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“Anna”, nel mondo di Ammaniti in bilico tra utopia e distopia

“Anna”, nel mondo di Ammaniti in Bilico Tra Utopia e distopia
Fermata Spettacolo

Cinque anni fa, in una domenica afosissima di inizio luglio, in una Napoli già semi-deserta mi trovai, trascinata da un’amica, ad un incontro con due autori molto diversi tra loro ovvero lo scrittore Niccolò Ammaniti e il matematico Piergiorgio Odifreddi. All’epoca se del secondo conoscevo ben poco, del primo non avevo letto assolutamente niente; la chiacchierata tra i due non ebbe su di me grande impatto ma quello che mi colpì fu la riservatezza di Ammaniti, quel suo atteggiamento in bilico tra l’impacciato e il timido che lì per lì confesso, non suscitò in me una curiosità tale da spingermi a leggere i suoi libri.

La cosa fu dimenticata in fretta e di quell’autore con lo sguardo un po’ imbarazzato ho continuato per molto a conoscere molto poco.

Quest’anno, in una domenica altrettanto afosa di inizio luglio, stavolta in una piccola città della Calabria ancora semi-deserta e non invasa dai turisti, mi sono ritrovata a girare tra gli scaffali di una libreria per scegliere un libro da leggere sotto l’ombrellone; mentre sfogliavo volumi alla ricerca di qualcosa che mi ispirasse mi è capitato tra le mani Anna, l’ultimo romanzo di Ammaniti (Einaudi, 2015) e mi è tornato in mente quell’episodio, mi è scappato un sorriso e ho deciso di dargli una chance.

Per descrivere la mia prima reazione posso usare l’aneddoto di quella donna che arrivata illibata al matrimonio, dopo la prima notte di nozze ha chiamato un’amica e le ha detto “Me li rimpiango tutti gli anni che ho aspettato, non sapevo che mi perdevo!”.

Ammaniti ambienta la storia nel 2020, in uno scenario apocalittico in cui tutti gli adulti della Terra sono morti a causa di una misteriosa epidemia chiamata “la Rossa” e gli unici esseri umani rimasti in vita sono i bambini con meno di quattordici anni; due in particolare sono i protagonisti del racconto: Anna, di tredici anni, e suo fratello Astor, di nove anni, il cui obiettivo, oltre a sopravvivere, è quello di lasciare la Sicilia e giungere sulla terraferma dove sperano di trovare aiuti o addirittura qualche adulto rimasto miracolosamente in vita. Nel corso del viaggio si aggiungono a loro altri due personaggi: Pietro, un bambino come loro, alla ricerca di un paio di scarpe da ginnastica che avrebbero il potere di tenerti in vita e scacciare il virus della Rossa e Coccolone, un enorme cane randagio che aggredisce Anna, la quale si difende e a un passo dall’ucciderlo decide di risparmiarlo sancendo l’inizio di un’indissolubile amicizia.

Ammaniti crea dei personaggi che sono degli archetipi, ognuno di loro incarna una virtù che contraddistinguerà ogni sua azione dall’inizio alla fine; Anna è coraggiosa, pronta a tutto pur di salvare il fratellino, dimentica fin da subito di essere una bambina per diventare una donna, non una mamma (personaggio presente costantemente nella storia sotto forma di ricordo) ma una guida, un capo che sa essere duro quando c’è da farsi rispettare; Astor è puro, ingenuo, emotivo, vive guidato da due forze perennemente in bilico: la fiducia sconfinata nella sorella e la voglia di libertà e di scoperta; Pietro è saggio e determinato, è il compagno di cui Anna ha bisogno per andare avanti ed è anche la tenerezza che da tanto non riceve; Coccolone è fedele, in ogni situazione e circostanza, e a lui Ammaniti dedica pagine di profonda commozione.

Con una lingua cruda ma comunque ricca, che si colora sia di turpiloqui che di preziosismi, l’autore disegna un mondo sempre in bilico tra l’utopia e la distopia, alternando squarci di cielo azzurrissimi a brutali tempeste in una natura selvaggia che si sta prepotentemente riappropriando dei suoi spazi e che fa da casa a un branco di bambini che, privati di ogni controllo da parte degli adulti, hanno saputo costruirsi da soli regole e strutture, ricreando inconsapevolmente le gerarchie del passato.

C’è in tutto il romanzo una forza così coinvolgente che scaturisce da una perfetta sinergia tra la forma e il contenuto che il lettore si trova catapultato tra quelle pagine privato della capacità di uscirne prima che venga messo l’ultimo punto.

Ammaniti riesce a racchiudere nel suo libro un’ampissima gamma di sentimenti: dalla compassione alla frustrazione, dalla tenerezza al rancore, dal dolore della perdita alla bellezza della scoperta e lo fa senza appesantire la narrazione ma anzi trovando sempre espedienti nuovi per renderla al contempo intensa ma leggera.

Il mio giudizio è ovviamente più che positivo su questo romanzo e su questo autore che hanno saputo farmi provare nello stesso momento gioia e rammarico per non averlo scoperto prima e avverto che moltissimo del libro in sé è stato lasciato fuori da questa recensione per non togliere al lettore il piacere di scoprire pagina dopo pagina tutto quello che Ammaniti ha da raccontare.

“Anna”, nel mondo di Ammaniti in bilico tra utopia e distopia
Fermata Spettacolo



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