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UN GRIDO, UN PIANTO …. PER RISORGERE

Come quando ero bambina, ancora oggi, certi eventi che si presentano, (a volte come fulmini a ciel sereno sia personali che storici), travolgono la mia anima che rimane attonita, viene sopraffatta ed io mi sento sconfitta, abbattuta.
Prevalgono i sensi di colpa e le logiche ferree che si muovono nel concetto e nel giudizio. Emergono ricordi del passato, pensieri, ragionamenti si intrecciano senza venirci a capo. “Per quanto tu cammini, e anche percorrendo ogni strada”, dice Eraclito, “non potrai raggiungere i confini dell’anima: tanto è profondo il suo logos.”

Incontrando Darsi Pace è successo però qualcosa di molto importante, ho scoperto che la mia estraneità, la mia sofferenza erano molto simili a quelle di tante altre persone; che quel mio sentirmi diversa, separata, non dipendeva solo da me, dalle mie colpe commesse, ma che è la condizione esistenziale della donna e dell’uomo su questa terra.
Dice James Hillman: “Pathos etimologicamente è proprio ciò che patisco, ciò che mi piove sopra, quello che mi ferisce, quello che mi cade addosso. Le nostre ferite, le nostre sofferenze e disagi, che certamente si esprimono come tali, non sono prima di tutto uno stato deviante o una condizione innaturale (…) Quando allora ci troviamo feriti, proprio in quel preciso momento l’anima sofferente ci domanda dedizione, sollecitudine, tempo e pazienza”.

Da qui è incominciato per me a fiorire qualcosa di nuovo.
Ho compreso che avrei potuto regolare quelle onde emotive così forti, senza perderne la bellezza; ho compreso che era indispensabile una pratica, una disciplina che mi avrebbero aiutato a non disperderne la forza, ma a convogliarla dove io più desideravo…

I. Il lavoro interiore

Così è iniziata una metodica pratica meditativa attraverso la quale faccio esperienza di accogliere e lasciar andare i pensieri che mi attaccano. Nel corso degli anni si sono dispiegati poi gli esercizi del nostro percorso, attraverso i quali ho iniziato ad accogliere, a curare e a modificare le mie convinzioni errate.
Questo per quanto riguarda il lavoro auto-conoscitivo; in altri termini questo per quanto riguarda ciò che è in me, la mia interiorità. Sappiamo però che l’anima oltre a designare sé stessa, indica anche l’anima mundi, ‘ l’anima che dimora nel mondo e lo sospinge nel suo continuo palesarsi’ (don Marcello Brunini – L’anima e la psicologia). Dunque, anche l’anima del mondo mi interpella, soprattutto ora, in questo tempo storico così duro. Un tempo che apparentemente lusinga, ma appena ti avvicini senti l’inganno come di un bel frutto che è però acerbo e una volta in bocca ti lega il palato.

Per una serie di coincidenze un po’ logiche e un po’ illogiche in un attimo può toglierti tutto: la vita affettiva, relazionale, la festa, la comunione fra le persone, i giochi dei bambini, degli adolescenti, dei nonni.
Cosa fare allora? Come muoversi?
Siamo in un tempo di transizione e per viverlo in prima persona non posso che rivoluzionare me stessa, convertirmi in ogni momento, per ogni situazione che arriva. Non si tratta di fare delle buone azioni per Gesù, ma di essere nel suo Spirito per distinguere i modi distorti, difensivi, aggressivi che albergano in me. Questo mi permette di essere anche più comprensiva nei confronti dell’altro che vedo egli stesso pure legato dalle catene dell’ego.
Eppure, al di là di questa consapevolezza che è un grandissimo aiuto nel percorso iniziatico di liberazione interiore, ritorna il momento dell’angoscia quando sento tutta l’impotenza di fronte a quel fatto che non so come affrontare, per quella persona che non so come aiutare, per quell’ingiustizia, per quella rigida chiusura.

