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DONNE, SCRIVEVO MICA MALE! – ebook – supplemento a “Donne e parole. Sulle orme di Leonard Cohen”

DONNE, SCRIVEVO MICA MALE!

ebook per Donne e parole. Sulle orme di Leonard Cohen

Iannozzi Giuseppe

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DONNE, SCRIVEVO MICA MALE!

LE TUE GAMBE

Tu non sai: ho sognato un mondo d’amore
di tette al vento, di volti gentili aperti al sole
L’erba alta sfogliata dalle carezze degli amanti
in cerca d’un filo d’ombra prima di fare all’amore;
e alberi frondosi, verdi carichi di fiori
che domani saranno frutti maturi succosi
E quelle labbra, oh quelle labbra sì rosse
che a morderle a pelo illanguidiscono l’anima;
la tua bocca così dolce, rifugio di baci,
e la mia mano sul tuo nudo volto
a sfiorar con la punta dell’indice
l’incertezza tua sospirata a metà
prima di darti all’ardore della lingua mia,
mentre già scivola la sinistra lungo le gambe
nude di bellezza, dal calore di dio baciate

BIONDE RISATE IN RIVA AL FIUME

Era tutto così bello
Il sole che picchiava forte
e l’erba alta verde e soffice
Fiori dappertutto,
nell’aria profumo di fragilità

Così coccolato
fra le dita una ciocca bionda raccolsi
e scoppiasti tu subito a ridere
insieme al piccolo fiume
da noi così poco distante

Era d’oro quella ciocca
E il tuo volto felice
era estasi in un bianco sorriso;
fui così tentato,
così tentato di credere al divino

Arrossendo lievemente
ti alzasti nascondendo le gambe
sotto la corta gonna
Fra le scomposte chiome degl’alberi
prendesti a correre
come braccata da una feroce felicità
Fino alla riva del fiumiciattolo ti portasti
In esso i nudi piedi calasti
rabbrividendo un poco appena

Ti ero dietro
Affannato, ammirai te
muover sicura i passi
Ridevi alzando spruzzi al cielo,
un calcio e poi un altro
– una bambina che vuol giocare

Rimasi così per l’Eternità,
con quella immagine di te
nel cuore piantata
Poi anch’io fui costretto
a esalare l’ultimo respiro

TRA PENSIERI E SOGNI

Mi spancio
all’ombra d’un salice piangente
spogliando il giallo d’un crisantemo,
cercando l’illuminazione
fra le ombre e il frusciare del vento,
nel mezzo dell’erba alta carezzata
e subito piegata; non una nota risuona,
l’intorno si allarga, valica montagne
ricordi e donne; resiste il pensiero
che sono vivo, ed allora dormo,
spengo l’essere vigile, affronto il sogno.

SACRIFICIO

Nell’amore avete confidato
e nella sua fossa siete caduti,
come tutti
Che c’è di nobile
in un simile perire?
forse la gloria del sacrificio
di chi per un amante ha tutto speso?
E ditemi, avrà mai qualcuno
memoria di chi siete voi stati?
Ditemi, se un anelito di sincerità
ancor resiste nella vita
che fredda si fa nella bocca ansimante,
così che possa scrivere sull’algido avello
epitaffio gentile che non sia uguale
ai già tanti milioni nell’oblio sepolti

AMANTE MIA

Avanti, avanti Amante mia
Getto la maschera di gesso
Da tempo s’è fatto il gioco
quello d’un delinquente,
pesante nonostante la leggerezza d’angelo
dell’anima tua che alla mia s’accosta
per insegnarmi del dì la luce fra cieli
che si perdono dall’Irlanda al Canada

Avanti, avanti Amante mia
Questo dì si è appena sposato
a un ricamo di bianche nuvole
che mi lasciano senza fiato
– che mi lasciano supporre
la profonda bellezza delle tua gamba
prigioniera d’una giarrettiera

