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La fotografia naturalistica: solitudini ed attesa per scatti emozionanti.

Grazie all’avvento del digitale e al superamento di particolari limitazioni tecniche ed economiche che ne impedivano il diffondersi tra gli amatori, la fotografia naturalistica fa oggi parte di un preciso movimento culturale ecologico che intende riscoprire la bellezza della natura selvaggia attraverso la pratica espressiva dell’immagine.

La Fotografia Naturalistica, celebre per la ricercatezza estetica con la quale i fotografi tentano di catturare i soggetti, ha permesso la (ri)scoperta dell’ambiente selvaggio in un periodo di massimo sviluppo industriale e di consumo delle risorse, capovolgendo in modo irreversibile l’approccio ecologico a flora e fauna. Approccio che sottrae i regni vegetale ed animale dal dominio umano e li trasporta verso un riconoscimento di dignità che, a partire dal secondo dopoguerra, ha condizionato il contatto attivo tra uomo e natura.

Conosci i tuoi soggetti.

Possiamo suddividere la fotografia naturalistica in due orientamenti compositivi ben distinti: l’uno, tipicamente estetico, restituisce il rapporto stabilitosi tra il fotografo e il soggetto ritratto; l’altro, prettamente scientifico, restituisce la massima fedeltà realistica del soggetto, che diviene così strumento di studio per biologi e naturalisti.

Il documentarista che si appresta a scattare fotografie naturalistiche, proprio perché ha scelto uno stile eterogeneo tra bellezza e scientificità, deve scendere a compromessi con l’ambiente che lo ospita, mostrandosi consapevole dei doveri e dei rischi che la sua presenza/lavoro sul campo comporta per le diverse specie catturate. Non a caso, sopratutto ad elevati livelli professionali, i migliori fotografi di natura sono allenati da botanici e zoologi nel (ri)conoscere i loro soggetti. Proprio la professionalità, il contatto attivo con la natura e l’utilizzo di una tecnica raffinata con la reflex permette di raggiungere elevati valori estetici, opere capaci di suscitare una emozioni forti all’ignaro osservatore.

La cattura, le trappole fotografiche e la pazienza.

Se la fortuna ha, non di rado, gran parte del peso nella riuscita di una bella foto, in questo campo è la pazienza a svolgere un ruolo decisivo, anzi vitale. Qualunque sia il soggetto da ritrarre, i migliori fotografi di natura impiegano giorni, settimane o anche mesi per studiarne le abitudini e quindi procedere con lo scatto. Possiamo negargli di avere pazienza?

In questo senso la sfida più difficile della Fotografia naturalistica consiste nel trovare ed avvicinarsi il più possibile ai soggetti: più cose sapremo del loro habitat, delle loro abitudini alimentari e maggiori possibilità di successo avremo. Un modo ideale per aumentare le chance di un incontro ravvicinato è quello di posizionarsi in un punto in cui, si spera, la preda appaia: una pozza d’acqua, nelle prossimità di una tana o di un nido, vicino alla sua fonte di cibo,… Individuare questi luoghi strategici ed installare qui i nostri punti di osservazione permette di creare delle trappole fotografiche quali, prima o poi complice la fiducia e la pazienza nell’attesa, apparirà il soggetto che ricerchiamo.

La caccia fotografica è allora un raro esempio di equilibrio in cui la tecnica deve necessariamente piegarsi ed adattarsi alle condizioni imposte dalla natura. È a tal proposito emblematico che la stessa posizione eretta umana è la meno adatta a fare fotografie naturalistiche. Quando stabiliamo un contatto con un animale, perciò, non dobbiamo rimanere in piedi, ma sederci, accucciarci, sdraiarci e metterci allo stesso livello dell’animale. Gli animali distinguono l’uomo a vista e sono facilmente spaventati dalla sagoma e dai suoi movimenti caratteristici. Per il fotografo è quindi essenziale assumere posizioni che ne confondano e ne contraddicano la tipicità, non intimorendo i soggetti, ma anzi spingendoli ad essere curiosi strappando, quindi, quei pochi preziosi secondi che ci vogliono per inquadrare e scattare.

Prepara le inquadrature

Dopo aver preparato il rifugio – per molti l’esperienza più difficilmente accettabile, iniziando a fotografare animali, sarà quella di dover andare e restare soli – l’autore deve assumere le posizioni basse poc’anzi elencate in modo da mimetizzarsi nel paesaggio e mantenere in una eccellente stabilità il complesso obiettivo/fotocamera. La fretta è, come in altri campi, cattiva consigliera. I movimenti bruschi spaventano gli animali, per questo è necessario limitare il più possibile gli spostamenti ed immergersi nel più assoluto silenzio.

Poiché gli animali selvatici tendono a fuggire l’uomo, o comunque a tenersene lontani, senza i teleobiettivi le possibilità di ripresa sarebbero quasi nulle. In caso di un appostamento è bene che il corredo sia limitato al minimo indispensabile, preferendo ad un stativo fisso un più pratico monopiede.

La scelta dell’obiettivo, in termini estetici, non concerne solo l’avvicinamento che è possibile fare, ma suggerisce il rapporto che intendiamo stabilire tra l’animale e l’ambiente circostante. Restituendo un ristretto angolo di campo del totale, le focali lunghe confinano il soggetto in una precisa porzione di ambiente, rendendo semplice la lettura di un osservatore. Osservatore che sarà invece criticamente solleticato nella ricerca del soggetto dalle fotografie scattate con un grandangolo, ideale per i paesaggi, ma da sconsigliare per la fotografia naturalistica.

L’inquadratura da prediligere è quella orizzontale, in quanto la posizione verticale rende quanto mai scomoda la posizione del braccio negli appostamenti, favorendo gli effetti di mosso. La perfetta messa a fuoco è da preferire alla profondità di campo, in quanto non sempre è possibile sottoesporre l’immagine con l’illuminazione ambientale.

Le luci

La luce del sole ha il monopolio assoluto sull’illuminazione dell’ambiente. Ha il potere di creare, modificare e contrastare le forme ed i colori, imponendo la sua decisione su cosa si può o no fotografare. Il fotografo naturalista deve prestare continuamente attenzione a questo decisivo elemento variabile, senza però rinunciare a scattare quando la preda si trova alla giusta distanza. L’assenza totale di ombre, quale può determinarsi a mezzogiorno in piena estate, appiattisce l’immagine rendendola poco incisiva, ma d’altra parte le ombre lunghe e nette ne accentuano il contrasto fino al punto di diminuire la leggibilità della scena.

Fuorché di notte, il flash non è un accessorio essenziale per il fotografo naturalista, anche se è innegabile la sua utilità per lavorare in condizioni di luce insufficienti. Di notte, è qui giusto ricordarlo, abbondano le prede fotografiche e in queste circostanze il lampo può determinare degli scatti altrimenti impossibili.

La fotografia naturalistica oggi

A differenza del ritratto o dell’applicazione in architettura, nella fotografia naturalista non importa il numero di volte con cui un soggetto è stato ripreso. Ogni immagine può essere occasione per vederlo sotto un’ottica alternativa e personalissima che da nuova interpretazione al suo aspetto strutturale e comportamentale. Il fotografo naturalista trattiene il respiro al momento di ogni scatto, vuole evitare il mosso e sentire solo il rumore dell’otturatore nel silenzio della natura, assaporare l’attimo della creazione dell’immagine e prepararsi immediatamente per farne un’altra.



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