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Questa figura da stronzi, questa fine da grandi stronzi

Questa figura da stronzi, questa fine da grandi stronzi

ANTOLOGIA VOL. 51

Iannozzi Giuseppe


LE DONNE E I GIORNI

Ascoltami adesso che ho un pianto
che non vuol venire. Ascoltami
adesso: non ho niente di particolare
da dirti, ma ho un canto d’osteria
che spinge il cuore a ubriacarsi
d’un po’ di malinconia, di rosso vino.
Le donne trascorrono come i giorni
e ogni nuova alba si fa più dura
da sopportare. Così, sol ti chiedo
di ascoltarmi adesso che non ho niente
di particolare: il vento continua a stormire
e io a cantare fino a quando si fa l’ora
di dormire. Ascoltami, ascoltami adesso
che so vivere sempre tirando a sorridere,
perché poi sarà tardi anche per morire.

MI GUARDAVI STRANO

Tu mi guardavi strano
Avevo io appena scoperto l’amore
Ti sembravo, buffo ti sembravo
a riempirmi la bocca di baci

Hai fatto tu la doccia
Ho aspettato io indeciso,
innamorato dell’odore di te sulla pelle
Poi il telefono ha dato uno squillo
Tutta bagnata sei corsa a rispondere
come se da quella telefonata l’avvenire

Non ti ho più sentita da allora
Ti ho cercata sotto l’Angelo di Marmo
Di te ho chiesto ai dannati di Pigalle
e nelle case di Genova mi sono nascosto
sempre invocando il tuo nome

E ti ritrovo oggi qui uguale a ieri
né invecchiata né innamorata,
mentre affilo coltelli in strada
per portare a sera pochi danari
a malapena utili
a non lasciar morire la bocca

TRAGICO L’ORECCHIO

Tragico l’orecchio
che alla notte diede via
per amore o follia,
o solo per rimanere
fedele ai colori suoi.

CHIMERA

Nel colore del grano maturo
si perdeva l’infinito sguardo
degli occhi tuoi blu di cielo;
e nel grano tutti i sogni d’una chimera
che ti seduceva con vane parole d’oro
… naufragate nella luce del sole.

NELLA NOTTE A CERCARE

Con chiacchiere, in silenzio o a gran voce sparate,
non lo turbiamo il sonno tuo: si rischia di svegliarti
e se ti svegli chissà che pensi e se pensi al bene, al male,
se vai poi avanti su e giù nel cavo della notte a cercare
quell’uomo che la noia se l’è cercata col lumicino.

Non la svegliamo Questa notte in coma, no… c’è la Luna,
e ne sa di più la Luna di donne e uomini nei letti raccolti;
dall’alto a uno a uno li illumina con un filo di luce appena,
ma è abbastanza per denudare i loro mai sopiti desideri,
a nudo li mette, e in cielo il posto presto lascia lei all’alba…

al Sole che gli occhi acceca e che i sogni li spegne
dentro al casino d’una città che la quiete non sa;
così questa verità, da sempre uguale, lo sappiamo,
non la possiamo oggi noi negare e nemmeno fregare.

Non la possiamo fregare, no,
non con un pizzico di sale e uno di vanità.

COLOMBE

Le colombe,
sempre,
il cielo prendono nel raggio
della loro apertura alare.

Mai indecisione.

TROPPO GRANDE

Siede la rovina accanto
alla muta sua ragione:
amore troppo grande
per essere compreso
o compresso a voce alta.

SPECCHIO

Conobbi
un Buffone di Corte
che sputò in faccia al Re;
conobbi
un Uomo prigioniero
d’uno specchio
che rideva,
che forte rideva
del suo fantasma, per Dio!

CONSEGUENZA

A volte,
Vita
c’impone
Impotenza:
non fa male
la Vita
né l’Imposizione,
solo
la Conseguenza.
E in questa
bisogna lottare:
un sorriso
sarà lama
contro il Carattere
che vorrebbe
trascinare
nella sconfitta
nostra identità.
E quella di chi
noi amiamo.

L’ORIZZONTE DI VLADIMIR

in memoria di Vladimir Vladimirovic Majakovskij

constatare che è rosso il sangue e ogni quartiere
quando si fa la sera e si scioglie sui candelabri la cera
la materia dell’orrore quotidiano
la teoria del terrore proiettato nel grido vano

nel mio teatro
sotto la neve
si ammanta di fiamme ogni fiera
ci si ammala di umbratile follia
perché rosso è il sangue
perché mai bianca rimane la neve

nel mio animo
schiacciato da mille umbratili spoglie
si spoglia la carne del suo peso
della materia e della teoria
si scioglie in un orizzonte insano
nel vuoto lasciato da una pallottola

IL GIORNO DELL’ESECUZIONE

e mi porterai davanti al plotone d’esecuzione
per una promessa di lacrime non mantenuta
e mi dirai che il fuoco sarà la bocca della verità
e io solo spegnerò gli occhi miei davanti ai tuoi

CENT’ANNI E UN GIORNO

campò cent’anni di realtà e un giorno allo specchio
solo per veder schiattare amici e nemici tutti d’un colpo
solo per riconoscere il suo proprio viso rasato di fresco
senza testimoni

LA FABBRICA

E ora t’accompagnerai con uomo:
i suoi occhi come fabbriche ti diranno
che l’amore l’hai prostituito nel fumo.
Piangerai. Dirai che non è vero.
Il tuo cuore pomperà sangue e lacrime,
passione e pena. E sarai felice di vivere
e morire per lui che ha un contratto
con la fabbrica di chi non è più nessuno.

