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Sull’Isola dei Morti ascolto Rachmaninov

Sull’Isola dei Morti ascolto Rachmaninov

ANTOLOGIA VOL. 197

Iannozzi Giuseppe

ALLA FINE SARAI IL PRIMO!

Tutti dicono
“Sopporta fino alla fine
e sarai tu il primo!”
Tutti ripetono
quello che sentono giù in strada

Non mi piace il gioco che fanno
Spiego loro che “la Fine
che mi propongono
l’ho già battuta troppe volte”

Tutti dicono
Solo io fuori dal coro dico
che ne uccide più la fama
che il mestiere di vivere

Ragliano,
come somari ragliano
E sono io da tempo così stanco
di sentir fischiare parole
fra un vuoto di io
e un abisso di Dio

0.

Sogno la tua allegria,
quella naturale tua gioia
E lo so
che non m’appartiene

Però se mi sorridi
mi sorride il cielo
di giorno e di notte

Se un Dio c’è
è soltanto nel tuo sorriso

Soltanto
nel tuo bacio
non dato

I.

Voi avete vinto tutti i premi,
avete preso tutto a piene mani
Con spirito spazzo via le briciole
rimaste davanti all’uscio di casa
Non m’interessa la grandezza,
solo tendo alla grassezza:
come Buddha

II.

Riposa la coccinella
entrata chissà come
nel fumo del mio incenso;
penso (a) una poesia,
la lascio volar via
cedendo al sonno

III.

Sull’Isola dei Morti
ubriaco ascolto Rachmaninov
Concilio il pensiero moscovita
con la musica della pioggia
che mi lava la testa

IV.

In pieno è stata colpita
la vecchia quercia da un fulmine
L’eco del gong dal Monastero
si diffonde giù lungo la valle:
i pellegrini della Grande Città
ancora una volta sono tornati
a rubare il sorriso di Buddha

V.

Forte della tua bellezza
sei venuta a disarcionare
il mio riposo eterno;
ho ceduto e ai tuoi piedi
sono caduto dimenticando
di Buddha il sorriso felice;
a chi poi ha voluto sapere,
ho detto la Sacra Verità:
“Per quanto bella la preghiera,
soltanto il fascino di Lei
ha spinto il mio spirito
verso le Porte della Percezione”

VI.

Lasciate che il cielo
cada nella bocca del lago
Grandi battaglie
hanno colmato la misura,
e i morti non trovano pace;
ogni notte il loro lamento
bussa alle porte del Tempio
e in cucina il riso manca

VII.

Non ti cerco più
fra i girasoli e la chiesa
Imitando di Buddha
la santità in ombra
da tanto tanto tempo,
cranio rasato e preghiera
col sole o con la pioggia

VIII.

Schegge di specchi
e altre cose così
La grande bocca del Panico
inghiotte il passero e il drago
Prego per la mia anima
perché sia più leggera d’una piuma

IX.

Il Maestro mi ha consigliato
di lasciare libero il pianto
Gli ho risposto:
“Buddha sorride a ogni primavera,
resisterò nella posizione del loto”

X.

Non venire a casa mia adesso
Lo Spavento ha fischiato
attraverso le finestre aperte,
e io non aspiro alla sanità
né alla santità

XI.

Ho dimenticata la felicità
perché non fosse catena e piombo
ai piedi legata; all’orizzonte
mille liberi uccelli senza nome:
a questo anelo

XII.

Non teme il giovane stambecco
il cacciatore e il suo fucile;
impavido salta al di là dei dirupi
convinto che non c’è perfezione
che tenga

XIII.

Alle spalle hai gettato
l’inquietudine
Ne convengo,
hai fatto bene il bene
Hai però dimenticato
di darmi indietro il ramo d’ulivo,
la croce e la bellezza,
così adesso rimango ramingo
per il mondo cercando Buddha,
l’eternità dorata
e l’addio dell’arcobaleno

XIV.

Se d’attorno lo sguardo getto
su i tanti a urlare a squarciagola
presto si formula una domanda:
“E’ questo che cercavamo?”
In risposta babelico frastuono
forse e più di me ignorante

XV.

Tutti hanno preso tutto
e tutti hanno avuto
il peso e la bilancia,
così adesso tutto
nel peccato è compiuto

XVI.

