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Sete d’Amore e Croce buddista

Sete d’Amore e Croce buddista

ANTOLOGIA VOL. 228

Iannozzi Giuseppe

UN MILIONE DI MAJAKOVSKIJ

Stamattina mi sono aperto gli occhi
con il solito, un bicchiere di spenta lucidità
Sul pavimento, in salotto, avanzi d’amore,
mozziconi e giochi da tavolo in confusione
E la mia faccia più brutta del solito
tra pedoni caduti re e regine, e sullo specchio
quel cazzo d’aforisma scritto col tuo rossetto
E queste due lacrime dolci e amare e silenti
che tagliano in due la finzione del mio sorriso
mentre il cuore in petto mi perde un colpo

Lo so, lo so bene d’essere solamente un uomo,
giusto un piccolo ingombro nell’Universo
E l’alba è già alta e così tanto rossa oltre le Alpi
e non si frena proprio più la voglia di morire

Stasera ce l’avrò il mio bel daffare, ce l’avrò!
Un milione di Majakovskij e un altro di whisky,
una poesia a metà, e un colpo veloce di pistola

Perché mai soffrire come un cane affamato
legato alla libertà d’una rugginosa catena?

TORTURA ESTREMA

Morte lenta,
orribile,
destinato
a incontrar
il Creatore

Le membra mie
stirate,
alla forza
di quattro bestie
legate,
verso
i 4 punti cardinali
lanciate
finché ossa
tendini e muscoli
dalle estremità
staccati o quasi

Solo allora
su l’affilato
volto della Musa
nascerà
un pallido sorriso
di soddisfazione

Più di là
che di qua
col fiato
ridotto
a un sibilo
dirò
che l’ho fatto
perché
andava fatto
Calerà allora
l’impietosa sua mano
sulla bocca mia;
con questo tappo
sulle parole
non dette
coglierà Lei
una rosa di sangue

SEI TU ORA LA FALLITA

Su con te prendesti
i sogni scostumati
e quelli ch’eran belli, pure;
in compagnia
della magra mia macchina per scrivere,
pagine su pagine mi lasciasti a battere,
assicurandoti che di te,
nell’aria,
rimanesse il profumo

Credendomi fallito,
con disprezzo e malignità ridesti
Immagino sperasti
che mi scoppiasse la bile
sapendoti redenta e contenta,
al negro braccio d’uno sconosciuto
finalmente legata

Adesso che sto vincendo,
con braccia di vuotezza vestite,
come pitonessa, torni cercando
nell’abbraccio tuo di stringermi
“Dimenticasti ieri il tuo profumo,
non posso però dartelo indietro;
ne ho fatto poesie che odieresti,
delicatezze
che la fama mia infamano”

“La fama mia infamano, capisci?
Il cuor tuo portafogli mai sazio,
lo sai, la negra tomba lo aspetta
La negra tomba lo aspetta
Sei tu ora la frana, la fallita,
tu e soltanto tu quella fragile”

CROCE BUDDISTA

Per tanti lunghi duri giorni
sconosciuti al buio e alla luce,
ho lavorato sullo spirito e sul corpo
Ho lavorato duro
per tessere le mie Sete d’Amore,
per dar luogo alla Croce buddista
Con l’affanno l’ansia e il dolore in petto
ho lavorato deragliando sui binari,
scardinando porte chiuse e inibizioni
Ho vinto, e adesso che ho vinto
e sono tornato da te vincitore
l’indice gentile mi punti contro
e dici: “Non ha valore il tuo cazzo,
non ce l’ha mai avuto”
Per questo, per questo che hai sentenziato
in silenzio ho preparato la valigia

Non il pianto mi allaga gli occhi,
sereno guardo all’altezza del Tibet,
e penso ai mille anni di serenità
che mi accoglieranno fra infiniti silenzi
e spiritualità all’estremo

Ho lavorato e ho lavorato duro
suonando a ogni ora le campane,
bruciando incenso, inseguendo
delle aquile il volo in cielo
Ho accettato gl’insegnamenti
e ho posto domande stupide ai saggi
Per mille anni, giorno più giorno meno,
questo è stato il mio lavoro
Così adesso torno fra la gente
per scoprire che più non sono
il Fiore di Loto e il passero canterino
Sul tuo davanzale nessuno più stona,
nel mio animo nessuno più s’affaccia

