciuto

Troppo tardi
per cercare un altro porto
e un’altra donna da amare

A menadito conoscono i morti il futuro,
a chiare lettere è vergato nel Libro del Giudizio
E lungo le strade non uno che parli chiaro,
e tutti lo sanno di non avere scampo,
tutti lo sanno e tacciono

Alle Idi di Marzo ogni cosa avrà compimento
Se qualcuno può trarsi fuori da questo impiccio
lo faccia ora e non si guardi alle spalle
In fondo, in fondo lo sapevamo dall’inizio
che Dio avrebbe baciato l’anello di Lucifero
Aveva visto giusto il vecchio Charlie
anche se aveva un bordello in testa
e nemmeno una nota di coraggio
per gli Scarafaggi

Ma ancora canta il Fantasma dell’Opera
Non è cambiata la sua voce
nel corso dei secoli

Sarei dovuto andarci cauto
coi movimenti di Marte
Sarei dovuto andarci cauto
E non ne sono stato capace,
non ne sono stato capace

NO CRISTI ZEN

Non seguendo le mode,
con il sacco in spalla
in giro per il mondo,
lontano da croci e cristi,
prodigo di sorrisi
per un frivolo piacere
che tu, chino
sul tramonto dell’Occidente,
non puoi concepire,
solletico la panza che cresce

E ANCORA SCRIVO POESIE
(da “Fiore di Passione”)

E ancora scrivo poesie,
non valgono certo un capitale,
son però di gioia
e non di malinconia;
se sia poi giusto o no,
chi lo sa!

Basso il sole all’orizzonte
mi fa presente
che finita è la giornata;
né scompostezza o noia
mentre nota dopo nota
si diparte fra le labbra la sigaretta.
E sfuma la tromba di Chet Baker,
e già sto sognando Ginger Baker;
e stona dabbasso un cane
che non immagina
quel che invece immagino io;
guaiti e latrati fan capolino
sulle sponde dell’alma mia
tesa nell’attesa
di ghermire della mia Bella
il desiderio suo più segreto.

E questo è quanto,
e se questa non è poesia,
non gliene frega di certo a Dio
per cui sia come sia,
resto qui, attendo lei
che è di me più grande,
meravigliosa.

LEI È MIA

Lei è mia,
non lo sai ma lei è mia
come l’alba e il tramonto
che si squagliano nei miei
e nei suoi occhi innamorati

Lei l’amore lo sa,
lei lo fa con me
Al centro della sua anima
batte quel batticuore
che tu non le hai saputo dare
se non con la forza della paura…
legandola all’ombra di sé

FIUME DI POESIE

Al piacere della poesia
soggiacere
senza mai la realtà
ferire o sfiorare
Ma se v’è poeta
che un grano di senno
l’ha in risparmio
fuori si dirà
dalla sua condizione
il fuoco dentro al petto
soffocando
perché alfine sia
del fiume la corrente
domani a tradurlo
là dove albe e tramonti
non sposano inflazioni

SOGNI AL MATTINO

Niente hanno di umano
quei sogni che al mattino
ci svegliano
con le loro gelide dita
sulla fronte sudata

Quanto più conveniente
sarebbe aprire gli occhi
e incontrare una puttana
invece della solita Morte
truccata da scimmia

Niente è veramente necessario

1. Nei libri non c’è nessuna verità che non si possa trovare scendendo in strada. Chi sa osservare la società, sa anche leggere l’umanità, la sua superficialità e la sua rara profondità.

2. Nella vita, in quella di tutti i giorni, ci vuole anche un po’ di sano egoismo, affinché non si diventi schiavi di una forma malata di generosità.

3, Si scrive quando si ha qualcosa da dire, e non per impiastrare le pagine con parole inutili. Con la maturità certe cose finalmente le capisci.

4. Niente di quello che facciamo è veramente necessario.

5. La vera filosofia non è di favole o di specchi per le allodole.

6. Dal suo angolo in luce Buddha sorride,
e fra le nubi Yahweh gioca a nascondino
Chi viene e chi va, si sta come si sta
E quasi tutti giù in città aspettano la Luna,
forse solo qualcosa che hanno già

7. Sarà l’uomo, con le guerre di religione, a porre fine a sé stesso, e non un demiurgo.

8. Il saggio deve saper riconoscere i propri errori prima di dire di quelli altrui.

9. Viviamo in un secolo che ha fatto della vacuità la sua ragion d’essere, non a caso siamo pieni di tromboni e di tuttologi.



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