Vanta ogni mortale fallimento,
nel cuore un paletto di frassino;
eppur facilmente non si muore;
la fine soltanto quando il vampiro
che siamo allo specchio in frantumi
confessa di non esser stato all’altezza
delle più semplici luciferine bassezze

XVII.

Sei tu scomparsa.
Dove, non so.
Ma sei scomparsa
come la comparsa
che in un film appare
per un momento appena
e poi ogni immagine
e rumore la copre.
E rimani tu da solo
come uno scemo
a dirti che di lei,
di quella lì
t’eri proprio preso bene.

XVIII.

Se non ora, quando?
Non uno in bocca
mastica risposta certa;
e però si sa che prima o poi
un giorno ci si sveglierà
avvolti in un silenzio assoluto
proprio come per tanto tempo
in un sussurro fra le labbra
abbiamo pregato.

XIX.

Tra l’erba voglio
da sempre
accompagnati
a pascolare,
mai il bastone
o la carota,
eccoli qui oggi
strafottenti e arroganti,
ignoranti e violenti,
buoni solamente
per il gabbio
o il manganello

XX.

Troppo a lungo giovani,
vièti brani di Crono
in balia di umani dèi
su tele e altari

Dalle altrui chiacchiere rabbuffati
sol godiamo per quei morti
sul campo di guerra lasciati
nudi e crudi

Valgon niente
le nostre piccole glorie,
ma non sia la lamentazione
il nostro pane cotidiano

POETI DA STRAPAZZO

In alto mare,
col tramonto
sulla fronte inchiodato,
il successo cercano
certi poeti da strapazzo;
io invece sol desidero
il decesso loro
fra mozzi ubriachi
ed Erinni strafatte
di sole cocaina e crack

CI SIAMO INNAMORATI

Ci siamo innamorati
che eravamo troppo giovani
per capire chi cosa dove quando
Ci siamo innamorati
perché non avevamo altri sogni
in cui versare la coppa della giovinezza:
io le mie tasche di piena povertà,
tu la tua gonna con lo spacco
Eravamo due tipi alla moda
A modo nostro eravamo belli
Belli e perdenti

Ci siamo innamorati
guardando un brutto film in un vecchio Cine:
all’incappucciato gli friggevano le cervella
mentre la sedia elettrica rideva elettricità
Eravamo troppo giovani
per poter capire che l’anima ha un suo peso
anche se non lo sentiamo

Ci siamo baciati
davanti a quel locale che è poi saltato in aria
sotto un cielo rasato da un tramonto di sangue
Tutti quei corpi morti ci facevano paura
Ci facevano sentire più soli che mai
sotto quel cielo così rosso, e l’IRA

Ci siamo innamorati
Abbiamo preso tutto alla lettera
senza discutere, per nascondere l’ignoranza
che ci divorava le budella

Ci siamo innamorati a prima vista:
due bambini che si giocano la nudità
immaginandosi dottore e paziente
E intanto Jeff moriva affogato tacendo
E Tim dall’Aldilà suonava un disco rubato
al Mercatino delle Pulci

Ci siamo innamorati
delle nostra bella retorica
e del David michelangiolesco
Ci siamo innamorati
e dio non ha degnato d’uno sguardo
le mie tasche vuote e il tuo spacco

Ma ci siamo innamorati
ed eravamo quasi innocenti,
uguali ad angeli caduti
per colpa d’uno sgambetto

COME UN CAMMELLO DEPORTATO

Ti ho aspettata tutta la notte
Ero in uno stato d’animo!
Come un cammello deportato
al Polo Nord; ma ho resistito

Non sei arrivata
Sono rimasto sotto il tetto spiovente
mentre veniva giù forte la pioggia
e in cielo si scatenavano lampi
degni del peggiore inferno
Era la tua casa piena di silenzio
e d’infinito buio, lo intuivo bene
Passavano in lontananza carrozze,
e l’eco di gentaglia straniera m’irrideva
Un’esile fiammella uguale a un fantasma,
l’abbaglio d’una lanterna mezzo bagnata
e dal vento violentata: ho creduto,
per un momento appena ho creduto…
E invece no; il parroco, che la strada la tagliava
col suo nero nero a portare sfortuna ai gatti,
m’ha visto e sotto il suo braccio m’ha preso
Questo e quello ha detto, s’è poi fatto tardi
e nell’aria ha disegnato il segno della croce,
e per questo sono stato costretto a maledirlo
per l’eternità