Non ho soldi in tasca
e nemmeno illusioni da sbandierare
per farne grido di rivoluzione
tra i fischi dei treni giù in stazione
Batte però forte il cuore, e ho sogni,
sogni che nel tuo sguardo
mi nascono al mattino
e che mai muoiono
alla sera negl’occhi tuoi

Amante mia, sol ti chiedo
di non lasciarmi
Non tengo il coraggio
di restar fermo
tra gli arrivi e le partenze
in ginocchio pregando il cielo
che cambi in meglio la vita mia
Impossibile cambiarla
perché tutto quello,
tutto quello che di bello ho
l’ho da te imparato

Avanti, avanti Amante mia
In questo dì che si spande all’infinito
– una volta per tutte – asciuga le lacrime
e diglielo a quelli che di te si prendono gioco
che lui che t’ama non ti lascerà per un’altra
né oggi né domani
né quando l’eternità sarà su noi
Avanti, diglielo a quei brutti ceffi
– che le mutile loro arpe più non accordano –
che la musica dell’amore per sempre dura
quando un uomo e una donna
le loro mani legano

Avanti, Amante mia
Getto la maschera di gesso
Asciuga le lacrime e reggimi la mano
Non abbiamo bisogno d’altro che di noi
… che di noi

UOMO DELLO SPAZIO

Rubi a me, rubi al cielo
Ho perso
guardandoti andar via

La vita, la storia romantica,
la tua vita segreta
non vanno d’accordo,
in fisse fotografie restano incollate
D’ora in avanti resterò fermo,
condannato tra i Getsemani
nella posizione del loto

Precipitano le cascate,
non vede dio l’uomo nello spazio
e il pappagallo sempre si ripete:
le quattro parole
che dalla tua bocca ha imparato ripete

Per un momento le tue risate
le ho pescate
in un buio più profondo di me
la vastità del cielo spiando
sognando di spaccare rocce col fiato
Un passo più veloce
del battito nel mio petto,
e m’è franata addosso la luce

Non ho fatto in tempo
Ho solo fatto in tempo
a rendermi conto
che le candele che avevi acceso
la luce avevano esaurito
in una stanza già vuota
di risate e illusioni

Ho peccato, ho peccato
E sono nel peccato,
così d’ora in avanti resterò fermo,
nella posizione del loto
Resterò sulle frequenze
di quell’uomo sputato nell’Infinito

UN’ALTRA NUDITÀ

Quanta notte
costringe la notte
a farsi buia e profonda
fino al limite oscuro della fine

Quanti respiri
E quanti sospiri
ingoiati a bruciapelo,
che non sapevamo d’avere
E la sigaretta dopo l’amore
E i tuoi occhi lacrimanti
che però bruciano
e son brace di braci
mentre accarezzo la tua nudità
in cerca d’un’altra verità

FINE DI UN AMORE

E quando la fine d’un amore,
chi può dirlo, chi?

Si fa vergine la poesia
– forse complessa malinconia:
si tinge di rosse proiezioni?
Chi può dire quando la fine?

Eppure c’è, è necessità
Non ammette deviazioni,
solo condizioni a breve termine
come la vita in un attacco di cuore
Come la morte in un abuso di vita

Dieci baci bastarono, furono
abbastanza in questa stanza
Dieci baci si sfidarono
fino all’ultimo fiato
E tu – quando in ginocchio caduto
sol più reggevo una bianca poesia
di niente – m’invitasti a risollevarmi
perché avevi un cappellino nuovo
e ci tenevi davvero tanto
che lo vedessi coi miei occhi

Quando le parole non servirono,
servirono i nostri baci
e la formula, quella dell’addio,
qui dove scorre il sangue in un tango
– nel fango dei ricordi calpestati
e ai piedi solitari per sempre ammanettati

IL SILENZIO DELLA MORTE

Straniero in terra
di consumata guerra
conto delle stelle gli anni,
la lontananza che da loro
mi separa
Quante invalide notti qui
ad aspettare speranza
mentre cadevano uomini
e tutto l’intorno si faceva
spazio di fantasmi,
di mute voci,
non oso confessare
all’alma mia ora piagata
su questa vuota spiaggia

