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Muramasa Sengo, creatore di spade maledette

Riuscite a ricordare il nome di un antico costruttore di spade? Ben poche persone sono in grado di farlo considerato che ben pochi spadai sono rimasti celebri per le loro creazioni: uno di questi “eletti” è Sengo Muramasa, fondatore dell’omonima scuola di spadai giapponesi e uno dei più abili fabbri della storia delle armi da taglio.

Secondo la tradizione, durante la lavorazione delle sue spade più micidiali Sengo infondeva parte del suo animo malvagio nell’acciaio nelle lame, donando alle armi da lui prodotte una sete di sangue inestinguibile. Scremando tra realtà e fantasia, sappiamo che il clan Muramasa produsse realmente alcune delle lame più affilate mai viste in Giappone: tutte le scuole della provincia di Ise, da cui molto probabilmente Sengo Muramasa apprese i segreti dell’acciaio, erano note per creare armi estremamente taglienti fin dall’inizio del periodo Muromachi (dal XIII al XVI secolo).

La scuola Muramasa inizia la sua produzione qualche generazione prima del 1500, anche se l’arma più antica prodotta dalla scuola e sopravvissuta fino ad oggi risale al 1501; il clan Muramasa continuò a fabbricare spade per circa un secolo prima di acquistare la nomea di fabbricanti di spade maledette.

Alcuni contemporanei di Sengo sostenevano che l’abilità del clan Muramasa derivasse dagli insegnamenti di colui che viene considerato il più grande costruttore di spade della storia giapponese, Okazaki Masamune, ma Muramasa e Masamune vissero in due epoche distanziate da diversi secoli di storia, rendendo del tutto impossibile questa versione della storia.
E’ più probabile, invece, che Muramasa Sengo abbia svolto il ruolo di apprendista in una qualche scuola di artigiani della provincia di Ise, perfezionando per anni la conoscenza dell’acciaio prima di dare origine alla sua famigerata scuola di spadai.

La cattiva reputazione delle lame Muramasa non inizia con la nascita del clan e la comparsa delle prime affilatissime spade, ma ha origine del XVII secolo, quando lo shogun Tokugawa Ieyasu salì al potere nel 1603. Secondo il racconto degli storici del tempo (tutt’altro che attendibili e obiettivi), Ieyasu si era ferito da solo con una wakizashi Muramasa in gioventù e aveva perso alcuni familiari e amici proprio a causa di lame prodotta dal clan.

Lancia yari firmata da Muramasa. Fonte: Japanese Sword Online Museum

Secondo la narrazione di fonti vicine a Tokugawa Ieyasu, nel 1535 Kiyoyasu, nonno di Ieyasu, fu ferito a morte con una lama Muramasa dal suo servitore Abe Masamoto. Matsudaira Hirotada, padre di Ieyasu, subì una sorte simile circa 10 anni dopo quando fu attaccato e ucciso da un suo servitore con un’altra lama Muramasa. Vicenda differente (ma dal risultato pressoché identico) fu quella di Nobuyasu, figlio di Ieyasu costretto al seppuku da Oda Nobunaga nel 1579: la sua testa venne recisa alla fine del rituale con una lama Muramasa.

Visti gli infelici precedenti della sua famiglia con le lame Muramasa, Ieyasu ordinò che tutti i samurai al suo servizio non potessero indossare lame prodotte dal clan di Sengo e la letteratura giapponese dell’epoca rincarò la dose trovando nelle spade maledette un oggetto ideale da popolarizzare. Iniziò a circolare la voce che le Spade Muramasa, una volta estratte, dovessero essere toccate dal sangue prima di essere rinfoderate per non incorrere in una maledizione che avrebbe portato alla follia i possessori di queste armi.

Nel volgere di pochi anni le spade Muramasa acquisirono una tale reputazione che molti possessori di lame “maledette” fecero rimuovere completamente il codolo firmato (nakago) o limare la firma del clan della loro spada, specialmente la moltitudine di samurai che non potevano permettersi l’acquisto di una nuova arma; allo stesso tempo nacque un mercato semi-clandestino di finte lame Muramasa, particolarmente ricercate da tutti gli oppositori dello shogunato Tokugawa.

