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Una poltrona per tutti...tranne che per le donne

La seconda giunta Geronimo parte all'insegna delle spartizioni fatte col bilancino e con la clamorosa esclusione delle donne che per Statuto dovrebbero essere rappresentate. Se il buongiorno si vede dal mattino...

In genere, il varo di una nuova amministrazione è caratterizzato dalla cosiddetta luna di miele, e dagli auguri di prammatica. Nel caso della seconda giunta Geronimo, insediatasi lunedì scorso, della luna di miele non c'è traccia e gli auguri, di cuore, andrebbero fatti ai torittesi che dovranno essere governati da una compagine tanto eterogenea ed evanescente.
Che la formazione della giunta per la maggioranza uscita dalle urne il 6 e 7 giugno non sarebbe stata cosa semplice lo si è sempre saputo. Il cartello elettorale di Alleanza per Toritto comprendeva cinque sigle (Partito democratico, Sinistra, Italia dei valori, Unione di centro, transfughi di Alleanza Nazionale) a cui vanno aggiunti alcuni indipendenti con un forte “potere contrattuale” per via dei consensi ricevuti. Se si tengono presenti poi le aspirazioni e le aspettative, legittime o meno, dei singoli eletti il quadro si complica ulteriormente.
Per risolvere questo rompicapo si è utilizzato fino all'ultimo istante utile, (secondo la norma il Consiglio comunale deve essere convocato entro dieci giorni dalla proclamazione degli eletti e tenersi entro dieci giorni dalla convocazione. Nel nostro caso, la proclamazione è avvenuta il 9 giugno, la convocazione recava la data del 19 e il Consiglio si è tenuto il 29) segno che la “quadratura del cerchio” si è presenta sino all’ultimo assai complicata.
Quello che è derivato dal lungo e complesso lavoro di spartizione è degno del peggiore manuale Cencelli. Innanzitutto balza subito agli occhi la creazione di quante più deleghe e deleghine possibili, la “spacchettatura” di competenze che fino alla scorsa consiliatura erano attribuite ad un unico assessore, in modo tale da appagare le pretese di tutti o almeno di provarci. Si spiega così, dopo la prodigiosa scissione dell'Ufficio tecnico in settore pubblico e settore privato, la divisione dell'unico assessorato sin qui preposto ai due uffici tecnici, in un assessorato all'edilizia pubblica (stranamente accoppiato a quello finalizzato alla promozione turistica) affidato a Francesco Gagliardi (Sinistra), e in un assessorato all'edilizia privata (accompagnato all’urbanistica che meglio si sarebbe coniugato con l’edilizia pubblica) assegnato a Sergio Borgia che i maligni considerano il prestanome di colui che sarà assessore di fatto, cioè Pesce, transfuga di An anche lui e più competente in materia. Altra indecifrabile innovazione è l'assessorato alla sanità, materia da anni sottratta alla competenza dei Comuni, affidato al medico Fasano che, nonostante continui a predicare l'incompatibilità tra la professione e l'attività politica, si è assicurato il posto (e l’indennità) di vicesindaco. Al bilancio è stato preposto un altro indipendente, Cirillo, al quale è stata affidata anche la competenza alle attività produttive orfane inconsolabili della preziosa opera prestata in questi anni da Giorgio. La delega ai vigili urbani è andata per omogeneità professionale al militare Filippo Geronimo, in quota Idv, al quale è anche affidata la competenza in materia di igiene Pubblica inspiegabilmente scissa dalla sanità. Granitico Fabrizio Mongelli (Pd) che viene riconfermato a quell'assessorato che nominalmente è quello delle politiche sociali ma che potremmo agevolmente ribattezzare assessorato alle attività varie ed eventuali, prima tra tutte il celeberrimo carnevale.
Sin qui la giunta. Poi Geronimo ha “distribuito” le deleghe ai semplici consiglieri. Una totale disattenzione alle annose problematiche legate all'agricoltura gli ha forse suggerito l'affidamento della delega relativa all'ingegnere Pesce? Alcuni si spiegano questa decisione con il fatto che Pesce avrebbe come obiettivo ultimo la trasformazione di tutti i terreni agricoli in suoli edificabili. Altri con la politica “dell’uomo giusto al posto ingiusto”.