S’alza stanco il mio navigatore
e mi dice di Chi oggi così muto
Ma basta un mio vago gesto,
un cenno del capo appena
perché tosto si dissolva
per congiungersi alla mutezza
che è sovra ogni corpo abbandonato
orrendamente straziato

Quanti sono così al cielo esposti,
nudi nella morte
e non raccolti in cristiana sepoltura!
E le mosche a divorare quei volti
che in vita mi diedero voce d’amicizia
sotto gli sguardi prepotenti del sole

Di facile morte,
chi per disgrazia
oggi Unico Sopravvissuto,
non muore;
e l’astuto imperfetto Silenzio
piano lo consuma in atroce pazzia
nell’incessante ronzio
di milioni e milioni di mosche

ASCOLTO I NERI PENSIERI

Con mute orecchie
ascolto i tuoi pensieri,
ma sordida m’è la bocca
che la tua desidera sposare
senza ritegno alcuno
Ho forse colpa
se l’udito mi difetta,
se gl’occhi guardano
su abissi di tenebre,
se le labbra non amano lo spirito
ma la carne solamente?

Creatura della Notte,
amo l’Impossibile
e per questo i Nani
m’hanno spinto alla gogna:
anelano a cavarmi
di bocca il sogno,
il sogno mio
che ancor gode in stato fetale
Col forcipe in mano
se la ridono della grossa
lasciando la lingua schioccare
contro il palato, in sé scavando
dell’aborto l’infame imago
Mai e poi mai risposta troveranno
al desio loro: per quanto grande esso sia
pur sempre frutto di nani maligni
il cui cuore peloso e puzzolente
uguale al buco del culo delle scimmie

Creatura della Notte,
soltanto ti chiedo di prepararti;
la prossima volta
che sarò nudo ai tuoi piedi
sarà perché maturo è il tempo
Non uno si salverà
dopo il nostro accoppiamento,
non uno potrà dire d’aver avuto il tempo
di vedere la Fine del Mondo

NON TRADIRE MAI

Non tradire mai
Gesù piange
Non tramare contro
Troppo vecchio Dio
per aver occhio!

Così fatale, così fatale!
Non pensavo
d’incontrarti ancora
La strada è la strada,
ogni povero diavolo la corteggia
masticando buio e coraggio
Così fatale, così fatale
Sapevo d’averti persa
prima che il destino
ci mettesse lo zampino

Così fatale, muore Gesù
senza lacrime,
senza disperate urla
in dono per il cielo,
per i pochi ai suoi piedi
Nudo e crudo muore
sotto un cielo che partorisce
grasse nuvole nere,
come il culo del diavolo nere
E in eterno uguale rimane
questa mia breve poesia

Come il culo del diavolo
così fatale, così fatale…

CORVI DEL DESTINO

Miei corvi, ali nere senza riposo,
volate, sopra le nubi volate,
sulle nude carogne nei deserti
e nelle città abbandonate scagliatevi
e delle putrescenti carni
integro non lasciate un brano

Venuto è il tempo che aspettavamo
in cima alla Torre di Babele
con bocche mute e impazienti
E’ venuto il Giudizio e non uno
troverà pietà o verità adesso
che l’oggi è senza un domani
per destino

Negri miei orrori, rendete la Ragione
alla pazzia del Re che vi ha nutrito

LA FINE DEGLI ANGELI

Tutto è finito
Ogni cosa ha perso
di valore
Tutti gli angeli
caduti
schiantati
sulla durezza
delle nostre anime
hanno assunto
quella volgarità
che ci tiene in piedi

Amore,
siamo infine giunti
all’ultima goccia di sangue
Amore,
quando si muore
più niente rimane
a parte il corpo
della putrefazione
Amore,
già lo sapevi tutto questo
ed hai taciuto credendo
che gl’occhi miei avrebbero continuato
a vedere un mondo meraviglioso

