L’alternativa è ineluttabile:
o l’umanità entra in una nuova fase che potremmo definire post-istorica
e rappresenta una mutazione dello stesso essere umano,
o una minoranza della specie ominide farà esplodere il pianeta
provocando un aborto cosmico che viola le viscere della terra
e lo schiudersi della vita».[1]
[1] Citato in G.Vacchelli, L’inconscio è il mondo là fuori. Dieci tesi sul Capitalocene: pratiche di liberazione, p.85/6.
Parlare seriamente di SPERANZA equivale oggi ad essere spesso etichettati, non senza delle valide ragioni, come ingenui o addirittura come folli. “Ma di quale speranza, di quale pace, di quale rivoluzione vorreste parlare?”- chiede giustamente la mentalità comune.
“Vogliamo parlare di speranza? Dopo due anni di pandemia, con una guerra che coinvolge le maggiori potenze della terra?
Vogliamo parlare di speranza con una crisi climatica che nel giro di qualche decennio porterà a desertificazione, disastri idrogeologici, deforestazione e scioglimento dei ghiacciai più importanti della terra?
Vogliamo parlare di speranza a fronte di una situazione economica che vede i 10 miliardari più ricchi del Pianeta possedere 6 volte tanto lo stock economico di ricchezza netta del 40% più povero, in termini patrimoniali, dei cittadini adulti di tutto il mondo, come ci dice l’Oxfam[1]?
Il sociologo Mauro Magatti, in un articolo uscito su Avvenire il giorno 24/5/22, intitolato “Siamo entrati nella Supersocietà. Diventeremo più stupidi o più liberi?” scrive che «superata la fase dell’espansione planetaria, ci troviamo davanti a una biforcazione.
I due principali vettori del cambiamento, sostenibilità e digitalizzazione, ruotano infatti attorno a un’ambivalenza di fondo: ci porteranno verso un mondo distopico, centralizzato e burocratizzato, verso una “stupidità di massa” dove la libertà personale è confinata al puro spazio del divertimento?
Oppure apriranno la via per una società più desiderabile, dove la libertà sarà ancora l’elemento cardine per tenere insieme sviluppo economico e democrazia?»
Qualche anno addietro il grande filosofo e mistico Raimon Panikkar poneva la questione in termini ancora più radicali:
«È arrivato il momento di avere il coraggio, e anche l’umiltà, di interrogarsi sul senso globale dell’avventura dell’uomo sulla terra.
L’alternativa è ineluttabile: o l’umanità entra in una nuova fase che potremmo definire post-istorica e rappresenta una mutazione dello stesso essere umano, o una minoranza della specie ominide farà esplodere il pianeta provocando un aborto cosmico che viola le viscere della terra e lo schiudersi della vita».[2]
Non stiamo vivendo esattamente questo, a livello personale e collettivo? Non sono le nostre stesse vite sempre di più oscillanti fra queste due alternative?
Non siamo noi stessi al contempo il supporto di questo sistema suicidario, come diceva Vaclav Havel, e abitati da un desiderio di trasformazione radicale?
Ecco il livello di profondità in cui si gioca la possibilità o meno di una speranza: una nuova fase che rappresenta una mutazione dello stesso essere umano. La speranza autentica risiede cioè nella nascita di una nuova modalità di essere umani, che in ogni luogo rovesci la tendenza patologica di un sistema tecno-capitalistico totalitario ormai introiettato dagli individui. Ecco che speranza, pace e rivoluzione tornano ad assumere, in questa fase storica, un significato di liberazione per ciascuno di noi.
«Le doglie del parto drammaticissime di questa ardua epoca di passaggio chiedono la nostra partecipazione interiore, umana, spirituale e politica. Dobbiamo rinascere mistico-critico-politici. Per una liberazione integrale[3]».
Non è questo che desideriamo nel più profondo del cuore?
[1]https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2022/01/Report_LA-PANDEMIA-DELLA-DISUGUAGLIANZA_digital2022_definitivo.pdf
[2] Citato in G.Vacchelli, L’inconscio è il mondo là fuori. Dieci tesi sul Capitalocene: pratiche di liberazione, p.85/6.
[3] Ivi, p.112/3.