ULTIMA TENTAZIONE

Piacerebbe viverti accanto,
guardare il tuo sorriso svegliarsi,
andare per campi a mietere amore.

Ieri ho incontrato il parroco
che mi ha spiegato
quanto e quanto spietato è l’amore:
non sapevo che scusa inventargli
per dimostragli il contrario.
Mi nasceva un singhiozzo in gola,
e lui, il bastardo, lo sapeva
che ti avrei persa tra le fila
delle donne comandate a pregare
per un dolore più grande del mio.
Il tuo rosario
– è meglio che tu lo sappia –
non l’ho mai sopportato:
legavi il mio collo con quella croce,
trovavi fosse eccitante il soffocamento,
l’anima mia
che s’arrovesciava negli occhi.

Piacerebbe amarti completamente,
so però che hai un altro più famoso di me
che reclama la religione della tua fica;
così credo che oggi andrò a incontrare dio:
mi hanno assicurato
che ha un suo binario morto
e che un uomo sa percorrerlo senza paura
fino alla fine, senza mai voltarsi indietro.

Piacerebbe viverti accanto e dentro,
come un aborto o un rasoio per le vene.
I tuoi polsi mi hanno eccitato sin dall’inizio,
anche quando legavi il robusto mio respiro al letto
e affannavi su me il tuo fragile corpo in una croce
che fosse per te il mio venire soffocato
– sognato vergine, tragico, uguale a un sudario,
impossibile come l’ultima tentazione di Cristo.

Oh, quanto ti vorrei sapere
dove muore la cronaca nera!

Ho in bocca il sapore della prima sigaretta,
e nella testa l’ultima nudità di Maddalena;
ho in bocca il risveglio del primo caffè
e nel bassoventre la vuotezza che mi hai spremuto;
ho un incubo di polsi tagliati e un sogno soffocato,
e nel cuore tutto l’amore che più non saprai.
E nel corpo tutto il sesso che più non avrai.

Piacerebbe farmi ombra a te accanto
almeno per un ultimo infinito momento,
anche se un uomo non torna indietro mai.
Anche se un uomo non torna indietro mai.

‘NA SEGA

perché mi racconti dell’eternità
quando stai tirando le cuoia?
l’amore non è per sempre
e non c’è illusione o perdizione
che valga la pena d’una sega
mia amata, mia amante! si proceda
per l’amen e l’identificazione
perché
si sa che della vita non v’è certezza

d’un morto amore ancor meno!

METAFORA PERFETTA!

Tra binari, partenze e arrivi
in eterna confusione, gridavi:
“Dove sei finito? Dove, dove
il sussultante e infuriato
vagone? Forse il bersaglio
non sa centrare?”

Il vagone,
finto addormentato,
sta sul suo binario
ma nascosto, sbuffando fumo,
producendo l’inizio
d’un ferroso cigolio
oltre le identità di Pessoa
per amor d’una Metafora
vicina e lontana,
infuriata e comoda
come il Significato di Dio,
come il peloso Culo
dell’uomo scimmia in attesa
di bruciare carbone nel grembo
della Locomotiva. O forse
solo in attesa di trovar conforto
in un’annoiata loffa.

NELLE VENE DELLA TERRA

passerà, passerà anche questa guerra
e questo giorno che dura da sempre
in immutabile sconfitta di uomini
come numeri strappati dal calendario

passerà ma non si potrà mai dimenticare
tutto il sangue versato nelle vene della terra

QUESTA FINE

era meglio morire da piccoli
piuttosto che fare questa fine da grandi
questa figura da stronzi
lo scambio di coppie, il naso da pinocchio
e tutto l’amore lasciato e fucilato alle spalle

la filosofia storta di schopenhauer, la vecchia perpetua
la sonata di bach e i segni rossi della maestrina sul diario
della vita

ma quale significato e significato in tutto questo?
quando piccoli la morte sarebbe stata dolce
come un cappuccetto rotto a letto, una distrazione

e invece oggi è ancora questo pontificare
dire una preghiera in pubblico e farne un’altra in privato
aspettando il colpo finale che metta la parola fine
a questa figura da stronzi, a questa fine da grandi stronzi

era meglio morire da piccoli
piuttosto che mortificarsi nel tropo perfetto
nella filosofia d’un bicchiere mezzo pieno, mezzo vuoto
nelle scarpe troppo grandi di charlie chaplin

era meglio, e invece il prezzo del significato ancora
ancora senza significato
era meglio, e invece i segni rossi della maestrina sul diario
della vita
e tutto l’amore lasciato e fucilato alle spalle



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