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Politica e Costituzione

Il referendum costituzionale ha avuto il risultato noto a tutti e, quale conseguenza Politica, il Governo Renzi si è dimesso. Ora l'Italia si ritrova di fronte ad una pluralità di soluzioni alla crisi di governo, per le quali sono in corso le consultazioni da parte del Presidente della Repubblica. In questi giorni, ho letto ed udito critiche verso la possibilità che non vengano indette elezioni anticipate, provenienti soprattutto da forze politiche d'opposizione e da alcuni operatori mediatici. Purtroppo, ancora una volta, sembra che la politica voglia trascurare quel testo costituzionale che parte della stessa ha difeso apertamente durante la campagna a sostegno del NO. Di fronte alla possibile formazione di un nuovo Governo, le opposizioni hanno lamentato il fatto che si tratterebbe di un altro esecutivo non eletto dai cittadini. Eppure, è noto che ai sensi dell'art. 94 I° co. della Costituzione, il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Perciò, tenendo conto delle norme costituzionali e della loro applicazione nel corso della storia repubblicana, è bene rammentare che nessun Governo italiano e nessun Presidente del Consiglio dei Ministri siano mai stati eletti dal popolo. La suddetta norma, inoltre, dev'essere considerata unitamente all'art. 88 I° co. della Costituzione, secondo cui il Presidente della Repubblica può sciogliere le Camere o anche solo una di esse. Ne consegue che una crisi di governo non debba, se non per esclusiva valutazione politica, comportare elezioni anticipate. Correttamente, quindi, ogni Presidente della Repubblica ha sempre dato corso alle consultazioni per verificare la sussistenza di una maggioranza parlamentare idonea a conferire la fiducia ad un nuovo Governo. Ai fini della formazione della maggioranza, inoltre, non è previsto che debba farsi riferimento all'esito delle elezioni politiche. Di conseguenza, chi invoca le urne quale conseguenza delle dimissioni di Renzi, si limita a formulare un auspicio basato su valutazioni politiche che esulano dalla prassi e dagli obblighi costituzionali. Per le medesime ragioni, nessuno dovrebbe meravigliarsi qualora l'incarico di formare un nuovo Esecutivo venisse conferito ad una personalità estranea ai partiti o ad un esponente di una forza politica secondaria. Non vi sarebbe alcunché da obiettare, inoltre, qualora si costituisse un cosiddetto Governo tecnico. L'unico requisito per formare un Esecutivo, infatti, rimane la possibilità di godere della fiducia del Parlamento, indipendentemente dalla composizione della maggioranza e dai nominativi dei membri del Consiglio dei Ministri. Si tratta di circostanze che caratterizzano una repubblica parlamentare, in cui le Camere rappresentano il centro del sistema politico. Tale forma costituzionale può non piacere ma, di certo, non poteva essere efficacemente sostituita dal progetto respinto di recente, in sede referendaria. E' possibile che il Parlamento elabori nuove proposte di riforma costituzionale ma, fino alla loro entrata in vigore, la procedura di gestione delle crisi di governo sarà sempre la medesima, così com'è accaduto dal 1948 in poi. Chi trascura la realtà costituzionale del Paese, senza peraltro proporre apprezzabili ipotesi di riforma, non fa altro che alimentare polemiche poco utili per il prossimo futuro. 


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