Accarezzo il cranio mio rasato di fresco
Con enorme ritardo so finalmente dare risposta
al dilemma “essere o non essere”

E non provo rabbia e non sento il pianto

Ho imparato la lezione,
riconosco nelle ombre del tramonto
che il lavoro più duro è appena iniziato
Riconosco a muso duro
che il lavoro più complicato m’è stato destinato
da ben prima che l’Universo nascesse

LUPA
(da un estremo all’altro)

Lo so che passo
da un estremo
all’altro senza posa;
che i miei passi
non sono mai
silenziosi; molte cose
le ho fatte
senza pensarci su
scalando il K2
con la lingua,
molte altre invece
finite distrutte
subito sotto il peso
dell’impazienza;
e sempre
ho predicato bene
e razzolato male
Ho pagato i miei debiti
leggendo nei fondi di caffè,
e a più d’uno
gli ho sparato in fronte
senza un perché
Non ho colpa
d’esser un randagio;
m’hanno abbottonato
la camicia che non ero
ancora bambino;
il tempo però m’ha fatto
largo il petto
e i bottoni son saltati
e le giugulari dei carcerieri
hanno straripato fuori
l’infezione del sangue

Senza meta, senza scopo,
vago e talvolta godo
allargando le fauci
al cerchio biondo della luna
Come Omero,
con gli occhi gonfi di cecità,
ho provato a fecondare
le donne con la mia verità;
e se qui o altrove un figlio
è scampato al massacro ordinato
mentr’io prendevo la strada per l’Egitto,
non so dire

Ma tu che sei pietosa Lupa
divisa fra Romolo e Remo
e i tuoi cuccioli; tu che ami
senza distinzioni e non come me,
forse potrai ancor oggi
darmi un riparo per un minuto o due

LA TUA ASSENZA

Dove sei scomparsa
nessuno lo sa

Se tu sia ancor qua
o passata nell’Aldilà
a rovinar di Cherubini
e Portaborse l’esistenza,
noi che umani siamo,
e che moriamo
per una scimmia sulle spalle
o per una peritonite di troppo,
noi non lo sappiamo

Alla tua salute ora bevo
Tutti simpatici gli amici tuoi,
s’ubriacano che è una bellezza
Bestemmiano anche,
si grattano le ascelle,
e nei bagni cercano un’avventura
che gli faccia dimenticare
d’esser stati partoriti
per presto finire in una tomba,
anonima e lontana,
vuota d’epitaffio
e d’una foto di circostanza

L’ultima tua in bella calligrafia
la tengo nascosta sotto il cuscino 

ANGIOLETTA

Alla fine riesci tu sempre a fregarmi
Con te non son capace di tenere il broncio
Sei il sogno, la neve bianca che fresca cade
sulla punta del naso ebreo; e sei anche primavera
che l’anima caprina scioglie, portando via il gelo
Sei il mio piccolo foglio bianco al vento
che solamente attende una lunga storia,
una favola d’amore con un pizzico di fantasia
Sei la bimba birichina, di tanto in tanto buffa,
bella sempre nella risata fresca adamantina,
nella vocina come pigolio di passerotto
che sugli alberi in fiore svolazza e non vuole
farsi acchiappare dalle dita amanti

Tutte queste cose sei e mai abbastanza sei
Mai abbastanza a me accanto, Angioletta

FEDE

Ho difeso
senza mai
un’avemaria
in tasca
per pugnale

BUIO AMARE

Di questo cieco gioco
– al buio
in mezzo
a serpenti scorpioni lucertole –
sol ci rimane
un brucior di stomaco

[ senza titolo – 1 ]

Tutti abbiamo avuto la nostra età felice
E oggi ne soffriamo 

[ senza titolo – 2]

Se siam suicidi
domani peggio

[ senza titolo – 3 ]

Per un bravo scrittore
una penna da due lire
equivale alla naturale
estensione del suo pene 

UN RE

Levata dalla testa
la corona di ferro
disse adesso basta,
basta alla testa
che gira, all’ebrietà
che fa il passo incerto
E nel silenzio cadde

Non tacque però la Corte
di saggi e giullari raccolti
intorno al vecchio stanco 

UN POETA

Il poeta illude – e s’illude:
uguale è a un giocoliere,
più spesso a un prestigiatore
che con la Bibbia in mano
crede di poter far miracoli
e altre stramberie così.