II. Il Salto quantico della Fede

Stanca, senza forza mi butto a terra, prostrata e grido al Signore: “Aiutami! “Quel getto di pianto, quel grido è una grazia. Una folgorazione dell’anima che immediatamente si svuota e si sente in pace.
Lentamente ripeto il suo nome: Gesù, la croce, Maria.
In un secondo momento, dopo essermi tranquillizzata, anche i fatti si dipanano, divento consapevole di un’altra realtà all’interno di quella narrazione e mi lascio trasportare dai significati di quegli eventi. “Ecco perché proprio quel luogo, dove tanti anni prima c’è stato quell’importante fatto, ecco perché dovevano andare così le cose..” Rileggo in termini simbolici e il mio cuore si accende di fuoco. Mi sento risorgere. Tutto riprende senso e trova la sua giusta collocazione.

Il simbolo vero e proprio non rimanda tanto a un significato noto, è piuttosto allusivo dice Corbin, filosofo islamico. ‘Il simbolo è cifra e silenzio, dice e non dice, il suo appello è richiamo e profondità. Tra silenzio e cifra c’è circolarità. Nel suo silenzio chiama alla coscienza e al tempo stesso la sospinge a fare del simbolo la cifra, il sentiero, la traccia della propria trasmutazione. Questi sono passaggi dell’io spirituale, non possono avvenire nella mente razionale il cui strumento proprio è il concetto (cum-capio), afferrare che serve per de-terminare per de-finire, ma non per andare aldilà’.
Questo dar senso alla mia storia mi rialza, accende ancor di più in me la gioia di riprendere movimento nella creatività.
Nella nuova coscienza spirituale è lo Spirito di Dio che parla in noi e ci spinge a pro-creare. Dove? Quando?
Ovunque. Certo c’è una direzione che è già stata presa ed ora va avanti quasi di suo, a me non resta che affiancarla.

III. La rivoluzione dello Spirito Nascente

C’è una rivoluzione permanente aperta per la trasformazione della storia, un processo iniziatico dello Spirito di Cristo che inizia con la conversione personale, dal cambiamento interiore. Non era questo che cercavo da sempre? Essere spettatore e co-creatore della realtà, stando in un umilissimo atteggiamento di recezione. Entrare nella dinamica pasquale che crea una nuova coscienza individuale ed una nuova coscienza collettiva unite tra di loro. Curarsi, crescere spiritualmente, riconoscere i pericoli, poi prendere una decisione: nel mistero dello spirito muore l’ego e nasce il principio della volontà che trasforma la vita.
La prospettiva di poter partecipare alla tecnologia dello spirito mi prende sublimemente. Ho sempre oscillato tra lo schieramento da una parte o dall’altra, pur capendo che la distinzione non era così netta, ma non sapevo come esprimerlo. Ora ci viene proposto: un linguaggio creativo che viene dalla nuova coscienza spirituale. Posso finalmente tener uniti i pezzi: non spirituale solo nell’ambito ecclesiale e creatività in quello laico; non solo tecnologia nella città né solo essenzialità nell’eremo, ma ovunque ed entrambe le cose.
Lasciar essere le cose, lasciarle fiorire…tutta un’infanzia, un’adolescenza sofferta nella mancanza di questa modalità, Era quasi tutto un’ossessione, una preoccupazione di cosa fare, di come fare, finché mi convinsi di dover stare ai bordi della società per poter essere libera dalla famiglia e dal lavoro. Avevo fatto ragioneria e mi aspettavano otto ore in ufficio a fare sorrisini a tutti per accrescere la società del profitto.
Ma le cose, seppur più divertenti e creative non erano facili neppure nella cultura ’on the road’ che presentava notevoli rischi ed tante lacune. Non ho mai avuto il manifesto di Che Guevara in camera e non ho mai aderito a movimenti politici sessantottini in senso stretto, eppure mi restava sospeso il desiderio di rivoluzione, ma quale?
Ci fu un incontro importante all’età di trentotto anni, dopo tre anni da una folgorante conversione: don Oreste Benzi che mi invitò a far parte della Comunità Papa Giovanni XXIII che proponeva la Società del Gratuito, un nuovo modo di vivere: la condivisione diretta con gli emarginati, che diventavano così protagonisti della storia insieme a noi e la rimozione delle cause che portano all’emarginazione e alla povertà.
Furono esperienze veramente belle dove però dovetti presto scontrarmi con due grossi limiti: la mancanza della meditazione come trasformazione dello stato dell’ego, con tutto ciò che ne consegue e la verticalità strutturale che andava assumendo la comunità nel suo ampliarsi. I progetti diventavano più importanti dell’accoglienza, della cura di noi stessi membri della comunità e, di non poco conto, ci si legava sempre di più ai dettami della politica territoriale ed ecclesiastica, perdendo in parte, la forza profetica e rivoluzionaria del movimento.
In Darsi Pace imparo che l’agente rivoluzionario è il soggetto della rivoluzione antropologica che travolge il sistema di separazione, che la spiritualità e la politica si integrano, che questa è la nuova fase della storia della salvezza. Il cuore mi batte, ritrovo la passione per la giusta causa del Regno.
Lo vivo come il tempo del mio secondo appello.