Sono finiti male tutti
Gli amici andati
insieme agli odiati nemici
Chi, chi è rimasto?
Che cosa è sopravvissuto?
Non un filo d’erba,
non un alito di vento
Non una speranza,
non un ricordo
Non un moto di sorpresa
Tutto, proprio tutto è andato
e non tornerà mai più
a bagnare queste labbra aride
di deserti di solitudini di vuote parole

Lasciato
nell’ignoranza
fino alla fine hai sperato
che avrei continuato a sospirare
“Meraviglioso!”
Amore, tu lo sapevi
che non sarebbe durata l’illusione,
ma sapere non è servito
a farti cambiare idea
Non è servito mai niente

Ogni cosa ha perso
di valore
Tutti gli angeli
caduti
dentro di noi
si stanno rialzando
con occhi di brace e alito di zolfo
Amore, siamo così belli,
così tanto belli! Non c’è specchio
che possa negarlo adesso…
adesso che comandiamo noi
la Putrefazione

ESSERE IN SETTE VITE

Del gatto gl’occhi son spiriti di ieri
Ti osservano dall’inferno dell’essere
in sette vite e in nessuna in particolare
Ti osservano
Altro non possono
Vengono da lontano, da oltre il Nilo
E l’uomo che t’ama
è appena andato via per le sigarette
In fondo lo sai che presto tornerà
come sempre, stanco d’aver perso
un’altra volta la sua scommessa
Ti racconterà di come ha provato a bere
da uno specchio d’acqua in un deserto
Ed allora per sempre in tuo possesso sarà

ALL’OBLIO DESTINATI

destinati ad amare
per due graffi di solitudine sulla schiena
destinati a fare i buffoni
per un sorriso di piorrea e una dentiera
destinati a strizzare l’occhio
per non vedere chi vicino a noi muore

destinati ad essere eterni invalidi,
pallottole lanciate nello spazio
per incontrare della carne la fragilità

…lecchiamoci le ferite
o cominciamo a cadere
come foglie al vento
nella tomba dell’oblio

COL VENTO VAI VIA TU

Te ne vai
col vento tu
In altro dove ti porti
dove non posso io
raggiungerti
e in ginocchio
chiederti di nettarmi
dal solo occhio buono
che m’è rimasto
quella lacrima
che tu sì tanto ami
vedere scivolar
giù sul mento mio

E’ quasi il giorno
che ci ha visti
l’uno accanto all’altra,
e deciso hai
che arrivata è l’ora
di dimenticare
il buono e il cattivo
allo stesso modo
Ti fai lontana,
lontana come foglia
che il vento la suona
per farne sua armonica
di libertà
se non proprio di verità

LUPA

Quando mi venisti accanto
addosso avevi l’odore della Lupa,
ma più forte era il profumo
di quei mille vergini fiori
intrecciati sul tuo bianco petto
E negl’occhi l’azzurro del cielo

CANDIDA COLOMBA

Il candore
d’una colomba
ferita
Il tuo volto
sul mio
stranito
pallido
Un bacio solamente
che però
brano a brano
l’anima
dal petto
m’ha scavato

TI ODIO IO

Io, ti odio io
Un bacio non lo voglio,
non lo voglio uno e via

Io, ho imparato io
quanto si può
per amor soffrire

Un bambino
in tuo potere io,
poesia strappata
alle pagine bianche
d’una vita inutile

Io, ti odio io
L’orgasmo delle tue risate
fino all’orecchio mio sale
e s’appannano gl’occhi
d’immane tristezza

Perché sei donna ti odio io
Perché si può far
di tutto a meno,
della vita anche,
ma non d’un tormento
d’amore per dar senso
a un’esistenza intera