Gli vengono presto gli anni
a reclamare il pesante dazio
per gl’istanti di gioia portati
in foggia d’illusione,
quasi non avesse mai avuto
coscienza ed esperienza
che giocar con le parole
inutile vanteria è. Il capo
infine china, più piccolo
d’un clown, e in solitudine
attende egli che la falce
gli porti via dalle pupille
le lacrime gentili. 

SULLA CROCE ERA GESÙ

Ti racconterò
quel che io so, e niente di più
Quando Gesù
fu dalla croce tirato giù,
niuno avrebbe scommesso che lassù
qualcuno avesse ascoltato
quella sua verità balbettata,
fiorita sulle sue labbra morenti
Egli però risorse, e come poeta
vagabondo
si portò per mari e per città vestendo
un sorriso, poco invero ma l’Infinito
per chi gli apriva la porta di casa,
invitandolo a mangiare qualcosa

Ti racconterò d’una bambina dolce,
che ogni sera giungeva le mani
pregando per sé e per chi lei amava
Ti confesserò che a lei non importava
se qualcuno credeva
non fossero veri i miracoli,
le bellezze del Creato,
il cielo azzurro, i prati verdi,
i ciliegi in fiore
per colorare d’amor l’amore

Ti disegnerò in una sera di tante bocche
e di come una volta a tavola ognuno ebbe
di che sfamarsi, senza doversi azzannare
e bestemmiare per l’unica patata bollente
al centro della povertà; e ti inviterò poi
a ballare scalza sotto le stelle brillarelle,
ed allora, per Dio, mi dirai sì, mi dirai di sì,
fresca in due lacrime di felicità 

SCARPE IN MANO

m’hai lasciato
con le mie povere scarpe in mano
m’hai lasciato
a guardare questo cielo di pioggia
e solo mi domando
quando avrà termine tutta la solitudine
che so essere nel giovane tuo grembo 

CASSA DA MORTO

Amaro a modo mio, qui si soffre se non lo sapessi
Per dispetto la custodia del tuo flauto qui da me:
venuti quelli che vestono l’orbace a spaccarmi le ossa
ho opposto resistenza: per cosa? Sei tornata
per un’altra amara nota, per l’ennesima indecenza
sulle tue labbra che non sono più dalla parte giusta

Amaro a modo mio, amore a modo mio e non di Dio
Ho bisogno di dimenticare il tuo volto per andare avanti
La prossima volta che butteranno giù la porta di casa,
lascerò che prendano la custodia perché sia del fuoco

Ho bisogno di dimenticare l’orrore d’averti amata
Ho bisogno di riposare come se il mondo non fosse,
quindi non bussare mai più alla mia porta: la custodia
non la vuoi con te, e non c’è nessuna cassa da morto
da portare via, perché la mia bocca è dalla parte giusta

Combattere a modo mio, amare a modo mio e non di Dio

IO, UN POVERO VECCHIO

Io, un povero vecchio
pazzo, costretto a star
all’occhio, a ogni passo
una trappola;
a questo vale esser Sire,
rischiar di morire
per nemica mano:
persino il balordo al gabbio
ha più tranquillità
d’un Re che mille genti
ha soggiogato
colla sua sola forza!

IN CERCA DI UNA CASA

Sono qui
in ginocchio da te
venuto da lontano
in cerca d’una casa
Sul mio volto cicatrici
Sulle mie mani il sangue
dei nemici
ch’eran come noi

Ho peccati mortali
segnati lungo le linee
della mano
E più non mi va giù
di far fuori chi come me
partorito
da un Dio comune
invisibile
tanto a me quanto a te

Sono qui
perché mio figlio
quando sarà grande
non si perda
nelle trame d’una profezia
vera a metà
falsa a metà

Sono qui
Ho fatto il Male
senza pensare
alle conseguenze

Sono qui
Sono qui
ben sapendo
che mai potrò essere
al di là
dell’Eterno Ritorno 

IMMORTALE

Pensate forse
che un paletto,
che del misero frassino
possa far fuori
chi da un’Eternità
fra diavoli e santi
s’aggira senza mai
d’essi prendersi cura
se non per cavargli
anima denti sangue?