IV. Liberazione del mondo

Ritorno allo studio, rivedo la storia.. Quando alla televisione ancora propongono parate militari che cercano di evocare il sentimento patriottico, provo fastidio, disgusto, dietro tutte quelle medaglie imbellettate sul petto rivedo la violenza, il terrore, gli stupri della guerra che avevano paralizzato mia madre, come tante donne, bambini, giovani uomini. Ed oggi, pur dopo aver raggiunto notevoli agevolazioni, conquiste indicibili, si paventa ancora la guerra armata: la Russia potrebbe attaccare l’Ucraina se questa entra nella Nato e cerca di riprendere la Crimea; mentre la guerra psicologica è continua attraverso la comunicazione di massa.

Il neoliberismo si configura in strutture concrete, con interessi precisi che arricchiscono loro e impoveriscono il mondo che rimane intontito, distratto dalla loro pressante propaganda di servizi, oggetti, luoghi allettanti…
Mi sento chiamata alla rivoluzione per il Regno del Giorno che per grazia di Dio non si impone, si propone come Gesù ci ha insegnato. Quando avremo rovesciato la nostra coscienza dall’ego centrato a quello relazionale ci sarà una grande evoluzione planetaria, e forse vi saranno meno bambini che muoiono di fame e malattie, e meno guerre e devastazioni inutili.
È necessario unirci fra amici che già la pensano in un certo modo, anche se con delle sfaccettature diverse e creare dei piccoli territori dove ci siano spazi ed ambiti vivibili nella serenità e nella pace.
Cercare la verità e la giustizia sempre e ovunque è la cosa santa anche se terribilmente faticosa, la sola che mi fa riconoscere le menzogne mie e quelle storico collettive.
Riconoscere le controfigure messianiche, cristiche che propongono l’altruismo e l’omologazione per essere tutti uguali, bravi e buoni e bypassano la cura della famiglia, dell’arte, del vero insegnamento, del diritto, della bellezza, elementi necessari per una vita sia piena.
Sono anziana è vero, compirò fra poco sessantanove anni, ma se pure avessi trent’anni, ciò che mi interesserebbe sarebbe ugualmente proseguire questo progetto. Lo farò se e come Dio vuole, quale compimento della ma vita. Seguiremo i tempi e i modi che Cristo rende possibili ripetendo e credendo nella sua Parola.
Dio è amore, è Lui che ha messo in noi questo desiderio di amarci gli uni gli altri come Lui ci ha amato e…proprio a questo, vorrei poter partecipare!
Ciao Bianca

L’immagine utilizzata dal titolo: “..in Te ho trovato rifugio” è un’opera di Davide Calandrini. Praticante dei gruppi. 
Diverse sue opere sono state realizzate per le brochure di presentazione del percorso dei gruppi Darsi Pace



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