Fino a vedere la prima alba
ti ho aspettata
Sui colli deportata,
ecco la luce d’un sole paglierino
Ho su la faccia di quello
che è un buffone, d’un buffone sul serio
Ho la povertà che viene quando nel cuore
dilaga sol più l’amarezza
e per specchio ai miei occhi pozzanghere nere
più del culo dell’inferno

Ti ho aspettata, non puoi dire
che non è vero; ero solamente un amante,
uno dei tanti deboli a farti la corte

BRUCIARE CARBONE

Tutto ha una fine
Un fochista non smette mai di bruciare carbone
E tu non sai che cosa gli dirai una volta a casa:
la paura ti arde l’anima e ti ha già condannata

Quando credi d’aver la felicità in mano la perdi
Hai consultato la Bibbia, dalla prima all’ultima pagina
Adesso è il tramonto e lui è già quasi sull’uscio
Potevi forse tentare di fuggire quando lui era lontano

Tutto ha una fine, tua madre te l’aveva detto
Se hai un amante non farlo dormire nel tuo letto,
perché tuo marito è un fochista e capirà

Bussa alla porta, è accaldato e sporco di fuliggine
Ha alle spalle giorni e giorni di duro lavoro
e i suoi baci hanno sapore di cordite, e tremi

Tutto ha una fine, tutto nella terra finisce

ED ORA LASCIATEMI FUORI

Ed ora lasciatemi
Il vino nella gola l’ho scolato
e i bicchieri di vetro fuori poi
uno a uno
in un camino di fantasie
da negre fiamme avvolte,
e l’affanno mio non è ancora finito
E non si è ancora spento il camino

Le carte in mano
una a una le ho interrogate
la poca posta in gioco perdendo;
al tavolo verde le lacrime
le ho regalate

Se sotto la stella nera vieni segnato
non sognare di poter esser diverso
Hanno tutti un motivo per ammazzare,
e tutti la faccia te la possono in faccia sputare
se in una notte di assoluto buio nasci
come a me è accaduto,
a me e agli amici miei

Ora lasciatemi,
i dostoevskijani demoni
che davanti a me vedo scivolare
li devo a uno a uno slegare
Senza fallire devo farmi fuori
e nel loro cerchio ballare e ballare,
e il meglio di me dare
perché tutto è finito, tutto;
e son stato davvero io a volerlo
credendo all’amore,
cedendo all’amore

CI MUOVIAMO

a Valeria Chatterly Rosenkreutz

Fianco a fianco ci muoviamo
verso solitudine fra infinito e eternità,
per una verità
al di là delle possibilità
del cuore e della mente
Sulla cenere delle ère lasciamo
le nostre orme ora leggere, ora pesanti
Per plaghe ricche di frutti
Per deserti edaci dove il sole fa male
e la luna un freddo occhio
trapiantato fra il trono di Dio e la speranza
Per mari – profondi più dei nostri cuori –
di fondali abitati da Leviathan e da più negre creature
Attraverso sogni e incubi disperati
Così tanto, così, sempre fianco a fianco
reggendo la spada e lo scudo in mano,
dimenticando le risate dei bambini
e i rantoli dei vecchi alla loro ultima notte,
e non ancora è finito il cammino
né ci preoccupiamo di quanto rotte le ginocchia

Centinaia di anni insabbiati
e di culture sgretolate, come niente;
e noi non poi troppo diversi da ieri:
soltanto qualche ammaccatura qua e là
Verso solitudine ci muoviamo
Seppelliamo mostri e Crociati allo stesso modo
in una terra che appartiene al limbo estremo
del nostro pensiero
Fianco a fianco camminiamo,
più morti di tutti quei morti
che seppelliti e marcescenti
da un remoto recesso
dentro al nostro pensiero tentano indarno
di lanciarci eco d’avvertimento…

TORNARE INDIETRO

Tornare indietro,
far fuori Plutarco,
le vite parallele,
l’influenza dei caratteri
in positivo
o in negativo

Tornare
a un perfetto niente
che non conosceva
né il Bene né il Male

Tornare
a scaccolarsi il naso
per il piacere
di respirare vuoti d’aria



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