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Il mio rapporto conflittuale con i social network

No, questo non sono io.

Il testo introduttivo a “Reputation”, l’ultimo album di Taylor Swift, recita: “This is the first generation that will be able to look back on their entire life story documented in pictures on the internet, and together we will all discover the after-effects of that.”  

È vero, i social network, oltre a raccogliere i nostri dati personali da vendere a Cambridge Analytica e agli hacker russi, collezionano anche tanti momenti della nostra vita, tante foto, tanti ricordi.

Già da qualche mese, anzi da qualche anno, da molto prima che premessi play per ascoltare “…Ready for it?” insomma, anche io sto riflettendo sull’utilità di documentare la Mia Vita sui social. In particolare mi sto chiedendo se sia opportuno che una persona, che io possa più o meno conoscere, possa avere a disposizione un racconto esaustivo della mia vita con un semplice click. Mi spiego meglio.

Qualche giorno fa ho ricevuto la richiesta di amicizia su Facebook da parte di un mio collega universitario.

Io non voglio Essere asociale, non voglio essere irraggiungibile, non mi dà fastidio essere scocciato o contattato. Però c’è una cosa che non mi scende giù: perché una persona che conosco da poco, come può essere il caso di un collega universitario, deve sapere con chi sono andato in gita in terza liceo? Perché un semisconosciuto dovrebbe sapere dove sono andato in vacanza studio, da cosa mi sono travestito per Halloween o dove e con chi ho festeggiato il mio compleanno? Perché dare ad un estraneo la possibilità di ricostruire così facilmente la mia vita?

Anni fa non mi dava fastidio pubblicare foto di ciò che facevo. Ora però gli anni sono passati, ci sono delle persone che sono uscite e altre che sono entrate Nella Mia Vita, e non mi va di condividere con tutti i fatti miei, detto nel modo più schietto possibile. L’idea che una persona che è entrata da poco nella mia vita possa accedere così facilmente a ricordi ed emozioni vissuti anni fa e che custodisco nel mio cuore mi fa sentire a disagio, anzi, mi fa quasi paura.

Lo stesso accade per i miei blog: ultimamente sto pensando se non sia il caso di oscurare tutto, se non sia meglio nascondere queste pagine che scrivo e aggiorno ormai da anni, se non sia opportuno occultare i miei pensieri di qualche anno fa che nel frattempo possono essere cambiati o che possono essere addirittura male interpretati. Perché mi rendo conto che alcune cose che ho scritto anni fa, nonostante siano pervase da un’ispirazione passionale dettata dal mio superato spirito adolescenziale, mostrino oggi tutti i loro limiti. E so anche che io, fra dieci, venti o cinquanta anni, potrò rileggere queste pagine e pensare “Oh, com’ero giovane e ingenuo!”, ma non so se in futuro un’altra persona sarà altrettanto clemente nel suo giudizio nei miei confronti o se invece penserà che la persona che ha scritto queste cose dieci, venti o cinquanta anni prima sia rimasta sempre la stessa e non sia cambiata e maturata.

L’unica soluzione quale sarebbe: pubblicare una cosa su internet e poi ricordarsi di cancellarla una settimana dopo? No grazie, non sono così maniacale.

Per fortuna per potersi esprimere e raggiungere altre persone ci sono altri modi oltre a queste vetrine pubbliche in cui esporre le proprie esperienze vita natural durante.

L’ho sempre detto: a me piaceva Snapchat, piace ancora e sarei il primo favorevole ad un ritorno all’uso massiccio dell’app del fantasmino giallo. Ma, visto che non voglio essere irraggiungibile come ho detto prima, sono passato ad Instagram Stories e la nostra relazione va abbastanza bene. Mi piacciono queste storie temporanee, mi piace il fatto che si cancellino dopo 24 ore: io sento il bisogno di dire qualcosa, di condividere qualcosa, ma non per questo voglio che quello che dico e penso rimanga in giro per sempre in qualche angolo recondito del web. Oggi va così, fra 24 ore sarà tutto cambiato, domani è un altro giorno. Oggi sono così, ma ciò che sono oggi non mi definisce per sempre.

(Intermezzo: ovviamente queste sono solo mie riflessioni, non voglio invitare nessuno a cambiare il modo in cui utilizza Internet e i social network, ognuno è libero di esprimersi come preferisce.)

Queste mie riflessioni hanno fatto cambiare non solo il modo in cui uso “attivamente” i social network, ma anche il modo con cui “consumo” le informazioni che mi vengono proposte dai miei contatti, dai miei amici. Non mi interessa più scorrere tra i vari post e le varie foto dei social tanto per farmi i fatti degli altri: negli ultimi anni ho sentito così tante volte le frasi “L’ho visto su Facebook”, “Non hai visto su Facebook?” e “L’ho messo su Facebook” che ho avuto bisogno di una disintossicazione. Io, che sono sempre stato un tipo pettegolo e che adoro ancora oggi farmi una chiacchierata di due ore per essere aggiornato sugli ultimi gossip, non ho più il minimo interesse a restarmene appollaiato sulla mia finestra virtuale ad aspettare che qualcuno mi faccia sapere i fatti suoi. Cerco invece qualcuno che mi racconti qualcosa, qualcuno con cui scambiare delle idee, qualcuno che mi dia qualche spunto di riflessione, qualcuno che mi faccia divertire, qualcuno che abbia uno spiccato senso estetico (“Seguo quella persona su Instagram perché mette belle foto di posti e paesaggi”).

Vorrei dire un’ultima cosa: come dice sempre santa Taylor da Reading, PA, “le persone hanno infiniti modi per dirti come devi essere, come ti devi comportare, cosa è figo e accettabile e cosa non lo è.” Ovviamente anche io, come tutti d’altronde, ho incontrato nella mia vita persone che mi guardavano schifati quando avevo i capelli lunghi o chi mi diceva “Ma ti sembra normale che uno della tua età mette queste cose su Facebook? Tu devi mettere le foto di quando esci con gli amici”. Fortunatamente me ne sono quasi sempre infischiato dei pareri delle persone e ora la mia reputazione è alle ortiche, quindi non devo preoccuparmi di conservarla, posso solo peggiorarla come e quanto voglio. Non mi interessa essere bello, non mi interessa essere vincente, non mi interessa essere sensibile, o vulnerabile, o migliore degli altri o peggiore degli altri. L’unica cosa che mi interessa è non essere mai banale, non raccontare mie piccole stupidaggini quotidiane senza senso, ma comunicare qualcosa che sia divertente o interessante anche per gli altri così come lo è per me.

Ho concluso, Vostro Onore!

Un bacio a tutti.



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