A quello che resta dell'ex vicesindaco Giorgio, dopo la clamorosa e non inattesa trombatura alle elezioni provinciali e la retrocessione nelle preferenze comunali, è andata la delega ai rapporti con gli enti. Non è chiaro se tra questi enti siano compresi anche tribunali, procure e corti d'appello.
Del tutto decorative, infine, le due donne, arrivate ultime e da ultime (mal)trattate. A Caterina Castoro è stata assegnata la declassata Istruzione e le politiche giovanili, a Maria Antonietta Tarullo, le solite pari opportunità.
Entrambe le due donne consigliere facenti parte della maggioranza sono state escluse dalla Giunta. Quella dell'inclusione delle donne nella giunta non è soltanto una questione di sensibilità politica o di mera civiltà ma è anche una questione di rispetto delle regole.
Lo Statuto comunale vigente, all'articolo 17 prevede che “Al fine di assicurare la pari opportunità, nella composizione della Giunta nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a tre quarti, non computando anche il sindaco nel calcolo dei tre quarti.” Essendo sei gli assessori, e poiché i tre quarti di sei è 4,5, va da sé che uno dei due sessi non può avere rappresentanza maggiore di quattro e all’altro sesso vanno gli altri due assessori. E non va ignorato che la norma statutaria trova fondamento nell'art. 6 del decreto legislativo 267 del 2000 che afferma "gli statuti stabiliscono norma per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10.4.1991 n.125 e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del Comune."
Nonostante ciò, nonostante la chiarezza e la perentorietà del disposto statutario, Geronimo lo ha violato, appigliandosi alla ridicola giustificazione che le due donne si sarebbero dichiarate indisponibili all’incarico assessorile. E’ una bugia tipica di Geronimo, sia perché le due interessate non sono sembrate molto d’accordo, sia perché Geronimo ha disinvoltamente sorvolato sul fatto che sempre secondo lo Statuto gli assessori, nominati dal sindaco, possono essere scelti sia tra i consiglieri comunali, sia tra i cittadini purché in possesso dei requisiti per essere eletti consiglieri comunali. Cioè Geronimo poteva scegliere le componenti femminili della giunta, ove fosse vero che le due consigliere Castoro e Tarullo davvero fossero indisponibili, tra almeno tremila donne iscritte nelle liste elettorali, molte delle quali, tra l’altro, hanno votato per la sua lista e per lui. E’ quindi evidente che Geronimo ha escluso le due donne elette dalla giunta solo per salvaguardare logiche di spartizione e per questa ragione ha scavalcato con il disprezzo che gli è usuale la sensibilità politica, la mera civiltà e da ultimo le regole.
E' buffo che proprio chi, come Geronimo, si è presentato come il nuovo che avanza, abbia assunto come suoi primi provvedimenti la nomina di una giunta figlia della più estrema spartizione del potere e l'estromissione delle donne dai posti che contano. Estromissione che, è stato ricordato a Geronimo, è stata pesantemente sanzionata dal Tar e dal Consiglio di Stato nel caso della giunta maschilista del Comune di Molfetta il cui sindaco, il senatore Azzolini, alla fine ha dovuto “aprire” la sua giunta alla rappresentanza femminile.
Insomma la multicolore coalizione che ha portato per la seconda volta Geronimo sulla poltrona di sindaco mostra tutti i suoi limiti già dalla sua primissima prova, confermando ancora una volta, laddove ce ne fosse bisogno, di essere un caravanserraglio ideato per far perdere qualcuno non già per governare. Se a questo si aggiungono linee programmatiche totalmente evanescenti, i presagi sono tutt'altro che buoni.


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