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Harding e Lewis tra sapori nordici e ritratti elegiaci

Harding e Lewis Tra Sapori Nordici e ritratti elegiaci
Fermata Spettacolo

Un concerto di chiusura dal grande impatto emotivo per la stagione 2021/2022 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone – Sala Santa Cecilia di Roma, diretto da Daniel Harding, dai sapori ora genuini e nordici, ora potentemente eroici ed elegiaci.

In apertura il Concerto in la minore per pianoforte e orchestra op. 16 di Edward Grieg, con Paul Lewis solista. Un poema sinfonico grandioso, “opera di un genio”, come sostenevano coloro che ascoltarono la prima esecuzione del 1869 a Copenaghen, tra cui Anton Rubistein. E Niels W. Gade, il più influente compositore danese dell’epoca. Influenzato in parte dallo stile di Schumann, di cui era grande ammiratore dagli anni di studio a Lipsia, soprattutto per la tonalità in la minore e la struttura, in particolar modo del primo movimento, Edvard Grieg riuscì ad impreziosire l’opera con un linguaggio tutto personale, gravido di un potente folclore nordico, che emerge a piene mani dalla poetica e allo stesso tempo grandiosa direzione di Daniel Harding.

© Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Al centro il virtuosismo di Paul Lewis, in perfetta sintonia con la direzione, a partire dalla cascata di note discendenti dell’incipit, fino al tema di danza “Halling”, tipicamente norvegese, che torna a più riprese all’interno dei tre movimenti, accostato a temi lirici, riflessivi,  talvolta drammatici. Delicatissimo il tocco liquido dell’Adagio, capace di ricreare un’atmosfera misteriosa ed arcana, a tratti diafana, per poi tornare ipnoticamente grandiosa nell’ultimo, ancor più nordico, movimento finale. Rullo di tamburi, accesi accordi orchestrali, scroscio di calorosi applausi.

La seconda parte è completamente assorbita dall’avvincente Ein HeldenlebenUna vita da eroe di Richard Strauss, un’opera autobiografica, brillante e lussureggiante nelle sonorità, diretta magistralmente da Daniel Harding. Ecco allora il tema dell’eroe, presentato nella tonalità di Mi bemolle, non a caso la stessa tonalità della Sinfonia “Eroica” di Beethoven. Il poema sinfonico, suddiviso in sei parti, attraverso una partitura possente e virtuosistica, si snoda nelle pieghe elegiache dell’ego dell’autore, sempre velato di quella sottile ironia che lo lega in modo indissolubile al Don Quixote, allegoria dell’esistenza stessa.

© Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Ed allora davanti a noi prende forma il dipinto dettagliato di un uomo, l’eroe, con i suoi avversari, il campo di battaglia dove ottoni e percussioni la fanno da padroni, ma ancora La compagna dell’Eroe, ovvero l’amata e complessa moglie Pauline, ora capricciosa ora sentimentale, ritratta fedelmente  dall’assolo al violino di Andrea Obiso, che scava tutto l’impeto e la tenerezza della relazione amorosa. Dopo le accese lotte con gli schiamazzanti critici e l’amore tenace con la moglie, Strauss racconta, con una sottile ironia, Le opere di pace dell’Eroe, citando le sue stesse opere, comprese i poemi sinfonici Don Juan, Tod und Verklärung, Till Eulenspiegel e Also Sprach Zarathustra. Infine il commiato, Il ritiro dal mondo e la fine dell’eroe, per un addio serena e idilliaco, un’ascesa luminosa e di sublime poetica. Vivido l’apprezzamento del pubblico con lunghi e ripetuti applausi, ahimè non corrisposti con uno sperato bis.

Harding e Lewis Tra Sapori nordici e ritratti elegiaci
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