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Tra il grilletto e il foro di una rivoltella

Storie e Notizie N. 1900

Ecco a voi un’ennesima storia plausibile per tentare di raccontare il bizzarro mondo in cui oggi viviamo. Nell’apparenza di una seppur rapida successione di clic sul cellulare ci sentiamo talvolta vicini, perché connessi alla rete. Insieme, giacché concentrati sul medesimo pugno di bit, malgrado per pochi istanti. Eppure, al contempo, siamo altrettanto divisi. E, come nel caso di ciò che si nasconde all’interno dei mirabolanti dispositivi tecnologici da cui siamo oramai posseduti, il cui funzionamento per i più è paragonabile a qualche misteriosa magia, ho la netta impressione che ciò che effettivamente distingua e distanzi le umani genti sia ulteriormente ignoto. Considera per esempio non i confini, neppure le differenze culturali o finanche di carnagione, men che meno la diversità di credo, ma bensì una rivoltella. Già, la nota pistola a tamburo, che magari avrai visto detonare per finta un’infinità di volte in un film. Sparando a salve, come si dice nel gergo. Nondimeno, per quanto ci troviamo al relativo riparo di una pagina web, l’arma di cui ti sto parlando uccide. Eccome se lo fa. Ma prima di ogni altra cosa, essa divide. Divide il pianeta in due emisferi. Dimentica le strumentalizzate identificazioni di natura geografica, come nord e sud, ovvero oriente e occidente. Accantoniamo per un attimo le linee appiccicate sulla superficie della terra dall’alto, con astuzia e interesse, e per qualche secondo vediamo le cose per ciò che sono in tali distinte porzioni di mondo. Una di esse si trova al di qua del grilletto, con milioni di dita consapevoli o meno su di esso ad azionarlo incessantemente, senza però porsi alcuna domanda su cosa accada al di là del micidiale foro vomita morte. Eppure, da quest’ultimo lato della storia il grido di protesta, di dolore e rabbia, si leva tonante. Come quello del giornalista messicano Luis Vallejo, il quale piange la morte dell’amico e collega Israel Vázquez, senza però smettere di impegnarsi nel rendergli giustizia. Vázquez è morto sul lavoro, ovvero la nobile missione di informare anche a costo della vita stessa i propri concittadini su ciò che succede nel mondo, il loro mondo, che è quello di tutti. Ed è in questo che siamo sul serio connessi, altro che balle da social network che si illude di nascondere solitudini con amicizie digitali e insicurezze croniche con like da un giorno. Perché quale unico grado di separazione tra la triste fine di Israel e probabilmente chiunque legga questa mia c’è proprio la rivoltella di cui sopra. Si dà il caso che secondo un'indagine del Cartel Project dal 2000 a oggi quasi tre quarti dei 119 giornalisti assassinati in Messico sono stati uccisi da armi da fuoco la maggior parte delle quali importate. Inoltre, l’organizzazione non governativa Stop US Arms to Mexico ha documentato che le armi fabbricate in Europa e Israele vendute legalmente all'esercito messicano - così come quelle trasportate illegalmente attraverso il confine degli Stati Uniti - sono probabilmente utilizzate per commettere violazioni dei diritti umani ed esecuzioni nelle gang. E che tra il 2006 e il 2018, le aziende europee e israeliane hanno esportato più di 238.000 armi da fuoco in Messico per essere utilizzate dalla polizia statale e locale. A quanto si legge, con accordi commerciali del valore di milioni di euro, più della metà proveniva da due sole società: l’austriaca Glock e l’italiana Beretta. Le relazioni mostrano che le armi europee sono state regolarmente vendute a Stati in cui le forze di sicurezza hanno una storia ben documentata di violazioni dei diritti umani e collusione con gruppi criminali, dove la polizia locale e i soldati sono stati implicati nella sparizione forzata di 43 insegnanti nel 2014. Dice a riguardo Erika Guevara Rosas di Amnesty International: "Nella maggior parte dei casi in cui abbiamo documentato sparizioni forzate, c'è sempre questa collusione tra le autorità statali e la criminalità organizzata, e c'è sempre lo scambio di armi tra queste due entità." La vedi meglio adesso la rivoltella? Riesci a osservare nell’ingrandimento della nostra comune coscienza umana, ancor prima che civile, l’arma che ha assassinato l’uomo che voleva solo essere il messaggero della vera novella, più che buona, per i suoi concittadini? Sono senza occhiali, arrivi a leggere per caso la marca sul calcio o la canna della pistola? Chissà, forse sarà di nazionalità a noi estranea, ovvero straniera, come la stessa azienda viennese, e ciò magari sarà sufficiente a rassicurarci. Oppure, su di essa ci vedrai inciso il nome del celebre marchio di Gardone Val Trompia. Ma, in tutta onestà e dopo quanto raccontato, conta davvero se sia proprio quella l’arma di fabbricazione nostrana? Ciò non cambia di un millimetro la nostra posizione in questo indignante racconto, dove una moltitudine di cittadini più o meno ignari si trova nel lato sicuro di una pistola fumante, che continua ad arricchire gente senza scrupoli, e altri al meglio schivano le pallottole e lottano per un mondo migliore. Ciò nonostante, alla stregua di questi ultimi, malgrado lockdown e zone rosse, a queste latitudini siamo ancora in grado di muoverci e chiamarci fuori da tale disumana roulette dove muoiono sempre gli stessi. Perché la loro morte è nata anche qui, nel nostro paese, accanto a noi. E non possiamo più fingere di trovarci altrove.

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É uscito il mio nuovo libro: A morte i razzisti



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