Ad ingigantire ulteriormente la reputazione delle spade Muramasa contribuì la leggenda che racconta del confronto tra una lama prodotta da Masamune e una spada Muramasa. Come accennato in precedenza, i due fabbri vissero in due epoche distinte, ma vale la pena citare questa storia anche se palesemente inverosimile e cronologicamente inesatta.

Tanto Muramasa custodito al British Museum

In una sfida tra allievo e maestro, Muramasa propone a Masamune di fabbricare la spada più affilata del Giappone. Entrambi lavorano senza sosta per settimane e a lavoro compiuto decidono di mettere alla prova i loro capolavori immergendoli in un corso d’acqua con il filo della lama rivolto contro corrente.

La spada di Muramasa (Juuchi Yosamu – Diecimila Notti di Gelo) tagliò qualunque cosa avesse osato sfidare il suo filo terribilmente tagliente: pesci, foglie, l’aria stessa che soffiava attorno alla parte di lama che emergeva dall’acqua; la spada di Masamune (Yawarakai-Te – Mani Tenere), invece, non tagliò nulla, risultando all’apparenza meno affilata di quella creata da Sengo.

Un monaco che aveva assistito alla scena si avvicinò a Muramasa, intento a vantarsi della qualità della sua lama: “La prima delle spade” iniziò a spiegare il monaco, “è sicuramente una spada sopraffina, ma è assetata di sangue, è una lama malvagia, dato che non discrimina tra chi o cosa tagliare. Potrebbe tagliare farfalle o decapitare, senza alcuna distinzione. La seconda spada è sicuramente la migliore delle due, perché non taglia senza ragione ciò che è innocente“.

Esistono differenti versioni della leggenda, versioni che sicuramente non contribuiscono a creare un quadro realistico sul personaggio di Muramasa Sengo, sulla cui vita si sa pochissimo. Sappiamo tuttavia che le lame del clan Muramasa, oltre ad essere estremamente affilate, mettono in risalto un’abilità decorativa del tutto unica e distintiva. Ad esempio l’hamon, l’effetto visivo che appare sul filo della lama dopo la tempra dell’acciaio, è quasi del tutto speculare sui due lati, un effetto difficile da ottenere dato che occorre saper lavorare con estrema precisione l’argilla che ricopre la lama al momento della tempra.

Katana Muramasa “Myōhō-renge-kyō” del 1513

Nonostante la loro cattiva reputazione alimentata da oltre due secoli di shogunato Tokugawa, le spade Muramasa ricompaiono durante la Restaurazione Meiji alla cintura di alcuni ufficiali governativi giapponesi. Nell’anno 1823 tornano a fare notizia per via di un incidente nel castello di Edo (l’attuale Tokyo):

“Si racconta di un incidente verificatosi al castello di Edo” scrisse il contemporaneo Albert Yamanaka “Si dice che Matsudaira Geki abbia ucciso tre uomini verso i quali nutriva un forte risentimento da lungo tempo, e la spada che usò Geki era una Muramasa. Geki stava lavorando con altre 5 persone alla libreria di Nishimaru, quando si è alzato improvvisamente e ha iniziato a brandire la spada senza dire una parola, momento in cui si presume che sia caduta la testa di Honda Iori. Toda Hikonoshin si è alzato e ha iniziato a scappare, ma Geki lo ha colpito diagonalmente con un colpo attraverso le spalle. Numata Sakyo è stato tagliato lungo la vita, con un secondo colpo sulle spalle. I tre sono stati uccisi con 4 colpi. […] Questo dimostra le capacità di una lama Muramasa nelle mani di un discreto spadaccino”.

Cosa rimane oggi delle spade Muramasa? Molte leggende e poche lame, purtroppo. Una di queste spade, prodotta dalla scuola Muramasa nel corso del XVI° secolo (probabilmente da Sengo stesso), è custodita al Museo Nazionale di Tokyo, ma si tratta di un esemplare più unico che raro: la messa al bando durante lo shogunato Tokugawa contribuì a rallentare enormemente la produzione di spade Muramasa originali, portando il clan sull’orlo dell’estinzione.

The curse of Muramasa



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