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Grandangolo: il vero grande occhio della fotografia…

Con il termine grandangolo indichiamo un qualsiasi obiettivo la cui lunghezza focale è notevolmente inferiore alla diagonale del formato con cui viene utilizzato, quindi pellicola per l’analogico e sensore per il digitale, fornendo un preciso angolo di visuale tra i 50 e 100 gradi. Oggetto di questo articolo è quindi il grandangolo, ma riteniamo giusto, prima di immergerci nella trattazione, riformulare un originale percorso storico tecnico che ha portato alla nascita di questa straordinaria ottica.

La storia del grandangolo

Nel 1828, di ritorno da deludente viaggio di lavoro in Inghilterra, Joseph Niépce, futuro padrino della fotografia, si fermò a Parigi per ordinare due obiettivi al celebre ottico Charles Chevalier. Il primo era stato progettato da Thomas Whollaston appositamente per la sua camera oscura, che chiamava periscopio, aveva una sola lente e andava montato con il lato concavo dietro un diaframma rivolto verso il Soggetto da ritrarre. Il secondo obiettivo costruito e progettato da Chevalier era invece un tripletto acromatico, cioè una lente combinata composta da due lenti convergenti all’esterno e una divergente all’interno. Purtroppo per noi non possiamo oggi calcolarne l’efficacia perché non conosciamo gli indici di rifrazione dei vetri usati né i raggi esatti degli elementi, ma sappiamo da delle note dettagliate che l’ottica aveva una lunghezza focale pari a 300 mm e un diametro di 7,5 cm con apertura focale pari a f/4. A detta dei tecnici possiamo pensare che l’immagine prodotta avrebbe rivelato una notevole curvatura di campo, aberrazione che non si poteva correggere con un diaframma perché le superfici esterne erano entrambe convesse, rendendo l’obiettivo più adatto ad una visione telescopica che non per scopi fotografici. Un buon compromesso fu raggiunto, dopo arditi e dispendiosi esperimenti, nel 1832 dalla società Daguerre-Niépce, che arrivò a progettare un obiettivo acromatico cementato a due elementi, la cui nitidezza superava di gran lunga le ottiche precedentemente utilizzata ed aprendo la strada alla moderna industria fotografica.

Un moderno obiettivo fotografico, come già abbiamo avuto modo di affrontare in diverse occasioni, è articolato in lenti singole o combinate in gruppi. Ad ogni modo le lenti sono di due tipi: le convergenti, le cui peculiarità sono quelle di avere maggiore spessore al centro e quindi di veicolare la luce nel suo baricentro; e le divergenti il cui spessore lungo la circonferenza fa divergere i raggi luminosi incidenti. Combinando le due tipologie di lenti, l’ottico riesce a calcolare l’automatica correzione della maggior parte delle aberrazioni, sebbene i due elementi insieme formino ancora una lente convergente. La correzione delle aberrazioni ottiche fa lievitare il costo, le dimensioni e il peso dell’obiettivo, ma sono soldi che il fotografo professionista alla ricerca della giusta nitidezza spende molto volentieri…

La possibilità di eliminare la distorsione mediante la disposizione simmetrica degli elementi dell’obiettivo intorno al diaframma fu scoperta negli anni ’60 del XIX secolo, ma i primi grandangoli producevano una marcata caduta di luce ai bordi. Per risolvere il problema furono inseriti degli elementi negativi nella parte anteriore e posteriore del soggetto che permettevano ai raggi periferici di attraversare quasi perpendicolarmente il diaframma, come  Alexander Slussarev ha ampiamente documentato nei suoi studi.

La logica industriale attuale pensa che non ci siano limiti all’area sulla quale un obiettivo può proiettare un’immagine nitida ed esente da fenomeni di distorsione, a patto che però ogni ottica sia fin dalla sua progettazione calcolato in relazione ad un determinato formato da ripresa. Anche se può essere un buon esperimento casalingo, non ci si può aspettare che un obiettivo normale da 50 mm, calcolato per l’impiego su una full frame, possa fungere da grandangolo su una fotocamera digitale dal sensore di ridotte dimensioni.

L’uso del grandangolo

Se la fotografia è il pennello della natura, i grandangoli con il loro incremento dell’angolo di campo sono i principali artefici dei paesaggi di buona qualità, in quanto consentono al fotografo di comprendere una vasta porzione di realtà direttamente in un’immagine. L’elevato potere di copertura e la possibilità di poter riprendere un’ampia visuale di un soggetto di grandi dimensioni vicino alla fotocamera, consolida l’effettiva utilità del grandangolo rendendolo di utile sia nelle fotografie per interni che esterni.

La notevole profondità di campo che si estende oltre i limiti consueti, a parità di diaframma con un 50 mm o un teleobiettivo, permette al fotografo di giocare su una vasta gamma di meravigliose opportunità di impiego. Ad esempio l’illusione della profondità risulta particolarmente marcata quando il soggetto presenta una ben definita struttura lineare, il professionista sa che la scelta del punto di ripresa può alimentare o indebolire questo effetto: se la posizione è decentrata verso il basso si avrà un aumento della sensazione di profondità, decremento se invece si offre all’osservatore dei punti di riferimento stabili come il cielo.

Secondo la nostra opinione il fotografo, montando un obiettivo grandangolare sulla sua reflex, ha tutta da guadagnare, meno che fare un ritratto al proprio partner… Questa distanza focale rende infatti complicato ottenere una riproduzione valida ed oggettiva dei contorni di un viso, ma consente di creare immagini caricaturali. Giocando sulla variazione del punto di ripresa il fotografo modifica sensibilmente le proporzioni dimensionali tra il soggetto e lo sfondo, creando delle distorsioni prospettiche, vere e proprie battute ironiche nel magico linguaggio della fotografia.

La distorsione prospettiche è spinta verso il piano della caricatura quando gli elementi più caratterizzanti del soggetto sono avvicinati alla periferia del fotogramma, prospettiva ulteriormente esagerata dalla uniformità dello sfondo, che crea delle innaturali manipolazioni soggettive che modificano sensibilmente le proporzioni dimensionali. Anche se il grandangolo è l’unico a produrre a tutta figura il soggetto scelto quando la distanza di ripresa è molto ridotta, non è il più indicato nei ritratti perché svela un innaturale rapporto tra i dettagli e il capo che potrebbe mettere in ridicolo il soggetto.

Obiettivi fisheye

Da anni sono stati introdotti sul mercato anche i fisheye, ottiche che alterano enormemente la prospettiva e generano una distorsione a barilotto particolarmente accentuata: quelli di nuova concezione forniscono una copertura anche di 120 gradi senza alcuna caduta di luce, ma non hanno le innumerevoli possibilità di utilizzo del grandangolo. Tutto sommato il vero, grande occhio di cui la fotografia può avvalersi…



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