LA PIÙ BELLA E DESIDERATA

Tu, la più bella e desiderata
Da quel tragico paradiso
d’una felicità sempre uguale
ti ho strappata stuprandoti
Sul mio petto ti ho portata,
come rosa appena dischiusa
timida
ma feroce di spine sullo stelo

Per bere una goccia di sangue
un dì di primavera mi hai graffiato
Così tanto mi son commosso
che di dirtelo non ho osato
Ti ho però baciata,
più a lungo del solito
E hai tu capito, e ti sei presto alzata
e nuda ti sei specchiata facendoti triste

Addormentati e feriti
Il mattino ha poi fatto capolino
attraverso le commessure delle persiane giù
e i nostri occhi di pianto rappreso ha stuprato

Ma t’amo ancora, ancora t’amo, mia Fragilità

MI GUARDAVI STRANO

Tu mi guardavi strano
Avevo io appena scoperto l’amore
Ti sembravo, buffo ti sembravo
a riempirmi la bocca di baci

Hai fatto tu la doccia
Ho aspettato io indeciso,
innamorato dell’odore di te sulla pelle
Poi il telefono ha dato uno squillo
Tutta bagnata sei corsa a rispondere
come se da quella telefonata l’avvenire

Non ti ho più sentita da allora
Ti ho cercata sotto l’Angelo di Marmo
Di te ho chiesto ai dannati di Pigalle
e nelle case di Genova mi sono nascosto
sempre invocando il tuo nome

E ti ritrovo oggi qui uguale a ieri
né invecchiata né innamorata,
mentre affilo coltelli in strada
per portare a sera pochi danari
a malapena utili
a non lasciar morire la bocca

CANTO LA VITA CHE FUGGE

Canto la vita che fugge,
che più non avrà beltà
o verità da dire
al cielo di nuvole gonfio
e di sole a sprazzi
Canto quel che i pazzi
non osano dir chiaro e tondo,
che il tempo è poi sempre
un momento:
non s’ha mai forza di condurlo
alla bocca che già è passato
lasciando ogni viro scontento

Canto, e canto ‘sto sentimento
M’accontento
come il povero che la mano allunga
senza mai sapere se una moneta
o un colpo di pistola in dono

SE MAGIA E BUGIA

Se fai d’una bugia la magia
di colpo entrambe
unite si rivolteranno

Già ora insieme giù cadono
ma non più in sembianza
d’angelo o demone
né per una negra piuma
né per una bianca

Se magia e bugia
per te son la stessa faccia
prima o poi o l’una o l’altra
sceglierà di star a te accanto
con affilato stiletto
e sulle labbra ti taglierà di netto
la dolorosa sua verità
senza che tu ne abbia
comprensione

E parole di sangue sputerai
cercando colle mani
di far tampone alla ferita,
scoprendo che non c’è colore,
che non c’è il rosso a tingere
la pelle nonostante il dolore
lacerante

IN ERRORE

Non mi puoi lasciare così
Su te avevo investito
qualcosa di più dell’anima
e d’un bossolo fra le macerie
di quel vecchio casolare
dove giusto ieri lo facevamo
riparati da un po’ d’ombra
soltanto

Non puoi uccidermi con un bacio
e scappar poi via in punta di piedi,
nuda ma come se mai fossimo stati
fra gli amanti i più generosi
e focosi

FRA LE MIE BRACCIA

Fra le mie braccia
si muore
come d’inverno
aspettando
primavera

Che il sottobosco
torni
a profumi di muschio…

Giù in paese
già i comignoli
esalano fumo;
ciarliere le donne
al fuoco
riscaldano i pani

Presto
altre vite
legheranno vite
tagliando
cordoni ombelicali,
guadando fiumi
di culture
diverse
dall’Arno al Po

DI QUESTO SOSPETTO

A gran voce
chiesero la verità
Gettai loro pane
in abbondanza
Stanno ancora
alla porta incollati
a bussar forte,
col pugno chiuso
Nutro così sospetto
che ci dev’essere
qualche cosa
che l’animo morde
più della fame

