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La macchina delirante di Roberto Latini

La Macchina Delirante Di Roberto Latini

La Macchina Delirante di Roberto Latini
Fermata Spettacolo

Trasformismo, uso spinto del microfono, tecnologia che si piega a esigenze stilistiche. In Amleto+Die Fortinbrasmaschine viene sfoderato l’intero arsenale di Roberto Latini, talvolta per scintillare, talvolta per riflettere una luce opaca ripiegata su se stessa. Per l’interprete il palcoscenico è, come sempre, la culla ideale – quando camera di tortura, quando delle meraviglie, quando di gioco. Una Wunderkammer dove la sua voce, splendida e inafferrabile, vive, ama, muore.
L’originale di Heiner Mueller, Hamletmachine (un dramma del 1977 di sole nove pagine), si rifà all’Amleto di Shakespeare. Ma la trama è manovrata per tratteggiare vicende politiche, spaziare dall’ecologia al mondo femminile, alla famiglia come nido di contrasti. In questo senso, il montaggio frenetico e frammentario di Latini coglie in pieno lo spirito del post-modernismo. Pur tradendo momenti di interferenza, come se corpi estranei fossero stati innestati per creare disturbo, ma senza un fine ben preciso. Il cerchio luminoso, che rimanda alla fantascienza e a Blade Runner, che fa la sua apparizione nel corso dell’opera, rimane una visione, a nostro parere, priva di senso. E la scena, lunghissima, di puro atletismo, risulta una nota stonata nel solfeggio – tuttavia scomposto per sua natura.
La fecondazione artificiale tra i brani e i movimenti scenici è invece felice con l’evocazione di Marilyn Monroe quale simbolo tragico, in rima armoniosa con l’Ofelia di Shakespeare. Qui Latini regala l’immagine di un abito bianco, divenuto fantasma ormai, che tenta di intonare Happy Birthday, Mr... senza riuscirci. Mr. come un ipotetico Mr. Butterfly nella prima scena, dove un personaggio vestito come una candida geisha giapponese, libra la voce in un monologo sferzato, dolente, pulviscolare. Ed emerge qui, più che altrove, il dolore grottesco di cui è ricoperto il personaggio di Amleto. Con l’espandersi di un’aurea poetica piena di senso di colpa, incertezza, dubbio, impotenza, grazia.
Una ricerca emotiva che si perde in altre scene, in cui si fa più sfoggio di risorse tecnologiche, che di una sonorità interiore.

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