Illusi siete!
Vi vedo
e vi compiango

SUL RING

Quasi stretto all’angolo
come un angelo
caduto,
e la spugna non la getto:
il gong non suonerà
né ora né domani
E’ una ripresa eterna
I pugni volano, come zanzare:
non c’è di che aver paura,
basta un buon gioco di gambe
per non lasciare al tappeto
il sangue
Basta continuare a picchiare,
fare la faccia da duro
e tenere nel petto un cuore
tenero ma non troppo:
il nemico ci assomiglia di già

GEISHA

Tutto Quello Che voglio
Tutto quello che ho bisogno
Tutto quello che mi va
è di fartelo venir duro
Mio desiderio è di essere
la tua personale geisha

A capo chino,
sul tuo duro membro
voglio stare
Tutto quello che mi va…
Essere la tua donna,
colei che crede in te
e obbedisce

Tutto quello che ordini
Tutto quello che di me pensi
Tutto quello che di me ti piace
Tutto quello che immagini
te lo farò
Essere la tua puttana,
il tuo personale quartiere a luci rosse
da Kyōto ad Amsterdam

Tutto quello che sono
Tutto quello che sono
lo sono perché me lo chiedi
Tutto quello che voglio essere
è essere nel tuo letto a gambe aperte,
una verginità
da sempre più volte abbattuta
Tutto quello che amo
sono le tue mani sui miei seni
Essere la dea,
la tua dea spregiudicata
Sottomessa più di chiunque altra
che le lenzuola, che le tue braccia
ieri raccolsero

Tutto quello che è profondo
lo è perché la mia anima hai penetrato
sotto il tempo dei ciliegi in fiore
Tutto quello che io sono
è nel tuo piegarmi,
strappandomi di dosso il furisode
Tutto quello che so è per te
Essere la tua migliore occupazione,
perfetta educazione iscritta nel kenban
Essere solo e sempre la tua donna,
mio danna

Tutto quello che voglio
Tutto quello che ho bisogno
Tutto quello che mi va
è di fartelo venir duro
Essere più di una cortigiana
L’obi sulla schiena legato,
nuda di spalle per te pronta
a ricevere il grande dono
nell’infecondo pertugio

Tutto quello che so
Tutto quello che ho
Tutto quello che ha significato
Tutto quello che lo avrà
Tutto quello che…
perfetta prestazione, compenso del fiore
Tutto quello che voglio
è un infinito danzare ventaglio in mano
La tua personale geisha
L’estremo Oriente, il più grande piacere

Sei tu il mio Signore

Tutto il seme,
dolce o amaro che sia, lo berrò
Tutto quello che viene
per essere la tua puttana
Io il tuo personale quartiere a luci rosse
da Kyōto ad Amsterdam

LA TUA LAMA NEL MIO PETTO

“Un uomo guidava le redini della sua libertà
lanciata al galoppo…”
Mi chiedesti il significato, scossi la testa
E la tua vigliacca lama nel mio libero petto

RANDAGIO SOTTO LA PIOGGIA

Un randagio sotto la pioggia
cerca nel cielo di nuvole e notte
l’alta ispirazione per tirar giù
un goccio di piscio, e un guaito
che arrivi fin lassù

E ci sono, ci son sempre stati
i tuoi grandi occhi blu
a sciogliere questa cosa,
questo blues,
così penso che continuerò
a vendere stracci e poesie
alle donne per veder la gioia
gonfiarsi nei loro vergini seni

PER AMARTI

Ho solo baci
Niente perle
Ho solo baci
e pelo di barba
per amarti

SPEZZARSI LE ALI

Un angelo si spezza le ali volando
cadendo
nel riflesso d’un profondo lago
incontrando finalmente sé stesso

E Caronte sempre scorta le anime
in cambio d’un soldino
o d’un sogno-burattino

NESSUNDOVE

Vorrei stare in un NessunDove
E poi scoprire che c’è una porta
E poi scoprire che c’è una finestra
E poi aprire con la stessa chiave
porta e finestra

Vorrei tornare nell’Aldiquà
E rimanere meravigliato
d’aver rubato un po’ d’aria



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