E di questo sospetto
non chiaro mi nutro

IN DUE

In due andiamo
fra cessi e rottami
di seconda mano
Uno avanti
l’altro dietro

Di niente ci lamentiamo
Ma quando una cipolla
o un callo bestemmiamo

GRAZIE

Grazie
per la gioia
che m’hai dato
Ma
come allora
credo
nella paura
di guardare
il vuoto buio
sotto il letto
dormiente

SONNAMBULO

Con occhi consumati di sonno
da te ritorno per essere vittima
finalmente

COME UN UOMO

Vindice
poi da me verrai
come un uomo
senza pietà

MALVAGI

Malvagi fischiettano,
con l’indice
e un sorriso d’ambiguità
ti puntano
Si fanno poi in volto scuri
e buia diventa la vita
ch’era tua

O L’UOMO O IL POETA

Del poeta la poesia bell’e finita si ama,
non il segreto dolore dentro al petto,
non la fame che nel cavo delle notti
sempre lo spinge a cercar negli altri
uno spicchio di sé, dell’uomo che fu

Dal lume d’una candela confortato
sulla vergine carta l’inchiostro versa
sempre stando ben attento a non sciupare
le parole in bella calligrafia vergate
con quei rivoli di sale che le gote gli bagnano

E tu, mia bella Fata, chi o cosa oggi ami?
Non v’è certezza d’un Dio nell’infinito,
ma più vero è che ogni giorno cade un poeta
intorno a sé sol raccogliendo il silenzio,
talvolta un misero alloro alla memoria

Chi o cosa oggi ami? Ricordati domani di me,
dell’uomo forte e fragile prima del poeta
che con l’infantilità dei suoi versi
ti ha incantata e cantata

DI PECCATO E DI PASSIONE D’AMORE

Mio Angelo
di Peccato di Passione d’Amore,
nei pensieri miei
lo posso immaginare il volto tuo,
due occhi profondi e innamorati
mentre rossore di pesca matura
su le vellutate tue gote si diffonde

Nel desiderio mio
lo posso sentire il fascino,
il tocco delicato delle tue dita
su la ruvidità della mia pelle

Nel cuore
l’avverto la linea delle tue labbra
così rosse, teneramente carnose
come frutto mai colto, mai goduto
sino in fondo

E se forte ti stringo le mani nelle mie,
arrossisci piano e lento chini il mento,
un poco appena
perché la grazia tutta si possa nascondere
sul petto mio, là dove mi batte il cuore
sempre e sempre più forte

Ma quando gl’occhi apro al cielo
solo incontro altro infinito cielo
Ed allora mi dispero in una lacrima
che la rozza linea del mio viso la taglia
E sol vorrei generoso tosco da ingollare
perché nell’Eternità ti possa sognare
e per sempre baciare
senza mai riprendere un fil di fiato

DONNA CON LA GONNA

Una donna con la gonna un poco lunga
che mi faccia sballare il giorno e le lune
con un ballo di religiosa peccaminosità
perché possa infine in ginocchio capire
che tra i ritagli di vetro dello specchio
ancor resiste l’immagine d’una femminilità
non sempre svuotata e al “così sia” votata

Una donna che mi prenda, che bene mi prenda
sconvolgendo certe certezze di poeti e impostori
Una donna che a piedi scalzi sulle acque cammini
per benedirmi nel sangue della sua passione
Una donna che dall’anima mia a zero rada la noia
di cercar nell’uguale l’uguale

Una vergine che ami la puttana che bella la fa

E però è il mio un pretendere ottuso e vano,
in troppi punti simile a chimerica Cabala o Babilonia

DA TEMPO DIMENTICO

Da tempo dimentico le date importanti
con la luna che suda amore,
con il sole che affoga nello spazio
Non è stato sufficiente estrarre
la spada dalla roccia per giustificare
le tristezze, i mali da Est a Ovest

Rimango goffo nello sfiorare
d’una farfalla i colori in volo
sulle ali del vento;
forse per colpa d’una lacrima di whisky,
o del bastone che mi tiene compagnia

C’è laggiù un giardino senza nomi
Non ci va mai nessuno
perché nessuno sopporta il dolore
di chi non può riposare

Non è stato sufficiente imbiancare
la barba e perdere i capelli,
saggezza non è venuta dalle stelle
Ma tu, tu sei sempre più bella
Questa verità, questa verità,
sì semplice e complicata,
tu, per colpa mia, non la dimenticare

RANDAGIO SOTTO LA PIOGGIA

Un randagio sotto la pioggia
cerca nel cielo di nuvole e notte
l’alta ispirazione per tirar giù
un goccio di piscio, e un guaito
che arrivi fin lassù

E ci sono, ci son sempre stati
i tuoi grandi occhi blu
a sciogliere questa cosa,
questo blues,
così penso che continuerò
a vendere stracci e poesie
alle donne per veder la gioia
gonfiarsi nei loro vergini seni

VIENI, VIENI, PREGO OGNI SERA

E vieni, vieni, prego ogni sera,
prima che si consumi delle candele la cera
Come zingaro aspetto preso sotto
il peso della luna per vedere
una volta ancora le tue gambe di miele
E vieni, vieni, ripeto lento lento
fumando del pacchetto l’ultima sigaretta

Ho visto crollare il muro di Berlino
e le Torri gemelle; non mi aspetto granché
dal futuro; da centinaia d’anni
l’Ebreo Errante nasconde un piano
nella sua tasca destra e a tutti va ripetendo
che non ci sarà un posto sicuro per nessuno
quando Gerusalemme e la Mecca cadranno

E vieni, vieni, ho del buon vino,
bicchieri di cristallo e un violino
Manca solo la tua bionda bellezza,
il tuo sguardo blu e fatale
per dar sicura sepoltura
alla bruttezza della mia faccia

E vieni, vieni, ripeto lento lento
fumando del pacchetto l’ultima sigaretta

SCRIVONO POESIE

I più scrivono poesie
per farne cenere ed epitaffi;
io invece sol attendo
che il dì si spenga nel buio
per sentire la tua canzone

I più dimenticano i poeti,
le pallottole d’argento,
le sofferenze delle rose;
gioco con i soldatini
pregando il Buddha che ride
affinché non cadano
nella trappola della ruggine

I più scrivono e scrivono
senza posa, mai stanchi;
come un bambino illegittimo
sol attendo che tu mi dia gioia
con un bacio in punta di piedi

Sol attendo di non cadere
anch’io nella trappola di Dio

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DONNE, SCRIVEVO MICA MALE!


Acquista DONNE E PAROLE. SULLE ORME DI LEONARD COHENIannozzi GiuseppeIl Foglio letterario – Collana: Autori Poesia Contemporanea – Edizione a tiratura limitata: novembre 2016 – Pagine: 604 – ISBN 9788876066450 – prezzo: 18 Euro

Donne e parole. Sulle orme di Leonard Cohen – Iannozzi Giuseppe – Il Foglio letterario

http://www.ilfoglioletterario.it/Catalogo_Poesia_Donne_e_parole.htm

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Perché leggere DONNE E PAROLE. Sulle orme di Leonard Cohen

Al di là del fatto che questo volume, DONNE E PAROLE. Sulle orme di Leonard Cohen, accoglie poesie mie, penso sia davvero un gran bel regalo da fare e da farsi, soprattutto oggi che la nostra società è sempre più avvezza al cinismo e alla cattiveria.
C’è tutto in DONNE E PAROLE: amore platonico, amore pensato, amore fatto con il corpo ma sempre con l’anima in gola, amore cavalleresco, amore sofferto, amore idealizzato, amore disperato, amore perduto, amore pianto e sofferto, amore come religione, piccole delusioni affettive, sogni d’amore, etc. etc.

Le poesie, scelte fra le migliaia che ho scritto nel corso degli anni (15 o giù di lì), sono state tutte riviste e corrette nel corso di un anno. La cifra poetica non la so, non spetta a me dire: posso però dire qual è stato il mio intento… quello di portare, a lettrici e lettori, della poesia di sostanza, di emozioni non riciclate.

DONNE E PAROLE è dedicato alle donne, a Tutte le donne che, nel corso degli anni, mi hanno seguito leggendomi ed emozionandosi. Ed è dedicato al Sommo Maestro, Leonard Cohen, cui tutto devo. 

Inutile negare che da sempre sono stato influenzato dalla poetica di Leonard Cohen, Francesco Guccini, Pasquale Panella, Franco Battiato, Roberto Vecchioni, Claudio Lolli, Cesare Pavese, Dino Campana, Gabriele D’Annunzio, Guido Gozzano, Federico Garcia Lorca, Hermann Hesse, William Blake, George Gordon Byron, John Keats, Edgar Allan Poe, William B. Yeats, Walt Whitman, Jacques Prévert, Pablo Neruda, etc. etc. Chiunque avrà modo di leggere DONNE E PAROLE, credo non potrà non rendersene conto.
Al di là delle influenze poetiche masticate e digerite, in DONNE E PAROLE è evidente uno stile particolare, uno stile pienamente mio e originale che fa di me un autore lontano da un po’ tutti gli stilemi attualmente in voga.

Giuseppe Iannozzi

Iannozzi Giuseppe

Quarta di copertina – DONNE E PAROLE. Sulle orme di Leonard Cohen nasce dall’esigenza dell’autore, Giuseppe Iannozzi, di portare, per la prima volta, a quanti amano la poesia, una antologia della sua migliore produzione poetica.
L’autore ha quasi sempre rifiutato il titolo di “poeta”, nonostante sia stato detto tale in più di una occasione. DONNE E PAROLE. Sulle orme di Leonard Cohen si prefigge lo scopo di accontentare lettori e lettrici che, nel corso degli anni, gli hanno chiesto di pubblicare un libro di poesie.
In questa antologia, che raccoglie testi scritti nel corso di quindici anni, senza mai dirsi poeta a tutto tondo, l’autore parla della grandezza, della bellezza e della stupidità che sono nell’amore.
Perché mai parlare e scrivere d’amore?
Forse perché, oggi più di ieri, l’amore non esiste se non nel cuore di pochi ingenui ribelli, che non si sono rassegnati all’idea che i sentimenti siano stati sostituiti, in via definitiva, da stravaganti surrogati ad ore, o da velenose inflazioni che dir si voglia.

Giuseppe Iannozzi (detto Beppe), classe 1972, è giornalista, critico letterario, editor e scrittore.

Nel 2012 ha pubblicato Angeli caduti (Cicorivolta Edizioni), nel 2013 L’ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta edizioni) e La lebbra (Il Foglio letterario), mentre nel 2014 La cattiva strada (Cicorivolta edizioni). Nel 2015 ha pubblicato Fiore di passione, una raccolta poetica autoprodotta e disponibile su Lulu.com (http://goo.gl/7fiaLo). Nel 2016 ha tradotto e curato Bukowski, racconta! (Il Foglio letterario). Ha inoltre curato l’editing di parecchi libri di narrativa e di saggistica per svariate case editrici. Attualmente si occupa dell’Ufficio Stampa de Il Foglio letterario (facebook.com/ilfoglioletterario/) e scrive per diverse testate online e la free press.

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DONNE E PAROLE. SULLE ORME DI LEONARD COHENIannozzi GiuseppeIl Foglio letterario – Collana: Autori Poesia Contemporanea – Edizione a tiratura limitata: novembre 2016 – Pagine: 604 – ISBN 9788876066450 – prezzo: 18 Euro

http://www.ilfoglioletterario.it


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DONNE, SCRIVEVO MICA MALE! – ebook – supplemento a “Donne e parole. Sulle orme di Leonard Cohen”

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